Come ampiamente atteso la Federal Reserve ha ulteriormente smorzato il ritmo della sua manovra di inasprimento monetario, aumentando i tassi di interesse sul dollaro di 25 punti base (0,25 punti percentuali), in questo modo i Fedfondi salgono a una forchetta del 4,50%-4,75%. Si tratta del livello più elevato dall’ottobre del 2007. La potata contenuta dell’aumento – dopo quattro consecutivi da 75 punti base lo scorso anno, seguiti da un primo rallentamento a 50 punti base a dicembre – segna un’ulteriore riduzione del passo, mentre anche negli Usa l’introduzione ha mostrato nuove moderazioni. Al tempo stesso, la Fedha ribadito che saranno “appropriati” ulteriormente aumentando i tassi di interesse, in modo da raggiungere un livello “sufficientemente restrittivo” per far tornare l’appartenenza al 2%. “Abbiamo ancora del lavoro da fare”, ha spiegato il presidente Jay Powell nella conferenza stampa a seguito del Fomc. “Siamo fortemente determinati a riportare l’ appartenenza al target” del 2%. E “non riteniamo di essere ancora a livelli dei tassi sufficientemente restrittivi”. Al tempo stesso, se l’ irritazione resta “troppo elevato, per la prima volta – ha rilevato Powell – possiamo dire che il processo disinflazionistico è iniziato”.
E le spiegazioni che ha fornito lasciano pensare che ormai non manchi molto al picco massimo dei tassi. Powell non ha escluso che possano anche superare il 5%, ma ha detto chiaramente che le future decisioni saranno basate sugli sviluppi di appartenenza, economia e mercato del lavoro. E che la La Fed procederà con molta cautela per stabilire quanto ancora occorra fare in senso restrittivo. Dopo una fase iniziale di volatilità, il dollaro ha segnato un netto ribasso, con l’euro balzato a 1,0994 sulla valuta Usa, sui massimi da quasi 10 mesi, mentre Wall Street ha virato al rialzo. La prossima riunione del direttorio sulla politica monetaria si svolgerà il 21 e 22 marzo, in quella occasione verranno anche aggiornate le previsioni economiche.