di GILBERTO ONETO* – Diceva Miglio che la dimensione degli Stati è inversamente proporzionale alla quantità di libertà che possono garantire. La storia gli dà ragione. La libertà ha tre nemici: la globalizzazione, l’Ue dei burocrati e l’Italia
Culla delle grandi libertà sono da sempre le piccole Comunità alpine, i Cantoni svizzeri, i Comuni padani, tutte quelle istituzioni che si trovano soprattutto concentrate nella cosiddetta Europa Lotaringia: la valle del Reno, le Alpi, la valle del Po e le rive dell’Adriatico.
Gli esempi più entusiasmanti di democrazia partecipata, di libertà vere sono le piccole comunità autonome: l’oppressione si ritrova solo nei grandi Stati illiberali, centralisti e aggressivi. Più il potere è vicino alla gente, più è facile da controllare. Il principio vale se si ha a che fare con gente civile e responsabile, altrimenti diventa una cosca mafiosa. Per fortuna viviamo però in una parte di mondo dove almeno le premesse storiche ci sono tutte per assicurare uno scenario di libertà: dalle Tribù galliche alle Fare longobarde, dai Comuni medievali alle autonomie garantite della Serenissima, dalle
Insorgenze alle Comunità di valle, la nostra terra padana è da sempre luogo di fortissime aspirazioni e pulsioni libertarie.
Nel nostro caso possiamo semmai lamentare un eccesso di autonomismo che ci ha penalizzati rispetto – ad esempio – ai nostri vicini svizzeri, che hanno saputo contenere il naturale eccesso di individualità costruendo una duratura unità che ha garantito secoli di libertà e di autonomia. La piccola dimensione presenta anche un altro
vantaggio: se una comunità è libera va tutto bene, se non è libera il danno è limitato. Infatti ci si può facilmente allontanare, fuggire nella valle di fianco, far funzionare quello che da sempre è il fondamentale e inalienabile diritto di asilo: in una chiesa, in convento, in una legazione straniera o più semplicemente al di là del confine. Miglio ha sempre esaltato la grandezza dell’Europa delle enclavi, dove un complesso sistema di autorità concomitanti, sovrapposte e contrapposte garantiva un collaudato sistema di protezione delle libertà individuali e comunitarie, e dove un fitto groviglio di confini lasciava filtrare merci, persone e idee, ma bloccava sbirri e mandati di cattura, e ingabbiava i germi dell’oppressione.
In una situazione di quel genere si può sempre fuggire, trasferirsi, ricominciare da un’altra parte a costruire la propria libertà. Con gli Stati grandi tutto diventa più difficile: un solo grande e malefico potere può schiacciare grandi masse di persone, farne dei sudditi, seguirli ovunque come l’occhio malefico di Mordor. Quando ci sarà un solo Stato europeo o mondiale non ci sarà più dove scappare, non ci sarà più diritto di asilo perché non ci saranno più asili: squadre di sbirri o di inquisitori scorazzeranno ovunque a cercare spiriti liberi, a bruciare libri, ad arrestare dissenzienti. Anche un personaggio inquietante come Mazzini almeno un pregio l’aveva: esporre con chiarezza i suoi mortiferi progetti. Diceva che quello che lui chiamava, non senza sinistra ironia, il processo di emancipazione dell’umanità passava da tre fasi conseguenti: l’unità d’Italia, quella d’Europa e poi del Mondo. Per questo da noi la libertà ha tre nemici: la globalizzazione, l’Europa dei burocrati e l’Italia. È buona norma cominciare a combattere il male più vicino.
(da Il Federalismo, anno 2004, direttore responsabile Stefania Piazzo)*
Il settimanale Il Federalismo (registrato come Sole delle Alpi) visse dal 2004 al 2006, raccogliendo le firme di Gilberto Oneto, Romano Bracalini, Antonio Martino, Chiara Battistoni, Giancarlo Pagliarini, Carlo Lottieri, Leonardo Facco, Paolo Gulisano, Sara Fumagalli, Roberto Castelli, Carlo Stagnaro, Gianluca Savoini, Arnaldo Ferrari Nasi, Piero La Porta e tanti altri autorevoli collaboratori. Questa esperienza, libera e indipendente, aperta al confronto politico, unica nel suo genere nei media di area leghista, spesso criticata per le interviste controcorrente o per i corsivi caustici di Oneto, venne interrotta per “calo delle vendite”. I soci della cooperativa giornalistica vennero sostituiti, e i contributi all’editoria, circa 420mila euro l’anno, che riceveva Il Federalismo, passarono ad un’altra testata, il settimanale Il Canavese, nella provincia di Torino, che trattava cronaca, sport e attualità. Un cambio radicale di contenuti e obiettivi. A nulla valsero le preghiere della direzione e della redazione (il settimanale veniva realizzato da sole tre persone, il direttore, un redattore ordinario e un grafico) ai vertici del Carroccio, avvisandoli che avrebbero perso uno strumento per fare cultura politica e comunicazione senza veline. L’amministratore del Federalismo-Il Sole delle Alpi, trasmigrò con lo stesso ruolo a Il Canavese. Oggi, il medesimo soggetto si vede imputato a Milano in un processo in cui gli vengono contestati reati relativi alla destinazione dei contributi pubblici all’editoria per alcune operazioni legate all’amministrazione della testata piemontese. A distanza di tanti anni, speriamo sia fatta chiarezza su questa pagina di comunicazione. Politica.