La svolta nazionalista, vuoto leghista di cultura e scuola. Così il Nord verrà sempre dopo qualcuno…

CatalognaLombardiaVerticaledi STEFANIA PIAZZO – Per fare le rivoluzioni, servono gli eserciti. Soprattutto la consapevolezza di sè. Si impara a casa, si apprende a scuola. Ma senza cultura e istruzione che apre alla storia della propria appartenenza, il riconoscersi in un popolo, non c’è futuro che tenga. E’ così che si sbriciolano gli Stati. E’ così, diversamente se la greppia è piena di conoscenza e sapere, che ne nascono di nuovi, forti del coraggio di chi non accetta di essere omologato con la forza, con le guerre, con i plebisciti farsa.

 

La Padania non è nata proprio perché la consapevolezza non è mai entrata nel percorso di una cultura aperta alla riscoperta delle origini. Il Nord, se si preferisce il termine geografico cardinale, ha lo stesso destino. Possiamo dire che il fallimento culturale di un progetto è passato innazitutto dal vuoto progettuale della formazione, a cui la Lega non ha mai guardato con sufficiente attenzione. Istruzione, scuola, università non appartengono al progetto leghista. La Lega ne è allergica. Nel senso di smantellamento del loro status quo, di rinnovamento delle loro massonerie, dei loro centri di potere, ideologico innanzitutto. La Lega sulla scuola ha abdicato. E il Nord non ha mai avuto quel “premio” di maggioranza che gli spettava per il ruolo sociale di traino del motore nazionale. A rimorchio della cultura degli altri. La sinistra invece non è allergica, infatti ha governato nonostante se stessa.

Questa è la principale ragione del fallimento del progetto padano. Zero scuola zero titoli. A maggior ragione ora con la svolta nazionalista di Salvini, la scuola va bene così com’è. Omogenea, uguale per tutti. Difficile pensare ad una selezione della classe dirigente diversa dall’attuale. E’ la fine di tutto. Perché tutto, prima, passa dalla conoscenza.

Un interessante monito era arrivato tempo fa nel corso di una intervista di Catalogna Radio al teologo vaticano Krzysztof Charamsa, membro della Congregazione per la dottrina della fede, in visita a Barcellona.

Si leggeva che la Chiesa sta dalla parte dell’autodeterminazione dei popoli. L’unità a tutti i costi non è un bene morale. La Chiesa sta, a quanto si legge, anche con i catalani. Strano, anche perché di osanna da parte dei vescovi spagnoli non se ne erano forse sentiti. Poi, il teologo citava alcuni casi di legittima autodeterminazione. Quella, storica, degli Usa, poi la Scozia…, la Jugoslavia, la Catalogna e la Padania. Ma si soffermava proprio sulla Padania. Della Catalogna si sa che c’è la consapevolezza di una storia, di una identità, di una cultura, di una lingua.

Il Nord, la Padania, ha esigenze e ragioni preminentemente economiche, affermava il teologo. Non ha un’unità culturale tale da potersi erigere a nazione e quindi secedere. Gli diamo torto? La Lombardia, che ha aperto le porte a Napoleone e poi ai Savoia, infine a tutti i governi a cui la sua borghesia si è genuflessa o vi ha fatto accordi, non è altro che un volgo perduto come scriveva Manzoni. E non ha una classe dirigente che sappia rincorrere i ministri Prina di turno. Il Veneto poteva, alle ultime elezioni regionali, eleggere più di un consigliere ma è riuscito nell’impresa di raccogliere 100mila voti, divisi, e un solo consigliere regionale indipendentista. Ora la Lombardia si appresta a votare il referendum consultivo sull’autonomia differenziata.

Ma a differenziarsi sono subito le posizioni politiche. Il mondo indipendentista si fraziona sul metodo e sulla squadra. Insomma, che si può aspettare da un osservatore internazionale che parla per conto della Chiesa, il più importante stato estero, e che non è l’ultimo arrivato? La storia politica del Nord ci dice che non ha una classe politica coraggiosa e determinata e che l’amore per la propria identità è scaduto nella passione per altre ambizioni personali e politiche.

Forse la Lombardia, diciamo al gentile teologo, non è una nazione con un popolo cosciente di essere tale, ma essere saccheggiati e subire senza chiederne mai conto a nessuno sarebbe un grave peccato. La libertà non si acquisisce solo perché c’è una lingua comune. Che dovrebbero dire gli Usa? Liberarsi da un oppressore è un diritto inalienabile, e l’autodeterminazione non si eredita solo per cultura e storia. Ma anche per residuo fiscale. Poi, la storia c’è. Due Italie, e un Nord, o che lo si chiami come si vuole, che è certificato da Svimez, Istat, Bocconi e chi più ne ha più ne metta, con esigenze e bisogni diversi dal resto del Paese. Come per la Catalogna.

Quel che è certo è che le affermazioni della Chiesa sulla Padania, devono indurre a far riflettere la classe politica. “Non esistete, siete silenti”, sta dicendo lo stato più piccolo e più importante del mondo. Può un referendum come quello sull’autonomia lombarda, spezzare l’incantesimo?

Ed ecco il riassunto dell’intervista.

La dottrina della fede cristiana include il diritto di autoderminazione. Lo ha detto a Catalogna Radio il teologo ufficiale della Congregazione per la Dottrina della Fede in Vaticano, Krzysztof Charamsa, in visita a Barcellona. Membro della Congregazione per la Dottrina della Fede e  della Commissione Teologica Internazionale, Charamsa ha seguito la situazione politica in Spagna e Catalogna e si sarebbe espresso molto criticamente verso la posizione adottata dalla Conferenza Episcopale Spagnola quando affermò che partecipare al processo del N-9 fosse stato imprudente e inaccettabile.

Ed ecco un breve riassunto del colloquio radiofonico a cura del sito http://cristians.cat/.

La dottrina sociale cattolica difende il diritto all’autodeterminazione?

“Sì, la Chiesa dopo il Vaticano II ritiene che l’autodeterminazione è un diritto umano e  diritto delle nazioni all’indipendenza. Pace significa anche avere il diritto all’indipendenza.

La Conferenza Episcopale ha detto che la necessità di difendere l’unità dello Stato, è  morale.

“Si tratta di un valore cristiano, il 9 novembre ho visto la coda dei catalani al voto, ho visto il dolore e la sofferenza dei credenti…”.

Il Vaticano è informato di quello che sta succedendo qui? Il Papa è informato?

“Sono personalmente informato e il papa è certamente informato. Non so quanta coscienza c’è in Italia, magari dopo il 27 settembre la questione tornerà alla ribalta, per una casa comune in Europa”.

Il papa interverrà nel caso di scontro tra catalani e spagnoli?

“Papa Francesco parla sempre secondo la dottrina sociale della Chiesa, e penso che come ha detto in un’intervista, conflitti e divisioni preoccup. Questo è il caso una nazione che lotta per l’indipendenza, ma l’autodeterminazione va studiata caso per caso. Ecco cinque esempi: gli Stati Uniti, Scozia, Jugoslavia, Catalogna, La Padania. La Padania come paese indipendente sarebbe meglio finanziariamente indipendente all’interno di uno Stato, come è il caso della Catalogna. Ma ci si chiede se la Padania è conforme a tutti gli elementi necessari per avere una identità nazionale: Catalogna ha elementi chiari quali la storia, la cultura, la lingua, la letteratura, l’identità. Elementi necessari per giustificare una lotta per l’indipendenza e il cristiano ha il dovere di patriottismo per sostenere il diritto di decidere per l’autodeterminazione”.

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