di FABRIZIO DAL COL
Tanto tuonò che piovve il golpe. Più volte, proprio su questo giornale, ho scritto di riforma della legge elettorale e del rischio di un ricompattamento dei partiti che, grazie alla stessa, si sarebbe poi inevitabilmente avverato. Ricordo altresì di aver scritto proprio pochi giorni orson, un articolo dal titolo “Un Monti bis ? Il refugium peccatorum dei partiti e dei politici bolliti ” nel quale denunciavo un tacito accordo raggiunto tra le forze politiche all’insegna del detto: “per il bene del paese”. Ci mancavano le dichiarazioni del presidente del Senato Schifani a complicare ulteriormente la già precaria situazione, dichiarazioni rilasciate alla Stampa proprio alla vigilia di un accordo ancora non siglato tra i partiti e che hanno letteralmente terremotato, quella già precaria e traballante comunione di intenti che ora invece rischia di saltare del tutto. Infatti il presidente del Senato ha detto “ce la sto mettendo tutta e ce la facciamo, altrimenti Grillo dal 30 va all’80%” e così sono emerse anche quelle verità che fino a ieri erano state abilmente nascoste da tutti i partiti. Affermazioni, quelle rilasciate da Schifani, che fanno capire su quale criterio stessero lavorando i partiti per trovare l’accordo.
L’esponente del Pdl, maldestramente e forse in buona fede, con le sue parole, ha fatto intendere che ciascuno dei partiti avrebbe dovuto rinunciare a qualcosa con il fine, comodo a tutti i contraenti dell’accordo, di evitare che il comico genovese raggiungesse l’obbiettivo di portare in Parlamento un nutrito gruppo di deputati, capace di scompaginare poi la gestione dei meccanismi di potere che dalla prima Repubblica ad oggi, sono riusciti a sopravvivere grazie agli equilibri della convenienza reciproca. Infatti con il 42,5 % , soglia minima oltre la quale è stato previsto il premio di maggioranza per la coalizione che vince le elezioni, si garantirà da un lato a tutti che nessuna coalizione potrà vincere e dall’altro la sopravvivenza ai partiti bisognosi di salvarsi. Contemporaneamente si impedirà al M5S di Grillo di governare nel caso in cui vincesse le elezioni.
Ma sarà proprio così? E se il caso volesse che il M5S le elezioni le vincesse veramente, che cosa accadrebbe? Il movimento di Grillo non fa parte di nessuna delle coalizioni e tanto meno ha deciso di farne parte attraverso alleanze spurie (vedi Italia de Valori ), ragion per cui se dovesse veramente vincere e superare quel 42,5 % necessario a conseguire il premio di maggioranza, non potrebbe poi ottenerlo in quanto lo stesso spetterebbe solo alla coalizione vincente e non ad un singolo partito come sarà destinato a rimanere quello di Grillo. Ciò comporterebbe che non facendo parte di nessuna coalizione, Grillo e il M5S non potranno esercitare il requisito necessario previsto dalla legge elettorale, per conseguire quel premio di maggioranza necessario a governare da solo.
Il comico genovese non ha tergiversato e, comprendendo tutto ciò, ha sparato accuse sui partiti e i loro padrini europei, rei a suo dire di voler attuare un golpe politico per boicottare il suo movimento. Alla luce di tutto ciò, appare evidente quale sia la via maestra intrapresa dai partiti, oggi coalizzati in un unico interesse, per superare l’ostacolo Grillo e salvare se stessi. Ciò nonostante Grillo non rimarrà di certo immobile a guardare l’evolversi della situazione e, conoscendo bene le capacità organizzative del suo movimento, potrebbe ora sfruttare a suo favore, con la mobilitazione di tutte le piazze e il coinvolgimento dei cittadini, l’errore commesso dai suoi avversari. Se la legge elettorale non sarà nel frattempo modificata, non sarà nemmeno da escludere l’ipotesi che il M5S organizzi un presidio costante davanti a Montecitorio, presidio che inevitabilmente diverrebbe per i partiti il simbolo definitivo della loro disfatta.