di ROMANO BRACALINI
Non enumeriamo le difficoltà, non facciamo troppi distinguo, i paragoni sono sempre impropri: la Catalogna, la Scozia, la Corsica sono comunità più omogenee del Nord Italia? Lo sappiamo. Però nemmeno la Scozia, nemmeno la Catalogna, nemmeno la Corsica sono riuscite finora a rendersi indipendenti. Dice Saint-Just: ”Un popolo è libero quando non può essere oppresso, né conquistato ,eguale quando è sovrano, giusto quando è regolato da leggi”. Non c’è dubbio che il Nord, che fu il motore dell’Unità, ha perduto ogni ruolo prevalente; non c’è libertà senza sovranità e in questi 150 anni il Nord ha perduto l’una e l’altra. S’è creata la condizione per la quale al popolo non resta che la ribellione. In che modo lo si dovrà vedere. Mi pare già di sentire le obiezioni, i distinguo che dicevo prima. Sono le stesse perplessità manifestate da parecchi lettori all’editoriale di Marchi. Quanto al Nord, ormai troppo “mischiato” per rappresentare una volontà comune, potrei obiettare che le rivoluzioni sono sempre state opera di minoranze. Non esistono condizioni favorevoli al cambio violento di un sistema. Nel quarantennio di preparazione che precedette la proclamazione dell’unità si calcola che i “patrioti” erano al Nord poche migliaia e al Sud anche meno; e tuttavia un’idea, che vada nel senso della storia, finisce sempre per affermarsi; e anche gli agnostici, prima o poi, finiscono per aderirvi. L’idea che vince fa proseliti, la sconfitta invece è sempre orfana.
La rivoluzione americana nacque da un moto di rabbia contro l’oppressione fiscale inglese; nacque per un impulso, e la forma di protesta scelta fu lo sciopero del tè, che colpiva la casse britanniche. L’idea di fondare una nuova nazione venne dopo, in seguito a una serie di circostanza fortunate e concomitanti.
Occorre una scintilla per propagare un grande fuoco. Le Cinque Giornate nel 1848 scoppiarono in seguito alla protesta del fumo.
Il 14 luglio dell’89 la Bastiglia venne presa d’assalto al grido “abbasso i ladri” dal popolo affamato. La Bastiglia era il simbolo dell’assolutismo monarchico. Un simbolo perché quel giorno nelle celle c’erano solo sette detenuti per reati comuni. Nessuno prevedeva che proprio quel giorno stava succedendo qualcosa di straordinario: la caduta dell’Ancien Regime. Non fu un principio filosofico l’artefice del cambiamento, ma la rabbia popolare. Quando il popolo scende in piazza, ed ha il coraggio di farlo, vale poco contarlo, saranno sempre pochi rispetto agli altri. Quelli che stanno alla finestra ci saranno sempre: guardano come va a finire e poi si accodano.
Non farei tanto questione di nomi e di definizioni. Il collante dovrebbe essere la comune volontà di stare insieme,con le medesime tradizioni e col medesimo grado di incivilimento. Nella sua idea di federazione Carlo Cattaneo assegnava alla Lombardia un ruolo centrale nell’ambito del futuro nucleo di nazioni libere e indipendenti, sia dall’Austria che dall’Italia. Il tricolore, adottato in seguito dal nazionalismo italiano per affermare “l’italianità” della Lombardia e di Carlo Cattaneo, in realtà si rifaceva al vessillo della legione lombarda che combatteva con Napoleone. Il bianco e il rosso erano i colori di Milano, il verde il colore della divisa delle guardie civiche.
Bisogna cogliere le novità che salgono dall’Europa; a fronte della crisi della politica tradizionale, sale la protesta dei popoli contro l’oppressione politica ed finanziaria di questa Europa burocratica e illegale. Non bisogna fare i conti preventivi, sono sempre sconfortanti; dubitare fin dall’inizio è già un avviso di rinuncia e di sconfitta. Cattaneo diceva: ”Le rivoluzioni non si fanno, avvengono”. Voleva dire che sono i tempi e le condizioni storiche che suggeriscono le azioni degli uomini, e le dirigono. “Voi non dovete più avere nessun riguardo per i nemici del nuovo ordine di cose, la libertà deve trionfare a qualsiasi costo”. E’ ancora Saint-Just che parla.