/

Ma l’indipendentismo è compatibile con la sinistra di oggi?

di GIUSEPPE ISIDORO VIO

Nel suo ventennale excursus politico la Lega è passata dal federalismo alla secessione, al federalismo fiscale, dopo il referendum del 2006, e all’autonomia del nord con la macroregione, dopo la caduta di Bossi e del cerchio magico. Da partito di protesta di duri e puri è passata a partito di governo, contaminatosi al contatto del malcostume politico della casta romana ed è giunta infine alle ramazze e al restyling di Maroni che ha messo in soffitta ampolle, elmi e Padania. Da partito trasversale che l’ha portata ad allearsi anche con la sinistra, si è avvicinata sempre più alla destra statalista partecipando agli ultimi governi Berlusconi con cui ne ha negoziato i programmi.

Che cosa ha perso la Lega e cosa è rimasto degli ideali iniziali? Alleandosi con gli epigoni della fiamma tricolore ha sicuramente lasciato per strada ogni ipotesi indipendentista e buona parte del suo antistatalismo (non che la sinistra sia meno statalista). E’ rimasta un partito regionale che, abbandonata l’idea del federalismo (inviso al di fuori della Padania per ragioni di convenienza economica a prescindere dall’orientamento politico e quindi irrealizzabile) punta tutto sull’autonomia, tramite la realizzazione della macroregione del Nord per la cui realizzazione si è dovuta alleare con Berlusconi, soffocando ogni voglia di secessione nonostante questa sia ancora al primo punto del suo statuto. Avendo capito che l’Italia è irriformabile, Maroni ormai va dicendo che di Roma gli interessa poco o niente. Enfatizzando il suo buon lavoro svolto come ministro degli interni, nel frattempo continua a propugnare la lotta contro le organizzazioni mafiose che sempre più s’infiltrano minacciose al nord (obiettivo condiviso dall’intero schieramento politico italiano) e continua a diffidare dell’islamismo ma ha posto in secondo piano, non essendo più rilevante, il tema dell’immigrazione e dell’integrazione razziale. Tuttavia, sarà difficile che la Lega riesca a cancellare del tutto il marchio di partito razzista e xenofobo che si è guadagnata per i passati estremismi in merito, soprattutto grazie alle esternazioni di nostalgici del fascismo come Borghezio e Gentilini (ignari specchietti per allodole usati per coprire i veri neofascisti che infestano lo statalismo romano).

Detto questo, cosa dovrebbe considerare e auspicare per il futuro un indipendentista libertario convinto?  Pur con tutti gli addebiti che le si possono fare, il suo excursus dimostra che la Lega si è sempre mossa all’interno della galassia federalista-regionalista-autonomista-indipendentista ed è l’unica che ne possa garantire la sopravvivenza e la rappresentanza. Infatti, il vero problema dell’indipendentismo nordico italiano, a differenza di quello catalano, basco o scozzese è la mancanza di un partito di riferimento a sinistra. In parte perché la Lega degli inizi ne ha fagocitato ogni possibile interprete (ricordiamo che Maroni fino al ’79, prima di passare all’autonomismo, frequentava Democrazia Proletaria) e poi anche perché certe sue attitudini destroidi e certe risibili manifestazioni folcloriche passate ne hanno irrimediabilmente contagiato nel discredito e svilito agli occhi di chi è di sinistra ogni possibile ed encomiabile intento di federalismo e indipendenza. Ma anche la sinistra italiana, a guida Napolitano, ha subito un’innaturale deriva verso posizioni marcatamente nazionaliste, a difesa dogmatica dell’unità d’Italia e nessuno a sinistra per opportunismo o conformismo vuole opporvisi. La Lega, pur evidenziando una deriva verso posizioni di destra, è almeno stata indipendentista prima di diventare semplicemente autonomista con Maroni ma quale partito di sinistra settentrionale può vantare aneliti federalisti, se non proprio indipendentisti, dopo i socialisti riformisti di Filippo Turati? La sinistra italiana attuale è schizofrenica, appoggia l’indipendentismo Basco e Catalano e non quello Veneto o Padano. E’ a favore del bilinguismo nei Paesi Baschi e in Alto Adige ma nonostante i trascorsi interessi negli anni ’70 per le produzioni culturali dialettali di suoi vari esponenti (Dario Fo, Gualtiero Bertelli e altri) e il dileggio della lingua ufficiale di regime, è ora corresponsabile del tentativo di estirpazione della lingua veneta in Veneto. Non dovrebbe essere così, perché nel declinare l’indipendentismo all’interno di un normale sistema politico, solo i partiti nazionalisti italiani di estrema destra dovrebbero arrogarsi il diritto di essere totalmente a favore dell’unità nazionale. L’ideologia non dovrebbe intralciare la volontà d’indipendenza di un popolo che deve restare unito finché non si è affrancato, perché poi ci sarà tutto il tempo per i distinguo una volta conseguita l’indipendenza. C’è, perciò, l’esigenza assoluta che anche un movimento indipendentista di sinistra appaia a nord.

Solo chi è fautore di un mondo mono-nazionale (la cui popolazione, omogeneizzata, sia il risultato dell’integrazione fra tutti i popoli della Terra) può essere contrario a mantenere le identità dei singoli popoli, tutti diversi tra loro e che prescindono dalle nazioni esistenti. Solo una mente prevaricatrice e imperialista può essere contraria al loro diritto, sancito da referendum popolari, di unirsi (in federazioni o confederazioni) e civilmente separarsi (tramite secessione) in ogni momento della loro esistenza con qualsiasi altro popolo, esattamente come avviene per le singole persone, senza che ciò causi recriminazioni e conseguenti reazioni bellicose. Accettare e sancire questo diritto dei popoli da parte di governi e organizzazioni sovranazionali (UE, ONU, LEGA ARABA ecc.) avrebbe la stessa valenza dell’abolizione della schiavitù per gli individui, sarebbe il riconoscimento del diritto di cittadinanza mondiale dei popoli e dovrebbe essere l’auspicio di ogni indipendentista di destra o sinistra che sia. Questo se la sinistra non rimane ancorata all’internazionalismo socialista (che ha solo prodotto l’omologazione di stampo sovietico) né all’ideale del solidarismo integralista imposto per legge (concetto cui persino il cristianesimo è contrario, lasciando agli uomini e quindi ai popoli il libero arbitrio) che renderebbero il consorzio umano simile a quelli degli insetti sociali, organismi privi di coscienza, per quanto ammirevoli e laboriosi.

(da lindipendenza del 4 giugno 2013)

Print Friendly, PDF & Email
Articolo precedente

Quei politici perfetti come Dio...

Articolo successivo

Il nuovo speciale di Terra Insubre