di ALBERTO MOIOLI – La libertà di parola tanto decantata compren-de in sè moltissime sfaccettature che impon-gono l’accettazione del vero significato del valore di Libertà. Comprende infatti il discorso della depenalizza-zione dei reati d’opinione che in paesi come il nostro è ancora oggetto di ingiustizie evidenti e sotto i nostri occhi tutti i giorni. Limitando la possibilità di esprimere un pensiero, il più delle volte scomodo istituzionalmente, significa intraprendere la strada della censura e di conse-guenza del regime. Da qui a pensare alla Cina, a Cuba e soprattutto a tutti i paesi in cui ancora oggi il comunismo è l’ideologia principe, anche perché l’unica ammessa.
La mancanza di libertà di stampa è la diretta conseguenza di un regime in cui viene am-messa un’unica verità ed un unico pensiero.
L’imposizione statale ora ad appannaggio dei paesi comunisti.
Si sente parlare sempre più spesso della famosa frase di Voltaire in cui affermava che si sarebbe battuto fino alla morte perché il prossimo avesse la possibilità di poter esprimere il proprio pensiero anche se questo fosse stato in
antitesi con il suo. Peccato che tutto ciò ora lo si senta pronunciare da chi applica la tecnica della manifestazione di piazza per impedire ad altri la libertà di parola.
La libertà di parola è dunque un “Diritto Uma-no” in cui, in teoria, ognuno dovrebbe avere il diritto di poter esprimere ciò che meglio crede, in assoluta libertà. Ma la domanda inespressa è: dove? Dov’è che un uomo gode di tale diritto?
Risponde a tutto ciò Murray Rothbard con un suo vecchio ma ancora attualissimo libro, (L’eti -ca della LibertàEd. Liberilibri).
«Certamente non su una proprietà cui ha violato i confini. Cioè egli gode di questo diritto sulla SUA proprietà o sulla proprietà di qualcuno che gli ha permesso di entrarvi, come regalo o secondo un contratto d’affitto.
In effetti dunque, non esiste soltanto il diritto di proprietà di un uomo: il diritto di fare ciò che vuole di ciò che è suo o di stringere accordi volontari con altri proprietari».
Stando perciò alle parole di Murray Rothbard non si avrà il diritto di libertà di parola ma la libertà di trovare la possibilità di avere la libertà di parola , non si ha il “diritto di libertà di stampa” bensì, in un vero regime di libertà, avremo il diritto si scrivere, stampare e diffondere un opuscolo (o un giornale che sia) e di venderlo a chi effettivamente desidera comprarlo, liberamente.
Il problema della libertà di parola e di stampa dunque stanno a monte di un discorso di libertà ancora più globale che deve ancora oggi essere acquisito come valore indispensabile per lo svi-luppo e forse, per un mondo migliore.
Lo stesso dicasi per la libertà di opinione ed in specifico di religione. Oggi indubbiamente siamo in un momento in cui offrire la libertà di religione all’Islam significherebbe indubbia-mente porgere una dottrina in pasto i nostri
figli, minando essenzialmente il nostro futuro, le nostre tradizioni e la nostra storia. Le nostre radici cristiane, nostre intese come occidentali, impongono che si accetti la libertà
di religione ma la nostra identità e la nostra storia non deve essere annientata in tal modo. L’ingresso prepotente di nuove identità religiose e sociali devono essere sostanzialmente regolate da una politica liberale e libertaria nel
senso più ampio del termine.
Si studi Spooner, Smith, Rothbard o ancor più attuale, Hans Hermann Hoppe. Pensatori che hanno fatto della “libertà” il loro scopo di vita, offrono a tutti noi la soluzione alla regolamentazione dell’enorme flusso migratorio che ci invaderà sempre più nei prossimi anni.
(da Il Federalismo, direttore responsabile Stefania Piazzo)