di FABRIZIO DAL COL
Ci mancava proprio la più classica delle barzellette, ovvero che il professor Monti da tecnico sopraffino qual è, decidesse di “commissariare” il suo governo. Egli infatti ha chiamato alla sua corte Enrico Bondi, ex risanatore della famosa azienda Parmalat, dai più ritenuto un vero e proprio guru dei tagli alla spesa, in qualità di commissario ai ministeri. E’ bastato che i nodi arrivassero al pettine, ovvero che si arrivasse alla spinosa faccenda dei tagli drastici, per costringere il premier ad una decisione dalle sembianze di resa incondizionata. Oggi si può capire definitivamente che il presidente del consiglio, oltre che un tecnico, è certamente anche un arguto politico. Sono infatti più che mai evidenti le vere motivazioni che lo hanno indotto ad adottare, nella cosiddetta fase 1, le misure di solo tasse rivolte alla più vasta platea di contribuenti, perché dalla stessa si sono potuti incassare i maggiori introiti e dare così le risposte tanto attese dall’unione Europea. La giustificazione fondante di questa scelta? Il rischio che l’Italia avrebbe dovuto evitare, ovvero quello di finire nella stessa situazione greca.
Ora che si è passati alla fase 2, laddove si deve procedere ai tagli nella spesa pubblica, il professore con la nomina del commissario Enrico Bondi ha dimostrato di volersi estraniare proprio dalla situazione più delicata. Della serie, il governo ha rimesso in carreggiata il paese Italia (anche se il primo a non crederci pare sia proprio il premier) e se adesso, al fine di salvare l’Italia, non si vuole completare l’opera, la colpa non può ricadere sull’esecutivo. Ad analizzare bene le scelte fin qui effettuate, si nota come Monti alla fine sia forse più politico di tanti politici, e che la gestione dell’intera faccenda sia da ritenersi inevitabilmente e squisitamente politica.
Nel frattempo, complici anche i sondaggi negativi sul gradimento verso il premier, i mercati, l’Europa e forse anche il mondo intero, ci guarda sempre più con sospetto e preoccupazione. Tutta questa situazione potrebbe indurre coloro i quali ci hanno messo sotto osservazione a pensare che Monti non sia più in grado di gestire la fase che più li preoccupa, e a ben guardare forse qualche ragione ce l’hanno, visto che il presidente del consiglio in veste di consumato politico di area dorotea è riuscito a giocare la sua strategia politica in anticipo, e con la nomina del commissario Bondi si è pure tolto la responsabilità delle decisioni che ne scaturiranno. Tra non molto, quando apparirà del tutto evidente, e si manifesterà in tutta la sua gravità, che la spinta alla crescita è condizionata dai tagli alla spesa pubblica e a quella politica, allora si capirà l’origine delle sue scelte. Si comprenderà inoltre come la riforma del lavoro e dell’articolo 18 facessero parte integrande di uno schema preciso e fossero così necessarie e determinanti da essere approvati in tutta fretta. Sarà allora evidente che questi provvedimenti saranno il grimaldello per arrivare ai licenziamenti nel pubblico impiego. A mio modo di vedere il premier sapeva che saremo dovuti arrivare a questo punto, e non intendendo assumersene le responsabilità, con una tattica degna dei politici che ci hanno portato allo sfascio, sta attuando in modo pilatesco la sua exit strategy. In sostanza, se si verificasse tutto ciò, ancora una volta dimostreremo al mondo intero che il decidere “di non decidere” è la nostra sola stella polare.