Moana Pozzi “santa” per il Corriere

santa moana

di SERGIO BIANCHINI -L’articolo non è scritto da un “pirla qualsiasi” ma da Emanuele Trevi  ed occupa un’intera pagina del Corriere della Sera dell’8 giugno.

Figlio di Mario Trevi, che è stato uno dei primi e più autorevoli psicoanalisti junghiani italiani, Emanuele è editor e autore di saggi e romanzi. Ha debuttato nella narrativa nel 2003 con I cani del nulla, uscito presso Einaudi Stile Libero. È stato direttore creativo (con Arnaldo Colasanti) della Fazi editore, ha curato una collana presso Quiritta editore e, con Marco Lodoli, l’antologia scolastica Storie della vita edita da Zanichelli. Collabora con Radio 3 e ha scritto su diverse riviste come Nuovi ArgomentiIl caffè illustrato e su quotidiani quali la Repubblicala Stampa e il manifesto.

Ebbene esaminiamo un pochino l’articolo che è parte  di un filone culturale presentissimo e direi dominante sul più autorevole quotidiano italiano.

Tutto parte da una mostra che si tiene a Bagheria ”un luogo della Sicilia dove le impronte delle divinità pagane sembrano ancora fresche..”. Si mi dico perplesso, infatti li Salvatore è il nome più diffuso assieme a Rosario e Domenico. Secondo Emanuele lì è fresca l’impronta di Afrodite, la dea greca la quale ”non è colei che ama, è la bellezza e la ridente leggiadria che irresistibilmente attrae”.

Dopo Bagheria e Afrodite si approda a…Moana Pozzi. “Moana Pozzi incarnò perfettamente questa prerogativa della dea olimpica dell’amore. Si offriva agli sguardi più lubrichi, si prestava a tutti i giochi possibili, ma un fondo di ironia la manteneva distante, inaccessibile, come se stesse esercitando una forma, paradossale e rivelatrice, di castità. Con i loro petti villosi…….i fortunati ( sottolineatura mia) che lavoravano con lei avevano tutta l’aria di giocattoli…..”

Che roba penso io, dunque lei era casta, lubrichi erano gli sguardi dei suoi “consumatori”. E fortunati i villosi petti che lavoravano con lei.

L’incredibile esaltazione continua “Moana era una giovane donna colta e intelligente, una vera figlia del suo secolo”. L’autore dell’articolo continua raccontando delle nobili frequentazioni romane (posizionate a quale altezza mi chiedo) con Fellini e Schifano. Riferisce. Un pochino turbato riporta che negli ultimi tempi Moana (che morì improvvisamente a 33 anni) avesse sul comodino le Confessioni  di sant’Agostino. Ma le perdona questa deviazione dalla sua divinità amorosa: ”le persone superiori non hanno bisogno di patenti di nobiltà, semmai nobilitano qualunque cosa facciano”. Quindi Agostino deve ringraziare Moana per averlo nobilitato!

E quale fu il grande merito storico di Moana? “fu lei, coi suoi modi principeschi, a far capire al mondo” che la cosa volgare non era la pornografia ma quell’erotismo ipocrita leggero dove lo spettatore lubrico circola volgarmente intorno al vedere e non vedere. In fondo” l’anatomia umana è un miracolo inesauribile, e la visione frontale ed esplicita dei piaceri che se ne possono ricavare è una sublime porta d’accesso all’infinito”.  L’incredibile pezzo termina così : ” Per le persone della mia generazione, Moana ……brilla in una costellazione di destini e di fattori umani irripetibili, di una giovinezza che poteva sembrare eterna…”

Da tempo sottolineo la totale uscita dalla realtà dell’intellighenzia italiana. Le recenti elezioni hanno mostrato la piena frattura politica tra popolo e classe dirigente. Ma la frattura culturale e morale tra popolo e intellighenzia è ancora più grande. Questo, come tanti altri pezzi dei nuovi maestri, nobilmente alternativi al becero, torbido e lubrico moralista tradizionale mai bastonato abbastanza, mostra chiaramente la realtà dei nuovi santi e dei nuovi dei. L’abolizione di qualunque pudore evidenzia l’unico vero amore dei nostri dirigenti intellettuali: il bordello con le sue grandiose, meravigliose, divine principesse.

Mi vengono in mente le parole di Marx nel suo scritto più famoso di 170 anni fa ” I comunisti non hanno bisogno d’introdurre la comunanza delle donne; essa è esistita quasi sempre.

I nostri borghesi, non paghi d’avere a disposizione le mogli e le figlie dei proletari, per non parlare neppure della prostituzione ufficiale, trovano uno dei loro divertimenti principali nel sedursi reciprocamente le loro mogli.

In realtà il matrimonio borghese è la comunanza delle mogli.

Tutt’al, più ai comunisti si potrebbe rimproverare di voler introdurre una comunanza delle donne ufficiale e franca al posto di una comunanza delle donne ipocritamente dissimulata. Del resto è ovvio che, con l’abolizione dei rapporti attuali di produzione, scompare anche quella comunanza delle donne che ne deriva, cioè la prostituzione ufficiale e non ufficiale.

Nel pezzo di Trevi non brilla il liberismo ma la venerazione per uno solo degli aspetti tradizionali dell’organizzazione sociale che vedeva da un lato la donna di famiglia e dall’altro la donna di bordello. Un dualismo nel quale la donna di famiglia era però l’aspetto assolutamente dominante. Sostenuto sempre dalla chiesa (e seppur variamente dal comune sentire popolare) e dal suo ideale di donna: la madonna.

Per fortuna, anche se la chiesa cattolica oggi tace timorosa difronte ai tentativi “colti” di rovesciare la frittata, la dominanza della donna di famiglia esiste ancora seppur fortemente intaccata e non difesa da alcuno. Per verificare questa asserzione chiedo ad ognuno di coloro che mi leggono se si augurerebbero o augurerebbero a loro amici di avere una figlia “divina” come Moana.

Moralismo classico e libertinismo classico, sono due estremi tra loro complementari, esistiti per millenni in un minuetto messo in discussione quando la donna fu introdotta pienamente nell’economia industriale moderna. L’antico matrimonio doveroso sostenuto dalla morale cattolica, ha funzionato necessariamente per millenni ma non funziona più nella società opulenta. Ma anche il liberismo e l’avventurismo sessuale non reggono difronte alle necessità della vita familiare e di coppia nella società industriale ed opulenta.

Nessuno dei due schemi aiuta a gestire le crescenti tensioni della comunità domestica moderna che deve trovare nuove vie adatte alla nostra realtà.

 

 

 

 

 

 

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