di CHRIS WILTON
Non so se all’Italia restano sei mesi come dice il report di Mediobanca Securities oppure meno, so che però negli ultimi giorni il dossier “Europa periferica” è finito sul tavolo del Chief Investment Officer di JP Morgan, David Cembalest e non per una qualcosa di positivo. E’ infatti opinione diffusa in alcuni circoli europei – lo ha detto trionfalmente anche Barroso qualche settimana fa – che la crisi sia ormai alle spalle di quei Paesi e la riprova sarebbe l’attuale chiusura del deficit di conto corrente in Spagna, Italia, Portogallo e Grecia. Normalmente e anche abbastanza storicamente, un dato simile è in effetti prodromico a una ripresa in arrivo. E ampia. Questa volta non è così e questo grafico ve lo spiega più di mille parole del vostro povero amico inglese: è il crollo dell’import ad aver reso possibile quel risultato. E siccome tipicamente le crisi delle bilance dei pagamenti si risolvono con l’aumento delle esportazioni, sulla possibilità per il Sud Europa di reggere all’attuale collasso pende un serio punto di domanda. E sempre il grafico ci dimostra quanto il crollo delle importazioni (quindi della domanda interna e del tasso di occupazione) contò sulla risoluzione di situazioni simili in passato: pressoché zero.
Ora l’Italia è quasi a quota 40% di incidenza di questa voce. Mi spiace ma per quante acrobazie possa mettere in campo il vostro governo, l’Italia si sta avvicinando inesorabilmente al punto di non ritorno e l’estate potrebbe essere fatale. La strategia della Fed di stop-and-go, di annunci e smentite sul rallentamento del programma di stimolo sta ottenendo il risultato voluto da Bernanke, ovvero far risalire gradualmente i tassi a livello globale senza che però questi schizzino alle stelle facendo esplodere la bolla obbligazionaria. Ve ne state accorgendo dallo spread che continua a salire o dalle aste che cominciano a chiedere rendimenti maggior per collocare i vostri titoli di debito. Ma è così per tutti: sono saliti ai massimi da anni i rendimenti dei Treasuries americani, il Gilt decennale britannico al 2,5% non si vedeva da due anni, salgono i rendimenti giapponesi, persino svizzeri. E tedeschi, olandesi e francesi. Ma se questa strategia di Bernanke dovesse – come pare – essere molto diluita nel tempo, per quanto i tedeschi permetteranno al loro amato Bund di pagare rendimenti eccessivi, perdendo di fatto lo status di bene rifugio e forse di benchmark? Ricordatevi cosa accade l’estate di due anni fa: otto miliardi di debito pubblico scaricati e oplà, spread a 600 e Berlusconi a casa. Questa volta, però, se succede sarà default. Il plotone di esecuzione è davanti a voi: tocca solo capire chi e quando tirerà il grilletto. Sul “se” ho pochi dubbi.