di Mario di Maio – Già nel 1993, Giancarlo Pagliarini, al!ora ministro del Bilancio, sottolineava le difficoltà di gestire il nostro debito, non solo elevato, ma strutturalmente caratterizzato in gran parte da spese insopprimibili, dovute in prevalenza alle retribuzioni nel “Pubblico”, e quindi fatalmente destinate ad aumentare in assenza di interventi drastici e inoltre improponibili se non altro per ragioni sindacali.
Ma Prodi e Ciampi ( l’amico dei nostri conti correnti) nonostante le perplessit’ in particolare di Amsterdam e Francoforte, imponendoci una finanziaria da novantamila miliardi di lire, ci hanno fatto adottare l’euro. Per l’ occasione hanno anche risfoderato un argomento in perfetto stile andreottiano, sostenendo che uno dei Paesi fondatori della Comunità Europea non ” poteva ” restar fuori della moneta unica: in parole povere temevano di far brutta figura .
Tutto sommato poteva anche andare peggio, ma la struttura economica del Nord sostanzialmente fin’ora ha tenuto, anche con ottime performances di singoli territori, mentre il Sud continua penosamente ad arrancare, e pertanto siamo tuttora esposti a diktat e ricatti da parte U.E. e “dintorni”.
Ma se l’euro non si tocca e l’unita’ d’Italia non si tocca, perché non è possibile concedere a tutte le Regioni svantaggiate del Vecchio Continente l’utilizzo ragionevolmente temporaneo di una moneta ” di appoggio “?