di ROMANO BRACALINI
C’è una frase di Leo Longanesi che dipinge bene il carattere dell’italiano e dei suoi travestimenti;e fu quando diede questa risposta indignata a un vecchio camerata che si proclamava “il vero fascista tutto d’un pezzo”: “Vero fascista, lei? Ma i veri fascisti siamo noi… noi che dapprima non ci credemmo, poi fingemmo di crederci, poi credemmo di fingere, poi lo tradimmo, poi lo rimpiangemmo…”.
Gli stati d’animo che Longanesi descrive accompagnarono davvero l’avvento e il crollo del regime. Ed è pur vero che un intero popolo ci credette e poi fece finta di non averci creduto.Tra gli adulatori troviamo nomi insospettabili.
Il compagno Pietro Ingrao scrisse versi fascistissimi per la fondazione della città di Littoria sorta dalla bonifica delle paludi Pontine che un giovane radiocronista,Vittorio Veltroni, padre di Walter, descrisse in termini di devozione per il Duce. Certo, ci fu l’aberrazione delle leggi razziali del ’38, che non a tutti parvero infami e vergognose se cattolici di riguardo, a cominciare da padre Agostino Gemelli, sottoscrissero tra i primi il manifesto della razza. Si stenta a dare un giudizio storico, ancorché definitivo, sul regime che per vent’anni resse l’Italia, senza una vera opposizione, e un consenso che un governo italiano di qualunque colore non ha mai avuto. E se qualcuno, oltre all’infamia dell’antisemitismo, messo in atto per compiacere “baffino”, e la tragedia della guerra, che avrebbe dovuto portare altri allori al regime, ricorda con più sobrietà lo stato sociale, le opere civili, le innovazioni del fascismo, non elenca fatti incontestabili, ma fa del bieco revisionismo e insomma dice qualcosa che non si deve dire.
Tra fascismo e nazismo qualche differenza ci fu. Mussolini e Hitler erano due uomini diversissimi. Hitler ama Wagner. Mussolini è più eclettico, più giornalista, più vivace, più scettico del tedesco. Mussolini ha dietro di sé il Pincio, Hitler la Selva Nera. Mussolini è alla testa di un popolo povero, Hitler comanda il popolo più disciplinato e romantico della Terra. Certo, il fascismo abolì le libertà civili e instaurò la dittatura. Fu il fatale epilogo di un paese autoritario, disordinato e ingovernabile per natura. Gli italiani devono essere succubi di una forte personalità che si imponga con l’autorità e l’arbitrio. La democrazia non è roba per loro. Sono gli italiani a saperlo per primi. Del resto, il governo Monti non è stato forse una forma di dittatura che ha abolito le elezioni? Certo, ma senza meriti speciali e senza il consenso popolare che ebbe il fascismo.
L’Italia fascista non era così corrotta e funzionava meglio. Ministri e funzionari avevano fama di onestà. Nessuno si è arricchito. Nemmeno il Duce che viveva a villa Torlonia in affitto.Il fascismo realizzò opere importanti che sono visibili ancora oggi: fece le autostrade, ampliò la rete ferroviaria, potenziò la flotta mercantile, fondò L’IRI, inventò Cinecittà, creò l’aeronautica, costruì nuove città, emanò la Carta del Lavoro, sancì i diritti dei lavoratori, istituì l’opera maternità e infanzia. Ai cattolici (Franceschini,Casini deboli in storia) che hanno rimbeccato Berlusconi sul fascismo “buono”, rammento che nel 1929 la Chiesa cattolica fece il Concordato col fascismo. Se ne deduce che non lo avesse giudicato così repellente e blasfemo. E fu Pio XI a chiamare Mussolini “L’uomo della provvidenza”. Sui giornali fascisti scrivevano giornalisti illustri: Gianni Brera, Indro Montanelli, Orio Vergani,Virgilio Lilli, Paolo Monelli, Davide Lajolo, Curzio Malaparte, Dino Buzzati e tanti altri. Nessuno subì pressioni o costrizioni. Nessuno venne obbligato a scrivere ciò che non pensava. Poi, i giornalisti italiani, come avevano servito il passato regime, furono prontissimi a servire il regime che veniva. La stampa in Italia è sempre stata asservita al potere. Non è una novità!
I diritti del pubblico non vengono nemmeno per ultimi. Oggi il giornalismo è fatto per lo più di mezzecalzette raccomandate dai partiti che a stento conoscono la grammatica: e allora quale sarebbe il vantaggio di vivere in una “democrazia?”. All’Italia, riconosceva Machiavelli, converrebbe più un regime forte, con pieni poteri e senza inutili passaggi elettorali. In fondo un pezzo dell’Italia in camicia nera è ancora viva e vegeta: dal codice Rocco, alle autostrade del Nord, alle Littorine che al Sud viaggiano ancora nel nome del “Crapone”. “Io ho tratto il fascismo dall’inconscio degli italiani”, ripeteva Mussolini. Come dargli torto. Mussolini rimase un socialista. Cambiava -roba da poco-, solo il colore, non la sostanza del suo programma che il comunismo sovietico avrebbe potuto sottoscrivere.