di MARIO DI MAIO – L’ autodeterminazione va prospettandosi sempre di piu’ come la chiave l’asse portante su cui “appoggiare” la convivenza tra i popoli. Il fatto che sia stata riconosciuta in sede ONU permette alle cosiddette “nazioni senza Stato” di porre la questione della propria esistenza legittima all’ attenzione di tutte le istituzioni internazionali, costringendole ad occuparsene. Dovranno accettare il principio che le comunita’ che si riconoscono come popoli sono hanno il diritto di costruire il proprio futuro, assumendosene la responsabilita’ politica ed economica. In pratica si e’ messa in moto una macchina che non sara’ facile fermare con le argomentazioni finora utilizzate dai potentati finanziari del tipo dell’ UE, notoriamente installato in Europa a beneficio di “terzi”, o del tipo degli “stati-contenitore”, spesso protagonisti di alleanze e provvedimenti dannosi per le popolazioni “imprigionate” al loro interno. E mi limito a ricordare la batosta per il settore agroalimentare veneto causata dalle sanzioni applicate a Putin per volonta’ di Obama convinto di avere potere decisionale anche sulla definizione dei confini ucraino /russi. Fino adesso la voglia di indipendenza e’ stata descritta come “fascismo da combattere”, “sconquasso del sistema economico” e soprattutto “destabilizzazione politica dell’ area geografica di riferimento”. Piaccia o no, in futuro non sara’ piu’ cosi’. E’ confortante quanto riporta Luca Polo in argomento sul numero del 24 dicembre de “l’indipendenzanuova.com“: gli studiosi cominciano a parlare di indipendenza “esercitata” e di sovranita’ “guadagnata”. Io sono ottimista.