di SERGIO BIANCHINI – La recentissima polemica sulla vicenda del docente assenteista e della preside che lo rimbrotta dimostra ancora una volta lo stato di paralisi dell’apparato duromollista della scuola. Un impianto organizzativo sbracato che produce anche mostruosità ma principalmente il malfunzionamento ordinario. L’indignazione , lo svergognamento pubblico esagerato e perfino di dubbia legittimità, contro la mostruosità è l’altra faccia dell’immobilismo sul terreno vero del buon governo.
Si, direi proprio che è una polemica deviante perché fa schierare tutti contro il superassenteista, cosa molto facile ma in fondo inutile perché se è esaurito o ha malattie vere non c’è niente da fare, ma non pone la questione della territorialità sia dei concorsi che del ruolo da sostituire alla dimensione nazionalità degli stessi. Quindi fanno tutti i rigoristi gratis.
Purtroppo non basta il desiderio, o l’ideologia del buon governo per governare bene. Certo Renzi sembrava avere una forte spinta per ridare smalto gestionale al ministero della scuola e all’apparato. Sembrava. Ma invece tutto è saltato. Ma è saltato non perché Renzi fosse un malandrino ma perché la cura dei mali scolastici e del paese richiede ormai forze gigantesche, idee chiare e semplici che però sono ancora indigeste alla grande maggioranza del mondo scolastico. Probabilmente Renzi capì di essere impotente già durante la consultazione preliminare sulla buona scuola e guarda caso il ministero fu affidato ad una persona così incapace che sembra impossibile possa essere arrivata così in alto. Del resto già da molto tempo la mancanza di volontà vera e di fiducia nel cambiamento è resa evidente proprio dall’elenco degli ultimi ministri da Monti in poi: Profumo, Carrozza, Giannini e da ultima Fedeli. Ed anche quest’ultima nomina dimostra la fine di qualunque volontà e capacità di cambiamento vero e di consegna della direzione al sindacato, che svolge il ruolo di tribuno della plebe da decenni con potere di veto su tutte le scelte scolastiche.
Renzi all’inizio aveva rotto col principio della concertazione e del placet sindacale e ciò mi era sembrato buono perché indispensabile. Ma il decisionismo di governo impone staff di governo capaci e decisi con idee chiare e dichiarate apertamente a priori.
Questo varrà per qualunque governo e qualunque ministro voglia davvero affrontare gli ormai sempre identici da decenni problemi della scuola.
Purtroppo in tutte le lamentazioni che leggo non c’è una vera proposta di governo. Ripristinare la governabilità nella scuola richiede a mio parere misure semplici e drastiche che nessuno osa dichiarare. Ad esempio quanti di coloro che si lamentano della supplentite di cui si parla da 40 anni sarebbero disposti a sostenere concorsi di ambito territoriale con ruolo fisso nell’ambito stesso ed abolizione dei trasferimenti nazionali e del ruolo nazionale?
Quanti sarebbero disposti a dare le supplenze in totale gestione ai presidi con utilizzo di enti esterni fornitori di supplenti temporanei?
Quanti sarebbero disposti a stabilire davvero le competenze minime di ogni annualità scolastica?
Quanti sarebbero disposti a ridurre il curricolo pesantissimo degli alunni per risparmiare risorse da dedicare al recupero?
Quanti sarebbero disposti a mettere in pagella il valore vero della competenza rinunciando al 6 politico pur mantenendo la promozione annuale quasi generalizzata?
Quanti sarebbero disposti ad aprire un dibattito vero sui libri di testo e sul loro rapporto con i programmi scolastici?
Potrei continuare. Per ora non sento voci adeguate alla necessità. Sento pianti inutili e polemiche sterili.
(da Il Sussidiario.net)