di GILBERTO ONETO
Fra un po’ comincerà il tormentone della grande guerra, che i patrioti chiamano quarta guerra di indipendenza e considerano la vera conclusione del processo risorgimentale. È certo che dovremo subire la solita sbrodolata di retorica, patriottismo e menzogne. Soprattutto menzogne. Tutta la storia di regime ne è piena ma le palle si concentrano soprattutto sul Risorgimento e – ancora di più – proprio sulla guerra del 1915-1918.
Torneranno fuori tutte le balossate sulla guerra di popolo, sulla guerra “sentita”, sulla grande unificazione degli italiani nelle trincee e negli eroismi. In realtà la sola vera unificazione è avvenuta nei cimiteri, nelle fosse comuni, nelle fucilazioni, nelle decimazioni e nelle esecuzioni di massa con cui lo Stato italiano ha cercato di inculcare nobili sentimenti patriottici nei suoi sudditi.
Bisogna cominciare a costruire anticorpi per le valanghe di veleni e bugie che ci saranno versate addosso; bisogna cominciare a prepararci, a informarci, a dotarci di un robusto repertorio di conoscenze. In mezzo a montagne di libri e pubblicazioni apologetici, memorialistici e patriottici ci sono anche – per fortuna – alcuni lavori controcorrente, che raccontano la drammatica verità di quei giorni.
Lo studio di Cesare De Simone parte dalla vicenda di Caporetto, vero è proprio segno archetipico di tutti i significati di quella guerra, e attorno a questo sviluppa una rigorosa e implacabile analisi su come lo Stato italiano abbia gestito la politica dei rapporti internazionali e – soprattutto – lo svolgimento delle operazioni belliche. L’autore si addentra nei metodi di “comando” di Cadorna e dei suoi sanguinari scagnozzi, riporta le famigerate “Circolari” con cui il generalissimo si ordinava la spietatezza nel comando delle truppe, la repressione di ogni incertezza e la esemplare punizione chi chiunque non subisse ogni vessazione con la richiesta prontezza. Il libro è un doloroso rosario di decimazioni, di morti, di violenze, di completa mancanza di rispetto umano per i soldati. I generali che infierivano sui soldati con i carabinieri e i plotoni di esecuzione, sono gli stessi che sono rapidamente scappati a Caporetto davanti a poche centinaia di soldati palluti e stupendamente guidati. È una vecchia tradizione quella dei pomposi e arroganti generali che facevano i gradassi con i deboli e con i civili disarmati, e che poi scappavano davanti a nemici veri: da Custoza all’8 di settembre, la storia degli alti comandi italiani è un lungo corollario di incapacità e di viltà, che proprio in Caporetto trova la sua espressione più significativa.
De Simone elenca numeri e statistiche che fanno rabbrividire, racconta episodi vergognosi, descrive personaggi veramente ignobili. Un libro da non perdere.