di Robert Schuman – Non si tratta di fondere gli Stati associati, di creare un super Stato. I nostri Stati europei sono una realtà storica. Sarebbe psicologicamente impossibile farli sparire. La loro diversità poi è una fortuna, e non vogliamo né livellarli né renderli uguali. La politica europea per noi non è assolutamente in contraddizione con l’ideale patriottico di ciascuno di noi. Tutti i Paesi europei sono stati impregnati dalla civiltà cristiana. È questa l’anima dell’Europa che occorre far rivivere. Che questa idea di un’Europa riconciliata, unita e forte, sia ormai la parola d’ordine per le giovani generazioni che desiderano servire un’umanità finalmente libera dall’odio e dalla paura e che impari di nuovo, dopo troppe lacerazioni, la fraternità cristiana. L’Europa ha dato all’umanità il suo pieno compimento.
È lei che deve mostrare una via nuova, invece della schiavitù. Accettando una pluralità di civiltà in cui ciascuna sia rispettosa delle altre. Non siamo, non saremo mai negatori della patria, dimentichi dei doveri che abbiamo nei suoi confronti. Ma al di sopra di ogni patria riusciamo a distinguere sempre più nettamente che esiste un bene comune, superiore all’interesse nazionale, quel bene comune nel quale gli interessi individuali dei nostri Paesi si fondono e confondono. In un’epoca in cui tutto è in fermento, bisogna saper osare. È meglio provare che rassegnarsi, la ricerca della perfezione è una scusa meschina per non agire (dall’intervento al Primo parlamento europeo il 19 marzo 1958).
Bisogna che ci rendiamo conto che l’Europa non può limitarsi, alla lunga, ad una struttura meramente economica. Occorre che essa diventi anche una salvaguardia « per tutto ciò che rende grande la nostra civiltà cristiana: dignità della persona umana, libertà e responsabilità dell’iniziativa individuale e collettiva, dispiegamento di tutte le energie morali dei nostri popoli. Una missione culturale così sarà il necessario complemento e il compimento di un’Europa che finora ha avuto come fondamento la cooperazione economica. Essa le darà un’anima, una nobilitazione spirituale e un’autentica coscienza comune. (da “È troppo tardi per fare l’Europa?”, in “Quale Europa? Ricerche e dibattiti”, n. 22, Fayard, Parigi 1958).