di STEFANIA PIAZZO – L’altra sera Matteo Salvini ha passato un’ora in buona compagnia delle reti Mediaset, a Matrix. Sarà anche stata tarda l’ora, le 23,30, ma Berlusconi non ha negato al segretario della Lega la visibilità politica. Alla fine, sta dimostrando di non voler perdere un pezzo di destra del centrodestra. Nonostante le bordate di Matteo sempre e comunque per smarcarsi dal Cavalierie, la politica cinicamente fa i suoi conti. Ma dopo il voto in Olanda, con il populismo che avanza, ma non sfonda, che cresce ma non comanda, occorre chiedersi che senso abbia la politica del grido e dell’utopia della promesssa arrabbiata. Dello stop a tutto previa conferenza stampa davanti ad un campo rom o sapendo di titillare i centri sociali.
“Wilders, abile nell’alimentare polemiche e nel prendersi la scena, alleato di Salvini, non vince. Mark Rutte, liberale, di centro destra, capace di fermezza con la Turchia, sarà di nuovo premier in Olanda. La provocazione fine a se stessa non premia”. E’ il post di Marco Reguzzoni ieri su facebook. Mi pare molto diretto e chiaro. Non si arriva al governo da questa strada. Dunque, cosa si sta promettendo alla gente? Nulla. Quella della continua provocazione, dell’agitare la ruspa, del cavalcare ogni possibile far west, non è propria dei politici che hanno senso del governo e delle istituzioni. L’ultima provocazione lanciata è quella di un 25 aprile alternativo a Verona. Per la sicurezza. Perché scegliere una data così sensibile per proporre il nuovo corso leghista di destra, nazionalista, alleato degli ex fascisti, dei lepenisti? Non è una provocazione? Ma certo che lo è, dentro il diritto sacrosanto della libertà di manifestare. Ma per andare dove? Per rastrellare quale voto? Populista lo fu anche Umberto Bossi. Un maestro. Ma fu ministro, amministrò, governò. Fece leggi che lasciarono il suo nome e la sua impronta politica.
Quanti, nell’armata pre o postbossiana, hanno lasciato l’impronta di una legge? Pochi. Chi, in 20 o in 25 quasi anni di Parlamento, ha lasciato il proprio nome o resta, come per Salvini, solo la memoria, se va bene, di una provocazione? Ed è per questo che li abbiamo pagati e votati?