La Pinetta dei Legnanesi, antidoto alla democrazia illiberale che ci cattura nella Rete

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di STEFANIA PIAZZO – Per chi segue, in Lombardia, e in particolare a Nord di Milano, le bizzarrie popolari dei Legnanesi, autentico gioiello di geniale espressività popolare teatrale che ci ricorda come eravamo sani un po’ di tempo fa, la notizia dell’addio di Alberto Destrieri che impersonava la Pinetta, ha molto colpito. Il teatro di Felice Musazzi è la sincera espressione dell’onesta povertà materiale e della ricca onestà di chi occupa la prima base della comunità. La gente semplice. Ma non stupida. E la Pinetta era, ed è, in questo micromondo ideale, un tassello di purezza in dimensione ridotta, il donnino del cortile, della casa vecchia, il personaggio di caseggiato in traversa metafora di una presenza assidua, ingenua, benevola osservatrice e vigilante del circondario. Le Pinette oggi non esistono più. Forse le trovi nei paesi, dove le case con i cortili interni riservano ancora un po’ di spazio per l’ombra e una sedia.

Oggi la corte è la rete. Ma la corte era più civile della rete. Non ammetteva insulti, prevaricazioni, fake news. I bugiardi, gli invadenti, li emarginava subito. Viene da dire che il passato era più vero e il presente meno sincero. Ci vorrebbero più Pinette e meno politici, più Pinette e meno imbonitori che occupano tutto lo spazio delle notizie, della comunicazione. Stiamo subendo l’invasione di una democrazia illiberale, spacciata per consenso, e il popolo minuto, che ancora esiste e resiste nella nostra memoria di razza, nel grembiule delle nonne, nelle ciabatte con calzetto, nel brodo che bolle, nella borsa retata della spesa che già si riciclava senza Greta, è ancora presente.

Oggi è più scolarizzato, ha una laurea, è disoccupato, è la Pinetta della crisi. Vive della pensione, dei genitori, Pinetti senior, e assiste impotente alla prevaricazione del potere di turno. La povertà materiale è tornata, in Lombardia, come altrove, è viva e vegeta, e ha ricostruito un ponte tra i poveri di ieri e quelli di oggi. Curvi per l’età i primi, piegati dalla disperazione i secondi.

 

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