Il punto è questo: “Gli ultimi sviluppi del fallimento europeo, con l’assurdo e inqualificabile rifiuto da parte francese di assumersi la sua parte di responsabilità nella gestione della crisi mediterranea, rende improcrastinabile una risposta. Dobbiamo arrenderci all’evidenza? Parrebbe proprio di sì. Ma allora è necessario trarne le conseguenze. L’Unione Europea è morta. Dobbiamo continuar a tenere in vita artificiale il suo cadavere? Chi non ha mai amato l’Europa, si abbandonerà a danze di gioia: faccia pure. Gli europeisti sinceri e decisi – io sono tra questi – prendano atto del fallimento, si rimbocchino le maniche e ricomincino da zero”.
Franco Cardini, storico e originale provocatore, lanciavo una sorta di vademecum sul default europeo ma anche sulla ricostruzione post mortem di una entità costruita sulle contraddizioni. La sua posizione può essere condivisa o meno, ma resta comunque utile per una discussione sul tema. Che cosa sostiene Cardini? Per cominciare è dell’idea che “l’Europa, se vuol continuar a significare qualcosa negli affari e nei destini del mondo, è “condannata” a superare il quadro nazionale e a respingere le tentazioni “sovraniste” che, dopo le elezioni europee del 2014, si sono riaffacciate prepotenti”.
Per spiegare la sua tesi, ripassa la nascita degli stati-nazione, dal XVII in poi, America e Francia in testa, con lo scettro della sovranità in mano alla nazione e non più per grazia di Dio ricevuta… per arrivare alla fine delle due guerre mondiali, alla guerra fredda, alle contrapposizioni tra il modello dell’occidente e quello dell’est.
Dal 1950 quando Robert Schuman annunciò il suo piano per la costituzione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, si è arrivati ai mostri: Commissione Europea, Parlamento Europeo e Consiglio d’Europa. Per fare cosa? Per decidere al posto degli altri. Per aprire la strada delle invadenze “per le faccende finanziarie, economiche e fiscali gestite da una tecnocrazia burocratica che da Bruxelles e da Strasburgo”, “invasiva nel piano del quotidiano quanto inesistente sul piano intellettuale, storico e geopolitico”.
Nessuna educazione sull’identità
Cosa è mancato nella presa di coscienza di una appartenenza europea? Attenti bene cosa scrive Cardini: “La scuola…”. Al suo posto c’è stata una “un’astratta e grottesca linea ininterrotta della “civiltà occidentale” dall’antica Grecia alla Modernità, la sostanziale mancanza di articolazione espressa nell’ignoranza dell’elaborazione di una cultura comune dell’Europa latina medievale che ha condotto a una vera e propria “afasia costituzionale”, come a suo tempo si è visto”. Perso il baricentro identitario, cristiano aggiungiamo noi, sono stati sommati ventotto Stati, una entità “succube non più tanto della potenza statunitense, che sembra ormai a sua volta consapevole di aver esaurito il suo ruolo, quanto dei “poteri forti” mondiali che non s’identificano né si esauriscono all’interno degli Stati, bensì vanno molto al di là di essi riducendo le classi politiche dei singoli Stati europei a loro “Comitati di Affari”.
Morale?
“Oggi il potere di queste associazioni a delinquere è cresciuto in maniera tanto esponenziale che è evidente quanto i singoli governi siano incapaci di gestire la politica se non in funzione degli interessi lobbistici. La distruzione dei continenti africano e latino-americano, l’impoverimento di massa, il flusso di migranti in Europa: questi sono i mali determinati dal malgoverno di questo iper-potere mondiale e ai quali l’Unione Europea non ha saputo porre rimedio”.
Riconoscere l’indipendenza a chi è stato unito con la forza
“Al fine di smantellare lo “Stato-nazione” culturale, basterebbe condurre il principio ideologico fondante alle sue estreme conseguenze: quelle di restituire voce alle nazioni “negate”, quelle che i processi di unificazione hanno sacrificato. Perché, se esistono una nazione còrsa, una nazione provenzale, una nazione bretone, una nazione biscagliese – che fra XIII e XVII secolo hanno contribuito a determinare la nazione francese cristiana –, non si vede perché oggi, nel quadro di un’Europa laica unitaria, a tali nazioni dovrebbe venir ancora negata la dignità di Stato, salvo poi rimanere parte di una nazione francese che si riconoscerebbe in una pluralità di Stati federati”.
L’Europa come confederazione di popoli
Sul modello elvetico, gli Stati aderenti all’Europa nuova dovrebbero secondo Cardini avere una’adesione confederale. E individua alcuni diritti:
· Il diritto di bandiera, cioè di governo;
· Il diritto di toga, cioè di sovranità giurisdizionale e legislativa;
· Il diritto di spada, cioè di organizzazione della difesa;
· Il diritto di moneta, cioè di gestione della sovranità monetaria.
“Dei quattro pilastri della perfetta società inquadrata in una realtà statale e sovranazionale, l’Europa di Bruxelles/Strasburgo, l’Europa della “falsa partenza”, o se volete la falsa Europa che c’inganna da oltre sessant’anni, ne ha soltanto due, e imperfetti: la “spada” che però è in mani altrui (USA-NATO) e la “moneta”, anch’essa in mani altrui (i privati nominati che gestiscono la Banca Centrale Europea). La “bandiera” è solo formale (àlgida bandiera stellata e Inno alla Gioia senza parole). La “toga” è embrionale e priva di strumenti effettivi”.
Perché, a questo punto, non dare la parola ai cittadini, ovvero “pretendere la convocazione in ciascuno degli Stati europei attualmente membri della UE di convenzione nazionale che sfoci in una Costituente Europea in grado di fondare e legittimare un organo di governo federale o confederale (un referendum europeo sceglierà la forma ritenuta più adatta) effettivo, dotato di reali poteri?”.
E nella pratica, per cominciare?
Il morto è davanti e noi e cammina. “Qui non si tratta di uccidere nulla e nessuno: si tratta di constatare un decesso. Quest’Europa… sta volando in pezzi… Quest’Europa che non si è mai curata di diventare una vera “casa comune” – come auspicava un quarto di secolo fa Michail Gorbaciov – perché in fondo ai suoi veri padroni interessava e bastava l’Eurolandia… quest’Europa che non ha mai avuto una politica estera comunitaria – e quindi una forza armata comunitaria indipendente, come auspicava con energico rigore il vecchio Schuman – e che si è messa beotamente a rimorchio di una NATO sorta per contrastare il “Patto di Varsavia” e pervicacemente sopravvissuta alla Guerra Fredda per diventare una ben dissimulata ma spietata e costosissima forza d’occupazione dell’esercito degli Stati Uniti che ci ha trascinati nelle avventure balcanica, afghana e irakena”.
I compatrioti del piffero
“Quest’Europa che non vuol aiutarci a garantire nel suo stesso interesse l’equilibrio e la sicurezza nel Mediterraneo non ci appartiene e non ci merita… O il mostriciattolo mangiasoldi e sputadecreti cambia rotta e si decide a fare il suo dovere nell’interesse di tutti gli europei, o l’Italia sbatte la porta senza salutare. E, badate messieurs e meine Herren, noialtri siamo un grande paese industrializzato e al centro strategico del Mediterraneo: non siamo, con tutto il rispetto per i greci e i serbi, né la Grecia, né la Serbia. Se l’Italia se ne va, il castellaccio di carte che vi piace tanto crolla. Meditate, cari compatrioti europei del piffero: meditate.
D’altronde, appunto, questa potrebb’essere proprio la strada. Ogni fine è un principio. Se il primo colpo di piccone dovesse darlo l’Italia, perché no? Nell’ipotesi però dell’avvìo di un’immediata ricostruzione. L’Europa è morta: viva l’Europa”.