di ROBERTO PISANI – “Io Giorgio Gaber sono nato e vivo a Milano. Io non mi sento italiano. Ma per fortuna o purtroppo lo sono.”
Iniziava così la canzone che dava il titolo all’ultimo album dell’indimenticato cantautore milanese.
“Mi scusi Presidente non è per colpa mia ma questa nostra Patria non so che cosa sia (..) Mi scusi Presidente non sento un gran bisogno dell’inno nazionale di cui un po’ mi vergogno.”
Un testo coraggioso che si presta a più interpretazioni: chi ci legge uno sprono ad un maggior sentimento nazionale, chi, al contrario, una critica non troppo velata ad uno stato che non è mai stato nazione e mai lo sarà.
Altri un invito alla classe politica a rappresentare il paese in modo adeguato.
Ogni testa è un piccolo mondo.
Un testo coraggioso, ribadisco, che mette comunque in discussione, per stimolare o per denigrare, il sentimento nazionale.
Ma quale sentimento nazionale? Esiste veramente? Viviamo veramente in una nazione, considerato il significato etimologico del termine?
Nazione: Il complesso delle persone che hanno comunanza di origine, di lingua, di storia e che di tale unità hanno coscienza, anche indipendentemente dalla sua realizzazione in unità politica.
Difficile da far passare come teoria. Più facile pensare ad uno stato unito forzatamente, che non ha un’origine in comune e tanto meno lingua e storia. E sulla coscienza di questa unità stenderei un velo pietoso, pur avendo profondo rispetto che chi ha combattuto per quella bandiera.
Quindi di che sentimento nazionale parliamo se non esiste una nazione ma uno stato? Più corretto dire “sentimento statale”. Ridicolo ma più reale.
“Mi scusi Presidente ma ho in mente il fanatismo delle camicie nere al tempo del fascismo da cui un bel giorno nacque questa democrazia che a farle i complimenti ci vuole fantasia.
Io non mi sento italiano ma per fortuna o purtroppo lo sono.”
Ecco io toglierei da questo bellissimo testo la frase “ma per fortuna”…