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“Nord meglio della Germania”. E allora ridateci le nostre tasse

pddi ROBERTO BERNARDELLI– Passa il tempo ma le questioni aperte restano sul tavolo. Nell’autunno 2015 in una memorabile visita, il  presidente Mattarella indicò Milano come motore dello sviluppo. Poi è toccato al premier Renzi ad affermare, da Bologna, il 27 ottobre: “L’Italia si è rimessa in moto dopo un po’ di difficoltà”, ma “c’è un’Italia a Nord che va meglio della Germania: quella zona è la regione numero uno come capacità di crescita”. Infine Raffaele Cantone, commissario nazionale anticorruzione, affermava il 28 ottobre che Milano è capitale morale e che Roma non ha gli anticorpi. Gli ha mai avuti?

Figuriamoci se un milanese o un lombardo non sono d’accordo. Il problema è che un conto è parlar bene, un altro ancora è dimostrare nei fatti  che il Nord non è la solita vacca da mungere. L’ultimo documento del pd lombardo per avviare un processo di mediazione con Roma per ottenere il riconoscimento di maggiori diritti (ci rendiamo conto, nel 2015, dove chiedere il riconoscimento dei diritti in Lombardia?!), ovvero di una equa tassazione, a fronte di un residuo fiscale miliardario, dice quello  che autonomisti, indipendentisti, federalisti del Nord reclamano da sempre.

Ben 54 miliardi. Bene. C’è dunque una questione settentrionale che va oltre, e lo dico senza preoccuparmi dei fischi, dell’emergenza immigrazione.

Allora rileggiamo le parole di Mattarella, pubblicate sul Sole 24 Ore il 25 ottobre del 2015.

“Il territorio milanese – e con esso l’intera Lombardia – non è stato solo il teatro di questo evento di portata globale. Ne è stato la locomotiva. Ha esercitato un ruolo propulsivo con la sua capacità di progettare, coinvolgere, di allargare, di unire. Una leadership vera che non si è affermata nell’isolamento ma nella coesione. Una coesione che matura tenendo insieme qualità antiche e innovazioni efficaci. Milano ha dato una lezione significativa all’esordio di Expo quando la città ha reagito alle devastazioni di gruppi di violenti che volevano annegare tutto nel loro nichilismo. La risposta civica dei milanesi è stata straordinaria: una prova di responsabilità, un segno di maturità e di unità, un desiderio di futuro migliore che ha suscitato ammirazione in tutto il Paese. In quarantotto ore i muri sono stati puliti, le ferite sanate e la bellezza ha vinto sulla violenza. Sono comportamenti che confermano valori civici e generano cultura”.

Poi però non accade nulla. Anzi. E così, parafrasando il capo dello Stato, “La speranza di Milano, capitale europea e motore dell’Italia”, che era il titolo al suo editoriale, noi lombardi pensiamo che la speranza, liberatoria, di Milano, da più di un secolo capitale europea, sia essere motore di se stessa, dopo aver dato il sangue all’Italia. Essere libera di autodeterminarsi in Europa, come la Catalogna che ha avviato un lungo processo di indipendenza da Madrid.

Il solo problema, tuttavia, è e resta non tanto la popolazione che, davanti alla possibilità di somigliare più alla Svizzera che al Lazio, non avrebbe dubbi, quanto piuttosto la sua classe politica. I politici del Nord, che non hanno deciso ancora cosa fare da grandi: lombardi in trasferta a Roma, lombardi in trasferta al Pirellone, lombardi al servizio dei lombardi.

 

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