di ENZO TRENTIN – Lo avevamo scritto poco più di quattro anni fa [http://www.miglioverde.eu/garbin-veneti-catalani-trentin/ ]: l’indipendentismo catalano è drogato. C’è una dicotomia tra le aspirazioni all’indipendenza che raccolgono circa il 50% dei favori popolari, e la cosiddetta classe dirigente che indipendentista lo è solo a parole, e per di più sta per essere travolta da scandali a non finire (e tutto accade mentre Artur Mas, l’ex presidente della regione spagnola della Catalogna, e’ stato interdetto dai pubblici uffici per due anni da una corte spagnola per aver tenuto un voto sull’indipendenza nel 2014, ndr).
Premesso che in Spagna la giustizia ha una fase istruttoria molto lunga, in estrema sintesi possiamo dire che siamo all’inizio di una serie di processi simili a quelli che si tennero a Milano agli inizi degli anni ‘90, e che sono passati alla storia con il nome di Tangentopoli.
Nella penisola iberica tutto trae origine dalla complessa rete di connivenze tra le varie forze politiche impegnate a trarre profitti e bustarelle attraverso la costruzione della stragrande maggioranza delle opere pubbliche edificate in questi ultimi decenni. Ecco allora che politici catalani che al massimo potevano essere ascrivibili al campo autonomista, si sono trasformati in indipendentisti. Ovvero, quando il potere centrale spagnolo ha cercato di agire da egemone, una parte dei partiti catalani ha materializzato una sorta di “avvertimento”, che potremo così banalizzare: noi catalani siamo impastoiati e dissoluti quanto lo siete voi “madrileni”. Se non ci consentite di continuare come fate voi, e se non ci “coprite”, noi ci mettiamo alla testa dell’indipendentismo. Il risultato finale è una finzione: quasi tutti i partiti politici catalani hanno continuato nel loro malcostume, ma intanto hanno pensato bene di cavalcare comunque l’idea dell’autodeterminazione.
Ecco allora che gli autonomisti hanno cercato di portare a casa pro domo sua («per la propria casa»; in altre parole il partito), il maggior profitto possibile legittimandosi con il voto popolare che voleva le riforme. Il bubbone è incominciato a scoppiare quando sono iniziate le crisi economiche (1992-2008) e non c’è stato più nulla, o quasi, da “succhiare”. L’unico fuori da questo coro è stato il partito Esquerra Republicana de Catalunya (Sinistra Repubblicana di Catalogna – ERC). Ma qui è bene chiarire che si tratta di un partito assimilabile al centrosinistra, e molto lontano dal comunismo. Sin dalla sua nascita (1931) è sempre stato indipendentista, presente nella regione della Catalogna. Esso si dichiara repubblicano, e sostiene l’indipendenza dei Paesi catalani (Països Catalans), ossia l’insieme delle regioni di lingua e cultura catalana: oltre alla Catalogna, il Paese Valenziano, le isole Baleari, la Frangia d’Aragona, lo stato di Andorra e la Catalogna del Nord (in Francia).
Così come in Italia tutto scaturì, nel 1992, dalle iniziali indagini dell’allora magistrato inquirente Antonio Di Pietro sul presidente socialista del Pio Albergo Trivulzio, Mario Chiesa, si avviò il processo di Tangentopoli, che sconvolse tutta l’Italia, tanto da far scomparire alcuni partiti politici. (In particolare, Chiesa, fu denunciato dall’imprenditore Luca Magni e colto in flagranza il 17 febbraio 1992 mentre intascava una tangente di sette milioni di lire imposta a una società di pulizie per un appalto da 140 milioni.) In Spagna ai giorni nostri – dopo circa nove anni di istruttorie – ha preso avvio una serie di processi che faranno venire al pettine molti nodi. L’ex presidente Salinas Altraforma Miguel Jiménez, durante la sua dichiarazione al processo del caso Palau de la Música [http://www.vilaweb.cat/noticies/dos-empresaris-reconeixen-que-el-palau-els-va-pagar-factures-de-cdc-2/ ] ha riconosciuto che il Palau era una sorta di collettore di bustarelle che triangolava con altre fondazioni, ma i soldi alla fine andavano al CDC (Convergència Democràtica de Catalunya), che successivamente per “ripulirsi” l’immagine fu denominato PEDECAT (Partit Democràtic Català).
Durante il processo del caso Palau, anche Juan Manuel Parra, direttore di Hispart, meglio conosciuto come Stereorent, ha spiegato che l’ex tesoriere della CDC Carles Torrent (morto nel 2005) riceveva il materiale audiovisivo per la campagna elettorale del 2004 e il Palau pagava. Si sono riscontrate anche fatture false emesse sempre dal Palau per lavori o servizi inesistenti, e addebitate a un gruppo di aziende connesse al CDC. Così, il Palau de la Música ha pagato 824.000 euro suddivisi in 13 fatture tra il 2004 e il 2008. Siamo solo agli inizi [http://www.lavanguardia.com/politica/20170312/42800038444/domino-palau-de-la-musica.html ], la confessione di Felix Millet (presidente del Palau) è un buon esempio di come il sistema funzionava, e ora ci si aspetta un effetto domino.
Giusto quello che ventilava il nostro intervistato di quattro anni fa (un veneto che vive a Barcellona oramai da venticinque anni): i leader di alcuni partiti catalani, allora autonomisti, si sono messi a capo dell’idea indipendentista (condivisa da circa il 50% della popolazione), alla maniera del pesce blennio.
Il blennio dai denti a sciabola, approfitta di un insolito programma di collaborazione vigente fra i membri di altre due specie. Questi formano una vera e propria squadra inseparabile, con alcuni esemplari della specie più piccola raccolti attorno a un grosso pesce. Il pesciolino fa da spazzino al pesce grande, che lo lascia avvicinare e perfino entrare in bocca per asportare funghi e altri parassiti che si sono attaccati ai denti o alle branchie. È un bell’accomodamento: il pesce grosso si trova liberato da parassiti dannosi, i piccoli ottengono un facile pasto. Ovviamente il pesce più grande normalmente divora qualunque altro pesce piccolo che sia tanto imprudente da avvicinarglisi, ma quando si avvicina uno degli spazzini, ecco che il grosso improvvisamente cessa ogni movimento e galleggia praticamente immobile a bocca aperta, in risposta a una danza ondulante che l’altro esegue mentre gli viene incontro. La danza è evidentemente il segnale che provoca la risposta di straordinaria immobilità del grosso pesce. Per il nostro blennio, questa diventa una comoda esca che gli permette di approfittare del rituale di pulizia delle due specie associate: si avvicina infatti al grosso predatore, imitando l’ondulazione della danza eseguita dallo spazzino, che produce automaticamente l’immobilità dell’altro e poi, coi suoi denti acuminati, gli strappa fulmineamente un pezzo di carne viva e schizza via prima che la vittima possa riaversi dalla sorpresa. C’è purtroppo un forte parallelismo con quello che succede nella giungla umana. Anche da queste parti ci sono profittatori come il pesce blennio.
Insomma, da parte di molti partiti catalani, l’idea di una Catalogna indipendente dalla Spagna, è solo una “distrazione di massa”. Essendo poi quasi tutti i partiti e i vari personaggi politici “foraggiati” – compresi alcuni che in Italia sono presentati come leader indipendentisti, con tanto di accesso alle strutture dell’UE – altro non sarebbero che i soliti Quisling che parlano, parlano, ma quanto ad azioni concrete… beh! Questo è un altro paio di maniche.
Si consideri l’ultra ottuagenario Jordi Pujol i Soley (nato nel 1930). Egli fu arrestato nel 1960 perché contestatore del regime di Francisco Franco e condannato a sette anni di reclusione, fu rilasciato due anni e mezzo più tardi, venendo immediatamente confinato a Girona. Nel 1974 fondò il partito Convergenza Democratica di Catalogna, del quale fu il primo segretario. A capo della coalizione Convergència i Unió, fu eletto presidente della Generalitat de Catalunya per la prima volta il 24 aprile 1980, per poi essere rieletto ininterrottamente nel 1984, 1988, 1992, 1995 e 1999. Si ritirò nel 2003, cedendo la leadership del partito ad Artur Mas.
Ebbene, Jordi Pujol – considerato il padre nobile dell’indipendentismo catalano – a un certo punto è accusato di evasione fiscale. Si sente in colpa, che non vuole però ascrivere ad “avidità”, ma solo a “paura, pigrizia, debolezza e leggerezza”. Questo in un documento, [http://cat.elpais.com/cat/2016/07/12/catalunya/1468346124_269910.html] pubblicato il 5 ottobre 2015. La magistratura ne prende atto, ma le procedure sono ancora nella fase dell’istruzione del processo, e già trapelano indiscrezioni agghiaccianti. Intanto, ça va sans dire, alle Cortes Generales il Partito Polpular ha modificato il procedimento d’istruttoria penale per evitare… etc. etc. Ovviamente siamo solo all’inizio di quella che potrebbe configurarsi come la “Tangentopoli” spagnola; vedremo se questa sortirà gli stessi effetti di quella italiana.
Che la corruzione in Spagna sia datata lo si rileva anche da un articolo da Davide Mattei del 02/11/2009 [http://www.ilgiornale.it/news/tangentopoli-affonda-spagna.html ] dove tra l’altro ha scritto: « Secondo un rapporto della procura Anticorruzione iberica citato ieri da El Mundo, solo nei 28 maggiori casi di corruzione scoperti negli ultimi 10 anni, sono andati in fumo per la collettività 4,15 miliardi di euro. Una cifra colossale, che rischia di essere davvero la punta dell’iceberg se si contano tutte le vicende non scoperte. Il giro di soldi sarebbe superiore a quello creato dal traffico della droga (calcolo dell’agenzia Reuters), ed in ogni caso è quasi il doppio del budget di ministeri come quello dell’Economia (2,8 miliardi) o dell’Industria (2,5).
La rabbia della popolazione è proporzionale alla numerosa serie di scandali scoppiati in quest’ultimo periodo (nel 2008 i casi di corruzione scoperti sono raddoppiati) e la fiducia degli spagnoli nella politica è crollata. Ultima a finire con le mani nel sacco è stata una banda che in Catalogna avrebbe sottratto 44,7 milioni di euro a tre comuni in differenti speculazioni edilizie illecite. In carcere sono finiti un ex deputato del Partito socialista, il sindaco socialista di Santa Coloma, e due ex membri del governo regionale all’epoca di Jordi Pujol. Il governo catalano, guidato da socialisti, verdi e dalla sinistra autonomista Erc, è stato toccato dallo scandalo per via del direttore dell’ufficio edilizia regionale, Emili Mas, che sarebbe coinvolto nella sparizione di 1,3 milioni di euro. In Catalogna lo scandalo segue quello del cosiddetto Palau de la Musica, dove un dirigente locale si sarebbe intascato almeno 20 milioni di fondi pubblici.»
Ciò su cui si può riflettere ora è questo: nei prossimi mesi sono convocati o annunziati sei referendum di autodeterminazione, e altri venticinque sono i “paesi” che invocano questo diritto per risolvere i conflitti; tuttavia gli attuali Stati europei non hanno alcun interesse a favorire la nascita di nuovi soggetti a scapito del controllo del loro territorio. La Gran Bretagna, a prescindere dagli esiti di un secondo referendum scozzese, probabilmente non favorirà le aspirazioni di questi ultimi, perché se lo facesse si troverebbe di fronte alle richieste degli irlandesi del nord, e dei gallesi. La Brexit, a questo proposito è ininfluente. Lo stesso dicasi per la Francia dove i còrsi sono alla guida della Collettività Territoriale di Corsica (CTC), e stanno deliberando leggi per arrivare all’indipendenza. In lista d’attesa ci sono poi i bretoni, gli occitani e altri ancora.
In ogni caso in Catalogna sicuramente chi si avvantaggerà elettoralmente sarà la Esquerra Republicana de Catalunya (ERC), ma questa non avrà la forza per dichiarare l’autodeterminazione, e allora si può forse capire l’atteggiamento di chiusura a qualsiasi trattativa del premier Mariano Rajoy. Infatti se tutti i politici sono più o meno coinvolti nella “Tangentopoli” iberica, è chiaro che coloro che “alzassero la testa”…
In Italia nessuno spaventa il “manovratore”, cioè la partitocrazia. In una mappa pubblicata qui: [http://www.vilaweb.cat/noticies/mapa-lautodeterminacio-es-posa-de-moda-al-mon/] è titolato: «l’autodeterminazione diventa di moda in tutto il mondo». Per il “Belpaese” è citata la Sardegna, e sappiamo che l’indipendentismo isolano non è effervescente come quello veneto, che nella predetta mappa nemmeno è considerato o citato.
Il referendum per l’autodeterminazione invece è fissato o annunciato a:
- Porto Rico: 1 Giugno 2017.
- Atalonia-C: Settembre 2017.
- Ossezia del Sud: prima della fine del 2017.
- Nuova Caledonia: 2018.
- Bougainville (Papua Nuova Guinea): 15 giugno 2018.
- Isole Faroe: 2018.
In Veneto, con Zaia, ci sarà un referendum consultivo per l’autonomia. Ai veneti (Tsz!) non resta che pregare: «…ma liberaci dal male. Così sia.»
In conclusione non troviamo di meglio che riproporre uno stralcio dalla lunga intervista fatta il 21 gennaio 2013 al “nostro“ veneto-catalano:
«Rimanendo alla questione veneta, lasciando per il momento i soggetti politici da un canto; solleciterei i soggetti culturali veneti ad agire da volano. Sono molte le associazioni culturali venete, e variegato è il loro campo d’interesse. Tuttavia quella che nel corso degli anni ha dimostrato grande vitalità e capacità organizzative, è Raixe Venete. Ottima la loro realizzazione annuale della “Festa dei Veneti” in quel di Cittadella (PD). Ho anche sentito dire che di recente Raixe Venete si è dichiarata disponibile alla funzione d’intermediatore tra il rissoso indipendentismo veneto. Bene, direi!»
Purtroppo sono passati oltre quattro anni, ma non abbiamo notizie di nessuna azione di Raixe Venete, né di qualche altro soggetto culturale, in tal senso. Manca a tutt’oggi la sostanza su cui decidere. È assente una credibile e innovativa proposta istituzionale, e soprattutto concertata a priori. Rimandando questa ad un imprecisato futuro non è consentito all’uomo qualunque, alla casalinga, al pensionato, all’imprenditore, di decidere. Infatti essi non conoscono i vantaggi che ricaverebbero dall’indipendenza.