di ROMANO BRACALINI
Il dominio finanziario del mondo, che sembra affermarsi sulle vecchie regole della politica, assomiglia all’epoca in cui sulla volontà dei singoli popoli, sulla sovranità dei singoli territori, riuniti con la forza e il sopruso, si abbattè la calamità degli Stati-Nazione che ridussero la volontà popolare e le libertà civili a vuota espressione. Da quel momento l’Europa non avrebbe più distinto tra democrazia e dittatura, distinzione puramente lessicale. Oggi in Italia il cittadino-suddito è schiavo dello Stato come lo era sotto il fascismo, che aveva soppresso le libertà costituzionali, di cui gli italiani, per la verità, hanno sempre fatto a meno. Non eravamo liberi sotto il fascismo, non lo siamo sotto questa pseudo democrazia italiana, in cui la sola libertà concessa è quella di rubare. Esercizio in cui gli italiani sono sempre stati insuperati maestri.
Le elezioni spesso non cambiano nulla: Bersani-Monti o Renzi o Berlusconi, l’Italia resta sempre ostaggio della oligarchia partitica: in apparenza nuova ma con tutte le sembianze del vecchio. Nel 1981, in una intervista alla Repubblica, Enrico Berlinguer, segretario del PCI, dichiarò: ”I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta i più loschi”. I partiti, proseguiva Berlinguer, hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti di previdenza, le banche (vedi MPS), le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la RAI-TV, alcuni grandi giornali. Non si fosse chiamato Enrico Berlinguer, gli avrebbero dato del qualunquista. I partiti del malaffare, cui alludeva il segretario comunista, erano anzitutto la DC, il PSI, il PSDI. La morte prematura avrebbe evitato al povero Berlinguer di vedere il suo PCI unirsi al banchetto. Rubare in Italia è il tratto comune a tutte le epoche. Rubano i partiti, rubano i politici. Si direbbe che non fanno altro, non trovando il tempo per fare le riforme. Di conseguenza il vecchio Codice Rocco fascista è ancora in vigore; ed è ancora in vigore il reato di vilipendio, reato che nei paesi civili non esiste.
Così va in galera chi brucia il tricolore o offende il capo dello Stato o un pubblico ufficiale, esattamente come sotto il fascismo. In Inghilterra la regina è difesa dalla legge comune, esattamente come l’ultimo dei suoi sudditi. Sotto l’impero asburgico il reato di vilipendio non esisteva. Regina e imperatore erano uguali davanti alla legge. Nei tribunali italiani campeggia la scritta mendace: ”La legge è uguale per tutti”. Fosse vero non ci sarebbe bisogno di scriverlo.
Lo statalismo fascio-comunista domina incontrastato la repubblica che ha ereditato gran parte del suo peggior passato. Il felice vincolo del malaffare lega l’Italietta di ieri alla repubblica ladrona di oggi. Per la verità nemmeno gli italiani credono troppo nel valore dell’onestà che solitamente viene attribuita ai fessi, ma si illudono o fanno finta di essere migliori dei politici che li governano. Di conseguenza il Parlamento è un covo di ladri e meglio sarebbe chiuderlo o buttarci sopra un pitale, come raccomandava D’Annunzio che aveva la mania dei gesti eroici ma al riparo dai pericoli. Sempre sulla Repubblica, il 18 agosto 1986 (mancano quattro anni a Tangentopoli), Alberto Cavallari, scriveva: ”Quali conseguenze dobbiamo tirarne? La prima è senza dubbio di riconoscere che sapevamo già di essere avviati verso questa meta dato che negli anni Cinquanta uomini come Giuseppe Maranini ci avevano avvertito sul rischio “partitocratico” che correva un regime mancante di seria regolamentazione costituzionale del potere partitico”. In trent’anni si è passati dalle denunce al crollo del sistema. Ma i partiti non demordono, ad ogni tornata aumentano di numero, come per partenogenesi; meglio sarebbe dire per scissione dell’atomo vista la percentuale di parecchi di essi; con tutto ciò la vecchia oligarchia resta abbarbicata al potere sotto altre forme. Andare a votare? Sarebbe meglio andar via!