A rappresentare il fenomeno in una plastica inchiesta era stato due mesi fa il Corriere della Sera: si tratta dei cosiddetti medici a gettone. Ora le istituzioni hanno voluto andare sino in fondo per fare chiarezza su questa prassi che esternalizza le chiamate, a gettone, appunto, con costi peraltro elevati.
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Il Corriere riporta che sarebbe stata “accertata la fornitura di medici da parte di cooperative con età anagrafica superiore a quella stabilita contrattualmente — anche sopra i 70 anni —; l’impiego esternalizzato di risorse umane non adatto a esigenze di specifici reparti ospedalieri, come la fornitura presso reparti di «ostetricia e ginecologia» di personale sanitario, tra cui medici generici, non formato a gestire parti cesarei o, ancora, personale medico da impiegare presso il pronto soccorso non specializzato in «medicina di urgenza»”.
Chiude con l’orgoglio, legittimo, di chi ha sollevato il problema: “Nell’inchiesta dello scorso 1 ottobre il Corriere aveva portato alla luce appunto il fenomeno dei gettonisti — fenomeno ormai sempre più diffuso e che sta cambiando radicalmente la fisionomia degli ospedali italiani — che riguarda le migliaia di professionisti che ogni giorno entrano negli ospedali italiani, ingaggiati da cooperative esterne su affidamento delle aziende sanitarie, per coprire i sempre più numerosi buchi d’organico. Chiamati a gettone, che vuol dire pagati per un singolo turno (di solito 12 ore, remunerato fino a 1200 euro a turno), in un campo sostanzialmente senza regole. E, soprattutto, senza alcun controllo. Almeno finora”.
Una domanda: ma prima, chi doveva vigilare, dov’era? Tocca al giornalismo fare da controllore?