di RICCARDO POZZI – L’arte della politica? Qualche tempo prima di andarsene Gilberto Oneto, indipendentista che non teneva ad apparire simpatico riuscendoci benissimo, mi suggerì paternamente di non accettare eventuali proposte di militanza, perché la mia ingenuità strategica, così come la mia purezza ideale, erano paragonabili a quelle di un undicenne e la politica mi avrebbe mangiato in un solo boccone.
Un grande complimento, a suo dire. E in fondo aveva ragione, per questo pur abbracciando la causa autonomista non ho mai militato in alcun movimento.
Tuttavia la politica in sé, complice il passare degli anni, mi si sta facendo sempre meno complicata, basta imparare a trattarla come uno di quei dipinti dell’impressionismo francese.
Da vicino vediamo pennellate casuali, incomprensibili pasticci di tempera. Ma se ce ne allontaniamo di qualche passo, le pennellate che sembravano macchie diventano eleganti figure, mentre i pasticci di colore appaiono come organiche e organizzate raffigurazioni.
La politica è molto simile. Più ti avvicini e cerchi di capirla, più ti confonde con mille voltafaccia, capriole ideologiche, alleanze ribaltate e programmi irriconoscibili, con mille protagonisti che sbandierano la loro coerenza solo perché nessuno ricorda più cos’hanno detto l’ultima volta.
Se però te ne allontani di alcuni metri, se la guardi da una distanza adeguata e soprattutto se prendi in considerazione un lasso di tempo sufficientemente lungo da smascherarne la malafede, scopri che la politica è semplice e trasparente come un bicchiere d’acqua. Perché della politica non si ascoltano le parole ma si osservano i risultati.
La vicenda dei referendum sull’autonomia regionale è un perfetto esempio.
Partiti da una iniziativa della Lega Nord, hanno raccolto un corposo consenso sia in Lombardia che, soprattutto, in Veneto (In Emilia no perché il governatore piddino doveva mostrarne l’inutilità e che bastavano i percorsi legislativi ordinari), ma dopo poco più di un anno i governatori del centro sud, di ogni colore politico, si sono fermamente opposti, mentre la “Lega Nord” diventata nel frattempo “Lega per Salvini premier” cerca di affossarli perché ingombranti alla stabilità del governo con le meridionalissime Cinque Stelle.
Destra, sinistra, autonomismo, centralismo, regionalismo, federalismo e tante altre cose che finiscono per “ismo”, nulla esiste realmente, esiste solo la potenza del denaro e i robusti argini che ne proteggono lo scorrere. Il resto è letteratura.
L’esercizio dell’aritmetica è il solo modo per giudicare il vero peso della politica e dei suoi protagonisti.
In tutti i casi Oneto aveva ragione. Ma se la politica è solo esposizione di parole e completa mancanza di corrispondenza tra missione e fatti, la responsabilità non può che essere di chi, questa politica, continua a votarla.