di GIANLUIGI LOMBARDI CERRI – Su una delle più belle traversate sci alpinistiche delle Alpi ,la Haute Route che va da Chamonix a Zermatt e successa una grande tragedia : 7 alpinisti morti congelati gli altri salvi per miracolo , ma ricoverati per congelamenti in un ospedale svizzero.
In che cosa consiste la traversata ? Consiste nel salire con gli sci a quote oltre 3000 m, partendo da Chamonix e cavalcare con gli sci una serie di cime delle Alpi italo svizzere sino a Zermatt.
Durata : circa una settimana. A farla completa. Stupenda! Però …….però…….
1.-Una simile impresa non si fa a 50-60 anni , ma a 30-40 quando le energie disponibili sono al massimo. Specie le energie di riserva indispensabili in grande quantità quando si deve fare una corsa chiamata “corsa della morte”. Ossia una corsa per salvarsi la vita. Si fa disponendo di una esperienza alpina notevole , esperienza metereologica compresa.
2.-Si fa non considerandola solamente una serie di salite e discese “un po’ impegnative “. Guardando i partecipanti in una giornata di meraviglioso sole , si scopre che la maggior parte di loro non sa neanche tenere adeguatamente in mano un paio di bastoncini da sci.
3.-Si fa mettendo in bilancio di essere beccati da una tormenta di alta quota conoscendo prima le possibili vie di fuga e la tecnica di orientamento estremo.
4.-Si fa ben sapendo che sulla roccia , in caso di guai, ci si salva la vita solo disponendo di un sacco da bivacco salvavita ( quindi non quelli imbottiti) e ci si salva la vita se si fare un igloo dove c’è la neve, tanta neve. Perchè in un igloo non si muore assiderati.
5.-Si fa avendo un collaudato allenamento psichico che permette di mantenere una fredda calma….. magari sino alla morte.
6.-Si fa avendo due , tre compagni al massimo, di pari levatura alpinistica , con i quali si è in perfetta sintonia conoscendo reciprocamente pregi e difetti. Una volta, mica tanto tempo fa, quando ci si avventurava in una impresa alpinistica si sapeva che se si finiva nei guai occorreva sapersela cavare da soli perchè, quando intervenivano le spedizioni di soccorso , quasi sempre era per ricuperare i morti.
Quindi seguendo sin da giovani i più esperti , si imparava a conoscere la montagna in tutti i suoi aspetti anche metereologici : Quand el Disgrassia el ga su el capel , o che piouf o che fa bel ( vuol dire che cambia il tempo.). Si impara ad annusare “l’aria da neve”, si impara a verificare se la neve “ è da remoll” ( rischio valanghe).
Si impara sempre e non si finisce mai di imparare. In modo che , se si utilizza una guida, sia pur valida, non ci si fa trascinare come un sacco di patate, mettendo nei guai anche lei. In poche parole la montagna deve entrare nelle nostre vene e non rimanere sulla carta di una pubblicità turistica.
Dalla squadra di gente che ha fatto malamente questa traversata si direbbe una gita da dopolavoro aziendale. Fatto non per una soddisfazione intima, ma per andarsi ,dopo, a vantare con gli altri.
Ultima considerazione tecnica “l’arte sciatoria”. Oggi con le piste che sono biliardi e con sci e scarponi all’ultimo grido della tecnica tutti si fanno la convinzione di essere gran campioni. In fuoripista e in alta quota gli sci non girano più “con il pensiero” come su pista e le salite non sono fatte da skilift e seggiovie, ma da un passo dietro l’altro con 30 kg minimo sulla schiena.
Voi mi domanderete : ma da dove arriva tutto questo tuo parlare ? Arriva semplicemente che la Haute Route l’ho fatta dopo un allenamento bestiale e dopo essere stato sconfitto una prima volta da un maltempo orrendo , ma con una ritirata prevista per cui siamo riusciti , con pieni margini, a portare a casa la pelle.
Poi finiamola con i predicatori del “se stavano a casa invece di andare a rischiare”. Chi traversa l’atlantico corre un rischio. Non ho la passione del mare, ma non mi permetto neanche in sogno di criticare chi lo fa.
Ricordo ai fifoni che il posto dove si muore maggiormente è il letto. Che fanno allora i prudentoni so tutto io ? Non vanno a dormire?