di CASSANDRA – Davide, il cinquantatrenne toscano malato di sclerosi che, accompagnato da Mina Welby, era andato in una clinica svizzera per ottenere l’ eutanasia, è morto. L’eutanasia è una questione troppo seria perché si possa giudicare. E anche armeggiare politicamente. Decidere di morire, da malati o da “sani”, in salute apparente, senza sofferenze fisiche, è una questione di coscienza.
Dove sta la ragione? In un Dio, leggendo i commenti che si sprecano sulla morte assistita del dj Fabo. C’è chi risolve tutto invocando Dio e la Madonna, chi ha fede s’attacca a qualcosa. Chi non ne ha, ma anche chi ne ha poca poca, chiede di far cessare una vita in cui il dolore ti attraversa e ti toglie dignità, rispetto. Decidere che fare davanti ad una malattia o ad una disoccupazione, alla perdita a tempo indeterminato di un lavoro, il diventare deboli e in balia di un destino avaro, in cui non rialzi più la testa, non sono materia che possa essere decisa da chi sta a Roma o in sacrestia. Trapassa personalmente e insidacabilmente chi non ha più nulla, chi ha perso la speranza. Ciò che prova chi subisce la perdita del baricentro della vita non può essere sottoposto a giudizio. Di certo, anche da vivo, sei già morto. Ti basta perdere il lavoro. La vita a volte finisce prima della morte.