di SERGIO BIANCHINI – La retorica italiana prosegue anche al tempo del covid. Vale allora la pena aprire i nostri archivi. Su Repubblica del 25 settembre 2017 appariva un interessante articolo di Ilvo Diamanti. L’ispirazione dello studio e del commento era verificare se esistesse o meno uno spirito secessionista in qualche parte dell’Italia e segnatamente al nord. L’articolo si basava su un sondaggio fatto sempre in settembre da Demos & Pi per conto di Intesa San Paolo. Le conclusioni dell’autore erano tranquillizzanti per lui che rivede l’Italia di sempre e minimizzato qualunque odore di separatismo.
Ma non sono affatto tranquillizzanti per me che da tempo rilevo la fatale carenza di amor proprio degli italiani. Questa carenza è fatale perché impedisce la creazione di uno stato e di un governo accettabili ed al passo con le esigenze sia interne che internazionali dei nostri tempi.
Il titolo dell’articolo di Diamanti era “noi prima di tutto Italiani” ma a mio parere le tabelle smentivano proprio questa conclusione. Vediamole. Nella prima tabella coloro che si sentono in primo luogo italiani sono il 23%. Le appartenenze “interne”( città regione macroregione) assommano al 50%. L’appartenenza “esterna”( europa mondo) è sul 26% e quindi maggiore di quella Italiana.
Anche nella seconda tabella, relativa all’opzione secondaria, si mantiene la stessa distribuzione, Italia 20, intraitalia 51, extraitalia 24.
Il sondaggio propone una terza tabella con la somma di prima e seconda scelta. Che conferma in pieno le opzioni precedenti conI talia 43, intra 101, extra 50.
Questi dati eranp per l’autore consolanti e tranquillizzanti con il referendum del nord allora alle porte e mostravano persino una persistenza del paesanismo italico che unendo localismo e mondialismo lo renderebbe capace di misurarsi con le sfide interne ed esterne. A mio parere i dati possono anche dimostrare che l’incapacità di darci un governo ed uno stato efficienti come nazione sia persistente, strutturale e per ora insuperabile.
Quindi sia la ricerca che i dati politici reali evidenziano una situazione di stallo. Gli italiani non si sentono italiani ma non sanno uscire da questa insoddisfazione e dalla crisi cronica per carenza di decisionismi efficaci e consapevoli. Si oscilla continuamente tra rassegnazione passiva e fuochi più o meno fatui di indignazione incapaci di veri e duraturi sbocchi politici.
Il secessionismo certo risulta invisibile ma le vicende politiche della Lega Nord avevano già evidenziato questo elemento. La lega è diventata totalmente nazionale ridimensionando perfino verbalmente le prospettive minime autonomiste del nord ed il federalismo. Più volte ho tentato, invano, di aprire dibattiti sulla doppiezza e sulla inconciliabilità di federalismo e secessionismo sia nella vecchia lega di Bossi che nella nuova lega di Salvini.
Evidentemente il nordico ha due anime, una emerge quando è “incazzato”, allora diventa minaccioso e fa perfino il “bauscia” ma poi si calma e sul terreno operativo, politico, è nazionale e cattolico e perfino compostamente collaborativo.
Sì, queste caratteristiche nascono dal profondo. E forse sono state rinforzate dalla fallimentare e sanguinosissima esperienza del terrorismo. Sarebbe bello vedere una ricerca dove coloro che si dichiarano cattolici si misurano e si esprimono sull’identità territoriale e viceversa. Perché Banca Intesa non la fa?