Le cinque Italie e il loro triste epilogo

di SERGIO SALVI

Politici e giornalisti si riempiono la bocca con la parola Italia, così come nell’immediato dopoguerra ci si riempiva, da ragazzi, la bocca di chewing gum. L’Italia è infatti, come la gomma da masticare, qualcosa di elastico e di sfuggente, perlomeno al gusto di quei pochi che vogliono vederci chiaro. Essa ci sfugge soprattutto come localizzazione territoriale. Una conoscenza, pure sommaria, della storia, ci propone infatti almeno cinque riferimenti geografici diversi: una verità che la scuola (e la storiografia) di stato non prendono nemmeno in considerazione, se non ai loro livelli accademici più alti e più chiusi, destinati premeditatamente a non raggiungere mai l’opinione pubblica. Vediamo allora di informarci in proposito.

Italia anno zero

La parola Italia fu coniata, sulla base di un incerto toponimo locale, dai greci. I greci si espansero, con le loro città-stato, a partire dell’VIII secolo a.C., di là dallo Ionio, dall’estrema punta meridionale della penisola italica fino all’allineamento Cuma-Taranto, raggiunto nel IV secolo a.C., e contribuirono a forgiarne la facies culturale. Agli italici autoctoni si aggiunsero così gli italioti, i discendenti dei coloni greci, che non erano detti così perché erano idioti, come molti leghisti suppongono, ma per la stessa ragione per la quale gli abitanti di Cipro sono chiamati ciprioti.

Parallelamente all’Italia dei greci si formò la Sicilia greca (i cui abitanti erano detti siccilioti) considerata una terra diversa dall’Italia dai loro stessi coloni ellenici.

Purtroppo, l’Italia greca, espandendosi sul continente, venne a contatto con la potenza imperialista di Roma, saldamente insediata nella penisola, e venne inglobata mediante l’estensione delle colonie romane diffusesi a macchia di leopardo nel sud della penisola.

Italia 1

Ma Roma fece di più e di peggio. Prese dai greci il nome Italia, se ne appropriò e lo usò per designare il territorio via via conquistato nell’intera penisola appenninica: un territorio che raggiunse, all’inizio del I secolo a.C., l’allineamento Arno-Rubicone. Questo è il primo modello di Italia, perlomeno di quella ufficialmente chiamata così. Il “Nord” di Maroni non ne faceva parte. L’Italia verace era più a sud.

Fuori da questa Italia, vennero istituite da Roma, che non rinunciava ad estendere il suo dominio, alcune vaste “province” (corrispondenti alle colonie quali abbiamo conosciuto durante i secoli appena trascorsi) che non erano “Italia” ma “estero”. Rispetto all’Italia-stato di oggi, erano colonie la Sicilia, la Sardegna con la Corsica e infine la Gallia Cisalpina. La Gallia Cisalpina, che corrisponde più o meno alla Padania di oggi, eretta in provincia attorno all’82 a.C., era chiaramente, allora, una non-Italia: una colonia di Roma. Il suo nome, ufficiale, la designava semmai quale estensione di una Gallia di là dalle Alpi: quella transalpina, appunto. Una grande Gallia, di qua e di là dalle Alpi, e una piccola Italia, confinata nella penisola vera e propria, sotto gli Appennini. Tutto questo è relativo ai nomi e non ai popoli raccolti entro i loro confini (dei quali parleremo un’altra volta).

Italia 2

Nel 42 a.C. apparve il secondo modello d’Italia. La Gallia Cisalpina venne “promossa” e annessa all’Italia romana. Le province di Sicilia e di Sardegna-Corsica ne rimasero, invece, fuori. Nonostante questa “pesante” esclusione, è proprio questo secondo modello d’Italia che è stato preso quale primo e autorevole esempio di unità “nazionale” cui ispirarsi. È l’Italia augustea, divisa in 14 regioni col conseguente smembramento della Gallia Cisalpina (accresciuta ad est) in Liguria (che arrivava a Torino), Transpadania, Venetia et Histria ed Aemilia (la Cispadania). I guai di oggi iniziarono allora.

Italia 3

Ma la storia fa brutti scherzi. Meno di tre secoli dopo, nel 297, Diocleziano allestì il terzo modello di quel territorio che era ufficialmente considerato Italia. Vi aggiunse non solo la Sardegna-Corsica e la Sicilia (per la prima volta “italianea”) ma anche l’intera Rezia, che era una vasta provincia transalpina, e la metà occidentale di un’altra provincia: la Pannonia, anch’essa chiaramente di là dalle Alpi. La storia e la geografia si complicarono terribilmente e gli attuali storici di stato non si raccapezzano più. L’Italia non è più circondata dal mare e dalle Alpi ma si estende molto al di là (anche se in alcuni punti non arriva ancora fino alle stesse Alpi ma si rannicchia prudentemente al di sotto).

Italia 4

Ma le palle non stavano ferme. Nel 326, meno di trent’anni dopo, nacque infatti il quarto modello di Italia. L’Italia precedente era nel frattempo divenuta una diocesi dell’impero, ormai smisurato, chiamata “italiciana” in quanto il termine “italico” appariva limitato e ristretto. Fu divisa in due vicariati, conosciuti coi nomi di Italia e di Roma. Il paradosso fu che proprio l’ex Gallia Cisalpina (con Rezia e Pannonia) prese il nome di Italia (talvolta seguito dall’attributo “annonaria”), rovesciando così ogni premessa terminologica. La penisola, cioè l’Italia dei greci, aumentata dalle posteriori conquiste romane fino agli Appennini, fu retrocessa alla funzione “suburbicaria” e divenne così il grande sobborgo dell’urbs, cioè di Roma. Allora i veri “italiani” erano gli antenati dei padani. Tutti gli altri erano soltanto romani. Ci fu un vero rovesciamento di senso di cui colpevolmente non si tiene conto.

La capitale imperiale fu trasferita a Milano, dove risiedettero l’imperatore e il governo. Roma si trasformò in una sorta di capitale morale e parassitaria e mantenne la sede del senato. Questo dice la storia e i padani farebbero bene a farci un pensierino sopra.

Arrivarono poi Odoacre e Teodorico e avvenne di conseguenza la riconquista bizantina del VI secolo: Sardegna e Corsica passarono all’Africa e la Sicilia a Costantinopoli, ma il nord e il sud dell’Italia di Augusto vennero, sia pure per pochi anni, ricompattate.

La distrettuazione romana fu azzerata dai longobardi, che stabilirono nel 572 il loro regno in Italia (quella annonaria) ma lo chiamarono Regnum Langobardorum e non d’Italia. La stessa parola “Italia” cadde in disuso e venne dimenticata. Verso la fine dell’VIII secolo, un glossario redatto nell’abbazia di Reichenau, faro culturale dell’Europa di allora, definì “Italia”, parola divenuta misteriosa, col termine conosciuto di Longobardia.

Italia 5

Quando Carlo Magno, nel 774, conquistò il regno longobardo, ne mantenne il nome e si definì rex Francorum et Langobardorum. La reminiscenza storica riaffiorò lentamente e una più diffusa conoscenza dei classici fece sì che, più di un secolo dopo, nell’888, l’imperatore carolingio Carlo il Grosso incoronasse Berengario rex Italiae anziché Langobardiae. Naturalmente, questa Italia tornata ad affacciarsi sul palcoscenico della storia, era la stessa “Italia” dell’ormai lontano vicariato sorto nel 326. Il sud le sfuggiva completamente e così Sicilia e Sardegna. Questa Italia ufficiale, incardinata formalmente nel regnum omonimo, ebbe varie e contrastate vicende ma durò fino al 1556, quando fu ibernata (privata di un re proprio) da Carlo V, imperatore.

Il Mezzogiorno e la Sicilia erano del resto stati raccolti, nel 1130, in un diverso regno, il regnum Siciliae e continuavano a non appartenere formalmente all’Italia di allora (e di molto dopo).

A quei tempi, perché uno “stato” fosse riconosciuto dal diritto internazionale di allora, doveva essere stato eretto in “regno” dall’imperatore e/o dal papa. Solo così poteva possedere un nome ufficiale e un territorio legale, designato con quel nome. Ed è su questa traccia che noi ci interroghiamo sul significato di “Italia” lungo l’arco dei secoli. Trascurando la tradizione del tutto letteraria che fa dell’Italia ex romana un tutto, tanto eterno quanto indelebile, che fu alla base del risorgimenti in barba alla storia..

Ironia della sorte, si formò in questo momento l’attributo “italiano” che fu un calco di “siciliano”. Prima di allora, i documenti parlavano di italus, italicus e italiensis ma non di “italianus” (parola che in latino, la lingua della cancelleria, non attecchì mai).

Diremo anche che il regno di Sicilia inglobò nel 1265 l’informale regno delle Puglie inventato dai normanni (l’odierna Italia meridionale) che fu detto Sicilia citeriore. Papa Clemente IV parlò nell’occasione di Due Sicilie. La disputa tra angioini e aragonesi portò alla separazione istituzionale della Sicilia ulteriore (l’isola di Sicilia) dalla citata Sicilia citeriore, che diventò il regno di Napoli. Nel 1816, la nuova dinastia borbonica riunificò i due regni, già abbinati dagli aragonesi,  e ripristinò il nome ufficiale di regno delle Due Sicilie. Soltanto alcuni intellettuali pensavano che si trattasse di una parte di quell’Italia romana d’antan ormai politicamente e terminologicamente scomparsa, che i loro cuori avevano immotivatamente risuscitata.. Ma si trattava di ben altro regno e di ben altra nazione. Augusto e Diocleziano non servivano più quali fornitori di alibi.

Era intanto comparso, sull’attuale territorio dello stato italiano, anche il regno di Sardegna, istituito nel 1297 ma assegnato alla Corona di Aragona e inserito in un contesto spagnolo. Solo che questo regno finì, nel 1720, al duca di Savoia e di Genova, conte di Aosta e di Nizza, marchese di Saluzzo e del Monferrato, principe di Piemonte e troppe altre cose, che lo inserì in un contesto politico e culturale considerato, magari col senno di poi, italiano.

Vicende ulteriori di un nome sputtanato

Il regno d’Italia fu riesumato da Napoleone, nel 1805, che ne divenne il re. Escludeva, ancora una volta, il Mezzogiorno. Ancora una volta, ciò che oggi si chiama Padania si palesava come l’unica Italia di nome e di fatto, anche se aveva perduto la parte occidentale divenuta… Sardegna. Il paradosso, oggi dimenticato, durava ormai da dieci secoli. Non è un caso se, come emblema del suo regno italico, Napoleone cingesse la corona ferrea dei re longobardi.

Quando, nel 1815, gli austriaci si impossessarono di quel regno, lo mantennero formalmente in vita, adottarono la corona ferrea quale simbolo di continuità ma decisero di chiamarlo regno Lombardo-veneto. Furono i Savoia a ripristinare il vecchio regnum Italiae (nel 1861), in maniera del tutto abusiva e fraudolenta, partendo dal loro regno di Sardegna e annettendosi il regno Lombardo-veneto e il regno delle Due Sicilie, di propria volontà e senza l’avallo di una autorità superiore riconosciuta.

Per la prima volta nella storia (anche se soltanto nel 1861), il Mezzogiorno e la Sicilia furono catturati da un regno “italiano”; un peccato e un reato di cui non volle macchiarsi nemmeno Federico II, re legittimo di entrambi i paesi (Italia e Sicilia), che avrebbe potuto farlo legalmente e senza sforzo alcuno. Solo che lui era lo “stupor mundi” mentre Vittorio Emanuele II appariva appena come un “horror mundi” nemmeno troppo efferato (un “horror vacui”, insomma).

Per concludere, esprimeremo una speranza che è anche un augurio: con la fine da molti auspicata dello stato italiano dovrebbe cessare di esistere anche un nome troppo ambiguo e contraddittorio, etichetta sbrindellata di un paese che non c’è, se non sulla carta (anche se costituzionale).

(da lindipendenza del giugno 2012)

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