Il dato che viene fatto emergere è che “siamo uno dei pochi Paesi europei, 6 su 28, a non avere un salario minimo legale“.
E i sindacati? E i ministri del lavoro cosa negoziano, concertano? La globalizzazione c’è per tutti, eppure gli altri corrono e noi invece restiamo schiacciati dalle tasse, dallo Stato dei corrotti, dei burocrati, dallo Stato, in altre parole, di una massa abnorme di incapaci. Di ladri incapaci. Secondo l’Ocse, ricordava linkiesta, che tra il 2010 e il 2016 il Pil per ora lavorata è aumentato solo dello 0,14% medio annuo, ancora una volta dieci volte meno di Francia e Germania. Peggio ha fatto solo la Grecia. “E forse qualche ragione ce l’aveva, Sergio Marchionne, nel dire che la grande sfida italiana avrebbe dovuto essere quella di portare la competitività e produttività italiana al pari di quella di Francia e Germania, con l’impegno ad elevare i salari ai livelli di quei Paesi. Parole lontanissime, oggi, in epoca di decreti dignità, redditi di cittadinanza e ritorni alla Lira.(…)”. La questione salariale è e resta un punto centrale per un governo che vuole dirsi del cambiamento. Ma ci si arriva col reddito di cittadinanza e litigando con l’Europa, sapendo di quanto può crescere, o meglio, arretrare il Pil? Essere dieci volte più nani vuol dire sparire.