Le malebolge di Palazzo Chigi

GOVERNO2di Cassandra

Luogo è in inferno detto Malebolge
tutto di pietra di color ferrigno,
come la cerchia che dintorno il volge…

Di qua, di là, su per lo sasso tetro
vidi demon cornuti con gran ferze,
che li battien crudelmente di retro…

Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco
che da li uman privadi parea mosso…

Ogni tanto fa bene rileggere Dante,  per dare l’idea di quello che sia la Roma di governo e attorno al governo. Il che significa anche nelle colonie nordiche dell’impero: un mare di cose indefinibili. Sì, chiedere e concedere favori, mai passare per il popolo sovrano. I governi non cadono mai, si riciclano e si invertono gli ordini dei fattori, e avanti.

Eppure, persino il papato è a termine e la Chiesa, mastodontica macchina in lento movimento, è arrivata a definire e fare prima del Parlamento e del Governo quello che si attende la gente: cambiare se cambiano i tempi. Persino il diritto canonico prevede la pensione a 75 anni per i vescovi. Per i politici, non c’è limite ma solo diritti.

Se il tabù del papato a termine ha vacillato per lasciare spazio a quel che è accaduto, perché non vacillano i leader dei partiti italiani? Con una disoccupazione al 40 per cento, sono solo capaci di dimettersi per finta, di votarsi la fiducia e di andare avanti.

Persino papa Ratzinger, in tempi non sospetti, scrivendo ad un patriarca della chiesa ortodossa, rimetteva in discussione in tale senso il ministero petrino.

La politica, invece, resta solo un mistero.

Rivedere il principio delle dimissioni voleva dire arrivare ad una più ampia comunione tra cattolici, protestanti, ortodossi. Traslando il principio, una politica capace di non essere imperiale, capace di dimettersi quando è al capolinea, può dialogare con altri, diversi, con diversi modi di gestire casa propria. Paradosso dei paradossi, è più federale la chiesa che è universale, che Roma, solo preoccupata di schiacciare e controllare col ministero dell’indissolubilità di un governo. Neanche fosse un sacramento giurare per Palazzo Chigi, come un matrimonio tombale.

E questo sarebbe il governo per il quale, mesi fa, le forze del Nord hanno dato chi il voto, chi poi il pollice verso, solo perché non erano più a Palazzo Chigi?

Se leggiamo poi le cronache di qualche tempo fa, ad esempio del governo Letta, si possono sovrapporre i fatti di ieri con quelli di oggi.

The Times: “Berlusconi appoggia la coalizione italiana in un drammatico dietrofront”, sottolineando come “l’umiliante voltafaccia significa che Berlusconi ha effettivamente perso il controllo del suo partito”.

Infatti, Alfano tradisce. “Retromarcia di Berlusconi nel suo tentativo di far cadere il governo”, per l’Independent; per il Financial Times è la “Vittoria di Letta al voto di fiducia”,   l’Italia si è salvata dalla crisi dopo il dietrofront all’ultimo minuto di Berlusconi. Il quotidiano della City dedica un approfondimento ad “Angelino Alfano, il fedelissimo di Berlusconi che ha ‘tradito’ il suo mentore”, citando il titolo de Il Giornale. Negli Usa, il New York Times scrive: “Passo indietro di Berlusconi nella crisi politica italiana”. Silvio Berlusconi, che aveva promesso di far cadere il governo di coalizione, ha cambiato posizione, consentendo al premier Enrico Letta di conquistare agilmente il voto di fiducia. La situazione italiana è in primo piano sul Wall Street Journal, che scrive: “Letta ha ottenuto il voto di fiducia”. Tuttavia, aggiunge il quotidiano Usa, “Il sipario non cala sul dramma italiano”, perchè la ritrovata stabilità non cambia la necessità di un cambiamento strutturale di lungo perioso in ambito politico e aziendale. Infine, l’agenzia di stampa Usa Bloomberg si chiede: “E’ la fine di Berlusconi?”.

Oggi possiamo sostituire a piacere i nomi e i cognomi e scoprire che nulla cambia. Roma, matrona.

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