di SERGIO BIANCHINI – La Banca Mondiale valutando lo stato economico di una persona in base al reddito pro capite considera 4 soglie nella condizione economica individuale. Soglie uniformate a livello mondiale senza tener conto delle soglie relative di povertà riferite alle singole nazioni:
- reddito basso se è inferiore ad 825 $ cioè circa 2 euro al giorno;
- reddito medio basso se è compreso tra 826 e 3 255$ cioè circa da 2 a 8 euro al giorno;
- reddito medio alto se è compreso tra 3 256 e 10 065 $ cioè da circa 8 a 25 euro al giorno;
- reddito alto se eccede i 10 066 $ cioè sopra i 25 euro al giorno.
Ragionando nei contesti nazionali le soglie cambiano radicalmente. In Italia la soglia di povertà stabilita anche dalla recente legge sul reddito di cittadinanza è di 780 euro mensili cioè 26 euro al giorno che è sopra la soglia del reddito alto mondiale.
Considerando la graduatoria stabilita dalla Banca Mondiale, che non differisce di molto da altre graduatorie, l’Italia su circa 200 nazioni si situa intorno al 25 posto. Una posizione già lusinghiera che però diminuisce di molto ulteriormente se si escludono stati piccolissimi come il Qatar e il Lussemburgo.
Considerando le nazioni oltre i 10 milioni di abitanti l’Italia è all’ottavo posto nel mondo come reddito pro capite.
Certamente il sentimento dell’ingiustizia rispetto alle disuguaglianze ha ancora una prevalenza nazionale. Infatti il nostro povero non si rassegna alla sua condizione considerando la povertà mondiale ma paragonandosi al livello medio nazionale. E nemmeno la pubblica opinione dell’italiano medio accetta un dislivello nazionale troppo alto.
E qui, come al solito sta il rebus. Coloro che danno per superate tutte le frontiere e si riferiscono alla inesistente patria- mondo non riescono a vedere e capire la caratteristica dello sviluppo nel mondo reale. Sviluppo interconnesso, da millenni, ma ineguale e tumultuoso che nessuno può irregimentare e pianificare con regole cervellotiche anche se ben intenzionate.
L’esperienza sovietica ci ha insegnato, con 70 anni di vicende grandiose e con prezzi umani indicibili, che alleanze anche ben argomentate eticamente non reggono senza riuscire a creare il dinamismo e lo sviluppo che anche nel nostro nuovo mondo ancora e solo le nazioni sanno trovare, nonostante i teoremi del mondialismo.
La Cina e l’India sono la dimostrazione che la strada dell’uscita dell’umanità dalla miseria millenaria non è costruita dalla carità interessata di un mondo occidentale senza più idee ma da governi energici e realistici che lanciano e guidano i propri popoli sulla via del lavoro ben gestito e non della staticità lamentosa e succube. Governi decisi ed energici ben sintonizzati con i propri popoli a dispetto dei nostri liberal intelligentini.
Una saggia deduzione porta a stabilire che uno spirito nazionale è indispensabile per sorreggere l’iniziativa attiva e creativa dei governi senza perseguire le vie dell’aggressività bensì quelle della collaborazione creativa e operosa con le altre aree e nazioni del mondo.