di ROBERTO PISANI – La leva obbligatoria fu istituita nel 1871 dall’allora stato unitario del Regno d’Italia, confermata alla nascita della Repubblica ed abolita dal 1° gennaio 2005.
Sin da subito si rilevò un grande danno per le famiglie, specie quelle meno abbienti, che si videro sottrarre una forza lavoro giovane per un periodo che andò dai 18 mesi iniziali fino ai 12 pre-abolizione. Se allora la situazione geo politica mondiale poteva in qualche modo giustificare l’addestramento alle armi e alla disciplina, a mano a mano che la situazione si stabilizzò rese obsoleta questa istituzione.
Di tanto in tanto torna l’argomento torna di attualità specie da parte di esponenti della destra più radicale, storicamente legati agli ambienti militari. Tutto questo però se da una parte si può considerare utile per inculcare il senso di disciplina nei giovani, dall’altra cozza con la politica di disarmo attuata e tanto evocata a livello mondiale.
Ma perché dovremmo insegnare la strategia militare ai nostri ragazzi?
E il problema economico dove lo mettiamo? Perchè invece di provare ad inserire i ragazzi nel mondo lavorativo ce li dobbiamo vedere sottrarre dallo stato per un periodo di tempo? E dove li mettiamo visto che le caserme abbandonate versano in condizioni che definire fatiscenti è poco? Con che soldi manterremo tutto questo giochino? E perché?
Ci sta il discorso disciplina anche se, forse, la strada potrebbe essere diversa, per esempio quella del ritorno all’insegnamento dell’educazione civica sin dalle scuole inferiori.
Credo che, visti i precedenti, la sparata del ministro degli interni sia l’ennesima boutade a fini elettorali per colpire la pancia della gente, ma che sia irrealizzabile sia economicamente sia concettualmente.
A meno che non si arrivi ad una riedizione di “Oro alla Patria” di mussoliniana memoria per la copertura degli iniziative del governo giallo-verde e meglio giallo-blu, reddito di cittadinanza compreso. Insomma una patrimoniale un po’ troppo estesa.