Le profezie di Miglio

di VITTORE VANTINI*

Si è tanto scritto e detto su Gianfranco Miglio che potrebbe sembrare una ridondante “rimasticatura” tornare a parlare di lui. Ma, riprendendo in mano vecchie riviste di cultura e politologia, ho ritrovato un’ intervista del Professore, rilasciata agli inizi del 2001 a Ideazione e pubblicata nel numero di Marzo/Aprile del medesimo anno. Era intitolata: “Oltre lo stato-nazione, verso l’Europa delle città” e conteneva in forma stringata la summa del pensiero di Miglio.

Innanzitutto veniva raccontata la mutazione del suo pensiero, passato dall’ammirazione dello stato moderno, quello che Carl Schimitt definiva “La superba costruzione del genio politico europeo”, a una critica severa e progressiva, spogliando – per così dire – lo stato moderno dalle sue vesti ideologiche delle quali è sempre riuscito ad ammantarsi. Miglio aveva compreso che la sua genesi, i veri fini, la sua forma strutturale, in una parola “la sua natura” era quella di fare la guerra. Perchè tutta la struttura finanziaria di uno stato era volta a trovare mezzi per le finalità belliche dei sovrani. Il superamento di questo tipo di stato è ben rappresentata dalle sue parole al riguardo: “Mi è parsa evidente la matrice teologica-assolutistica dello stato, sempre più incompatibile con l’odierno processo di laicizzazione della politica, con la diffusione del pluralismo e dell’individualismo”. In sostanza il Professore andava rigettando totalmente la “reductio ad unum”, fattore omogeinizzante dello stato tradizionale , contrapponendola alla valorizzazione e difesa delle differenze. Il XXI secolo sarebbe stato l’epoca della progressiva scomparsa dello stato, così come si era affermato negli ultimi quattro secoli.

E affermava ancora: “Declineranno una dopo l’altra tutte le grandi strutture istituzionali, che hanno caratterizzato il nostro paesaggio politico. Ad esempio è destinato a scomparire il Parlamento su base nazionale, non solo incapace di produrre efficaci soluzioni, ma continuamente scavalcato sulle questioni politico-economiche più importanti da organismi esterni. E verranno meno i Parlamentari, queste figure ottocentesche – un po’ noiose e arroganti – che continuiamo ad immaginare come protagonisti necessari. I grandi partiti di massa sono ormai un ricordo, sostituiti da aggregazioni di interessi, nelle quali non conta più l’ideologia ma il carisma dei capi e l’uso scientifico della propaganda”.

Dichiarava inoltre che le Costituzioni avrebbero necessariamente dovuto cambiare di significato. Da oggetto sacrale e religioso intoccabile a strumento variabile di generazione in generazione. Non più intangibile, ma cornice per tutta una serie di “leggi particolari”, finalizzata a risolvere i problemi evenienti di una comunità. Uguale sorte per i confini, non più limiti invalicabili, ma anzi aree di incontro e d’interesse. Individuava anche due cambiamenti sostanziali, che, intaccando la matrice dello stato, ne determinavano il deperimento prima e la scomparsa poi: l’impossibilità oggi di azioni belliche e la scomparsa della classe dei burocrati e dei funzionati dello stato, cioè della struttura amministrativa tradizionale.

Bellissima questa sua proposizione: “Quanto alle pletoriche burocrazie statali, alle decine di migliaia di funzionari di ogni livello che rappresentano lo stato sul territorio, che ne esprimono la ramificazione e la pervasività – soprattutto con la loro crescita abnorme e inarrestabile in Paesi ultracentralizzati come l’Italia – , a renderle sempre più superflue sarà l’avanzata dei processi di automazione, la quale renderà inutile ed economicamente insopportabile la mediazione tra la sfera politica e le istanze dei cittadini. I titolari di cariche pubbliche e di rendite politiche faranno una fatica d’inferno a giustificare e a legittimare le loro prebende”.

A giudicare da quello che sta avvenendo in Italia è indubbio che le profezie di Miglio si stanno avverando e ciò dovrebbe dare ulteriore spinta – in una intelligente comunione di intenti – a tutti quegli indipendentisti che vogliono fare concretamente qualcosa, non limitandosi alle sterili accademie o alla stupida affermazione egocentrica del proprio io. I vaniloqui e le perdite di tempo lasciamole ai politici di professione e ai parassiti al seguito.

*Unione Padana Brescia

Print Friendly, PDF & Email
Articolo precedente

Calabria in fiamme e forestali. Bernardelli: Piromani, mafia e Italia fuori controllo, tanto paghiamo noi

Articolo successivo

Covid, 8 posti di lavoro persi su 10 sono autonomi