di ENZO TRENTIN – Cari lettori, questa volta il vostro reporter non stilerà il solito convenzionale articolo giornalistico, ma riporterà una conversazione avuta con l’omologo Alessandro Trentin, con il quale non c’è nessun vincolo di parentela. Anzi sino a qualche mese fa nemmeno conoscevamo l’esistenza l’uno dell’altro. Eppure, a parte la differenza generazionale, ci siamo scoperti concittadini, e in tempi diversi, frequentatori degli stessi ambienti. Entrambi, per esempio, abbiamo eseguito centinaia di lanci di paracadutismo estremo, anche se all’epoca lo si chiamava paracadutismo sportivo. Entrambi abbiamo avuto esperienze come pubblici amministratori, ed a parte qualche altra affinità di cui non serve rendere conto, ambedue ci siamo determinati nella convinzione che l’attuale situazione civile in Italia è irriformabile, quindi come federalisti siamo approdati all’indipendentismo.
Alessandro Trentin è un imprenditore (iscritto all’API [Associazione Piccole Industrie] e Past President del Gruppo Giovani Imprenditori) a capo di alcune aziende. Ha sponsorizzato Switzerland Institute in Venice. Costituito nel 2015 su iniziativa di Luigi Marco Bassani, Carlo Lottieri e Daniele Velo Dalbrenta al fine di affermare le tesi più coerenti del liberalismo contemporaneo: in tema di libertà individuale e proprietà privata, da un lato, e di concorrenza istituzionale e diritto di secessione, dall’altro. [http://www.swissinvenice.org/listituto ]
Domanda: Allora Alessandro, dimmi quali sono le tue frequentazioni politiche?
Alessandro: Non sono iscritto ad alcun partito. Simpatizzo con Indipendenza Veneta, ma è più corretto dire che ho alcuni buoni amici in Indipendenza Veneta, persone serie e determinate. Tant’è che ho sponsorizzato la loro “App” scaricabile su smartphone. Chi vuole quindi, può seguire “in diretta” le varie attività di questa formazione politica.
Domanda: Dunque condividi la linea politica di IV?
Alessandro: Beh…! Francamente l’unica linea politica che mi interessa è la possibilità di poter votare per il nostro futuro. Credo che un movimento di ispirazione liberale e democratica si debba battere in questo momento esclusivamente per ottenere dal regime la legittima possibilità di esprimersi. Ovviamente prima del voto andrebbe ben spiegato qual è “l’infrastruttura” del nuovo (se pur antico) Stato che si vuol proporre. È anche vero che tutti gli sforzi (tra l’altro garantiti anche dal diritto internazionale) per essere visibili e poter argomentare non vengono dati a nessuno dei movimenti indipendentisti. Siamo in una fase di emergenza democratica ormai conclamata. Aggiungo che trovo, in questo momento, impropri i richiami di certo indipendentismo veneto a quello scozzese e catalano. La’ c’è un seguito popolare che da noi non è ancora riscontrabile anche se qualche anno fa era impensabile aggregare così tanta gente attorno ad un progetto meraviglioso come la creazione di una nuova entità nazionale per i due succitati prossimi nuovi Stati Europei. Forse è anche perché non è stato ancora evidenziato un progetto di nuova architettura istituzionale per il nuovo soggetto indipendente. Per esempio, lo Stato non può essere ripensato. È una finzione. E non si può ripensare con la stessa logica, (la finzione) che ha prodotto lo Stato. Lo Stato deve essere eliminato. Al suo posto ci vedrei volentieri la parola governo, che è vicina e coerente con Autogoverno: principio fondamentale di unione di individui e di popoli nella libertà e nella diversità, come richiede il Federalismo.
Domanda: Io ho avuto modo di parlare con gli amici Luigi Marco Bassani e Carlo Lottieri, e loro a suo tempo mi dissero d’essere disposti ad impegnarsi nell’elaborazione di una bozza di nuovo assetto istituzionale. D’istituire una sorta di “Commissione dei 75”. Quella che stilò materialmente l’attuale Costituzione. Tu che ne pensi?
Alessandro: Certamente le persone sono all’altezza del compito. Il Prof. Bassani è stato uno degli ultimi allievi di Gianfranco Miglio. Ed altri autorevoli docenti potrebbero essere coinvolti. Anzi, mi stai dando un’idea. Sentirò se lo Switzerland Institute in Venice vorrà essere della partita.
Quanto a quegli indipendentisti critici dell’attuale situazione politica che non hanno potuto guadagnarsi una reputazione “sul campo”, essi sperano di conquistarsela predicendo speranzosamente l’approssimarsi di un nuovo modo di convivere civilmente, ma del proprio fallimento e in genere dell’inaridimento dei loro succhi naturali nemmeno se ne accorgono.
Domanda: Tu Alessandro, stai facendo qualche cosa di concreto nel Comune dove sei Consigliere?
Alessandro: Premetto che io sono Consigliere di minoranza, e quindi con la legislazione attuale non conto nulla o comunque non sono molto influente. Tuttavia in questi giorni ho depositato una Proposta di delibera consigliare atta a modificare lo Statuto comunale nel senso di una migliore normazione degli istituti di partecipazione popolare. Per non dilungarmi faccio prima a dartene una copia che sei libero di pubblicare.
Per mettere a fuoco l’importanza dell’iniziativa bisogna partire dalla constatazione del fatto che i partiti oramai hanno sfiduciato la gran parte dell’opinione pubblica. Né da quel versante, come pure dalle Liste civiche che servono da mimetismo ai partiti stessi, c’è da aspettarsi qualcosa.
La constatazione che il debito pubblico continua a salire malgrado la tassazione predatoria (in qualche caso le mie aziende – e non solo le mie beninteso – pagano il 70/80% di tasse), e malgrado le quotazioni del petrolio non siano elevate, tant’è che il Venezuela, paese esportatore di petrolio, è letteralmente alla fame, è necessario cambiare le istituzioni che ci governano.
Ora, se gli indipendentisti imitassero, adattandolo, il mio documento, detto per inciso, io ho preso impulso da un documento analogo del “comitato più democrazia” di Costabissara, Comune limitrofo al mio, beh…! allora avremmo non solo un indipendentismo concretamente impegnato al di la’ delle commemorazioni storiche, ma anche un indipendentismo che concretamente ci indica per quale autogoverno intende battersi.
Domanda: Tuttavia Alessandro, qualcuno obietta che l’esercizio della democrazia diretta, e del suo corollario referendario, costa. Cosa mi dici in proposito?
Alessandro: Premesso che un referendum comunale può essere fatto a costo zero, e su questo consentimi di ritornare in un’altra occasione; non trovo di meglio che citare alcuni passi del libro: “La democrazia diretta vista da vicino” Ed. Mimesis, scritto da un italiano che da decenni vive, lavora e risiede in Svizzera, dove tra l’altro è Consigliere comunale nel Comune di residenza:
«Il Servizio di informazione Swissinfo fa sapere che: “La Cancelleria federale stima che l’organizzazione e lo svolgimento di una votazione federale costino da 7 a 8 milioni di franchi per i poteri pubblici. Ogni anno si tengono in Svizzera fino ad un massimo di 4 votazioni federali, nelle quali è generalmente sottoposto più di un tema al verdetto popolare.“
Gli elettori svizzeri sono 5,2 milioni, pertanto il costo per elettore ammonta a circa 1,4 franchi (1,2 euro) per ogni tornata elettorale. Gli stessi costi, rapportati ai 47 milioni di elettori italiani darebbero un costo di 55 milioni a votazione, 222 milioni di euro all’anno.
Leggo in wikipedia che il costo di una singola tornata di votazioni in Italia si aggira sui 400 milioni. Andrea Curiat nel suo “Quanto ci è costato votare? Dalle matite agli scrutatori, ecco tutte le spese delle elezioni” fa i conti con maggiore precisione e conferma la cifra: 389 milioni di euro per ogni singola votazione, 8,2 euro a persona.
La differenza pare esorbitante, ma è comprensibile. Ci pensavo mentre ero in treno, domenica 25 maggio 2014, per andare a votare per le elezioni europee. Siccome la Svizzera non fa parte della Comunità europea, non è ammesso il voto al Consolato, né quello per posta. Tanto meno è ammesso il voto via Internet. Pertanto ho preso il treno e sono sceso a votare in Italia. Il biglietto è rimborsato, anche se solo parzialmente. Il seggio era nella scuola elementare. Non ero più abituato a questo dispiegamento di energie: in Svizzera i pochi ritardatari che non hanno già votato per posta o via Internet votano in Comune, la domenica mattina, senza bisogno di nessun presidio militare da parte di polizia o carabinieri. In passato potevano votare anche ai posti di polizia. La Presidentessa del seggio non voleva credere che io dovessi votare nel suo seggio e che si preferisse spedire gli elettori invece di spedire i loro voti. Ha dovuto informarsi ed è rimasta al telefono a lungo prima di convincersi che era proprio lì, nel suo seggio, che io dovevo votare e non in Svizzera o altrove. Erano ormai le dieci di sera di domenica e notavo che nei vari uffici a cui lei telefonava c’erano solerti funzionari, tutti al lavoro presumo retribuiti per gli straordinari. “A quanti voti espressi via internet corrisponderebbe il costo di questo mio viaggio in treno?“. Me lo domandavo durante il viaggio.
Tra elezioni politiche, regionali ed amministrative il costo delle elezioni in Italia è già oggi superiore a quello che permetterebbe l’uso della democrazia diretta in tutta la penisola se le votazioni e le elezioni fossero organizzate in modo ed a costi svizzeri, tanto più che le votazioni per i referendum e le iniziative possono affiancare e non aggiungersi ad altre occasioni di voto. Gli elettori italiani non ricevono in casa nessun libretto esplicativo, non possono votare per posta né via Internet, evidentemente ci confrontiamo, anche in questo campo, con una maggiore efficienza: più servizi al cittadino con minor costi.»
Ma c’è di più: Il canton Zurigo ha ricevuto il premio delle Nazioni Unite “Public Service Award 2007” per il suo sistema di voto elettronico. Si può leggere qui:
[http://www.swissinfo.org/ita/swissinfo.html?siteSect=881&sid=7962590] e tale voto elettronico è operante anche nel cantone di Neuchâtel dove vive Leonardo Zaquini autore del libro.
Insomma i sistemi esistono e sono collaudati, solo una certa politica alleata alla burocrazia più retriva frenano un tranquillo vivere civile. L’indipendentismo veneto non ha bisogno di leader in cerca di consensi elettorali, ma di leader che plasmino il favore dell’opinione pubblica e successivamente stimolino la nascita di «organizzazioni single issue» [per singola questione], in grado di riunire i suoi aderenti su obiettivi specifici e destinate a sciogliersi una volta raggiunto lo scopo prefisso, e che soprattutto offrano prospettive socio-economiche differenti.
Il DOCUMENTO
Al Sindaco
Comune di Monteviale
Oggetto: Proposta di deliberazione consigliare atta alla modifica dello Statuto come da Art. 80 – Revisione dello Statuto – Comma 4.
PREMESSO
Per quanto contenuto all’Art. 1 del predetto Statuto, e in armonia con la Carta europea delle autonomie locali; la legge 8 giugno 1990, n. 142, denominata «Ordinamento delle autonomie locali», la Legge 3 agosto 1999, n. 265 «disposizioni su autonomia e ordinamento enti locali»; e il «Testo Unico Delle Leggi Sull’ordinamento Degli Enti Locali» approvato con Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Fatte proprie le tesi di Thomas Paine (1737/1809 – considerato uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America, e dove in Francia (1792), gli fu conferito un seggio all’Assemblea nazionale) il quale in Rights of Man, 22 febbraio 1791, sosteneva:
«Una costituzione non è l’atto di un governo, ma l’atto di un popolo che crea un governo: un governo senza costituzione è un potere senza diritto …Una costituzione è antecedente a un governo: e il governo è solo la creatura della costituzione.»
Lo Statuto deve essere elaborato dal Consiglio comunale, ma in ultima istanza approvato, mediante referendum, dalla cosiddetta “sovranità popolare”, affinché non si attui il conflitto d’interessi dove il controllato (Pubblica amministrazione) si dota anche degli strumenti del “Controllore”, ovvero il cosiddetto “popolo sovrano” di cui al Comma 2 dell’art. 1 della Costituzione vigente, stabilendo da se stesso la “piccola Costituzione” dell’Ente.
Si noti che la Costituzione italiana all’Art. 49 sancisce: «Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.»
Ovverosia che i cittadini hanno il diritto, ma non l’obbligo a costituirsi in partiti. Che questi ultimi concorrono “con metodo democratico a determinare la politica…”; se ne deduce logicamente che ci sono altri “concorrenti”, ovverosia tutti i cittadini che non si riconoscono o non vogliono “costituirsi in partiti”.
Tenuto conto che il Comune di Monteviale “si riconosce in un sistema statale unitario di tipo federativo”, è qui necessario prendere conoscenza di due caratteristiche basilari del federalismo moderno (si veda “Del Principio Federativo”, di Pierre-Joseph Proudhon; unanimemente riconosciuto come il padre del moderno federalismo) che la politica italiana non ha mai spiegato, e cioè che il federalismo di basa due princìpi fondamentali:
1 – la sovranità che tramite il voto i cittadini conferiscono ai rappresentanti, è inferiore alla sovranità che riservano per se stessi sui fatti.
2 – Gli oneri che il “foedus” implica devono essere inferiori (o quanto meno uguali) ai benefici che se ne ricavano.
Se ci si pensa un po’, il primo è il principio cardine della democrazia, il secondo della «assicurazione» civica.
- Daniel J. Elazar grande studioso americano del federalismo afferma: «La sovranità nei sistemi federali viene invariabilmente attribuita al popolo, che delega i propri poteri ai diversi governi o che si accorda per esercitare direttamente quei poteri come se fosse esso stesso il governo. […] Il popolo sovrano può delegare e dividere i poteri come meglio crede ma la sovranità rimane una sua proprietà inalienabile.» (D.J. Elazar, “idee e forme del federalismo”, Milano, comunità, 1995).
- Aggiunge R. Dahrendorf, “Dopo la democrazia”, Roma-Bari, Laterza 2001: «È evidente che i metodi tradizionali – dalle elezioni ai Parlamenti a quelle degli Enti locali – non producono più i risultati per cui erano stati inventati. Ma il problema del futuro della democrazia resta la democrazia, e cioè come rispondere all’esigenza che abbiamo individuato all’inizio della nostra conversazione: dare voce al popolo.»
In merito alla sussidiarietà, diamo qui la definizione ufficiale:
Il principio di sussidiarietà (riconosciuto dal trattato dell’Unione Europea di Maastricht) riguarda i rapporti tra Stato e società. Esso è un fondamentale principio di libertà e di democrazia, cardine della nostra concezione dello Stato. Esso si articola in tre livelli:
- a) Non faccia lo Stato ciò che i cittadini possono fare da soli: le varie istituzioni statali devono creare le condizioni che permettano alla persona e alle aggregazioni sociali (famiglia, associazioni, gruppi, in una parola i cosiddetti “corpi intermedi”) di agire liberamente e non devono sostituirsi ad essi nello svolgimento delle loro attività. Questo perché la persona e le altre componenti della società vengono “prima” dello Stato: l’uomo è principio, soggetto e fine della società e gli ordinamenti statali devono essere al suo servizio. Per questo motivo lo Stato deve fare in modo che i singoli e i gruppi possano impegnare la propria creatività, iniziativa e responsabilità, impostando ogni ambito della propria vita come meglio credono, risolvendo da soli i propri problemi. In questo modo, si uniscono insieme il massimo di libertà, di democrazia e di responsabilità, sia personale che collettiva. (Omissis)
MODIFICHE PROPOSTE
al TITOLO III – CAPO I “Istituti di Partecipazione e Difensore civico” – del sunnominato Statuto comunale si propongono le seguenti modifiche:
Art. 35 – Istanze e proposte
(omissis)
MODIFICA:
3. Le proposte di deliberazione dovranno essere sottoscritte da almeno un terzo 200 degli elettori con firme autenticate con la procedura prevista per la sottoscrizione dei referendum popolari.
Motivazioni:
Considerato che il numero di firme raccolte e certificate a sostegno di una lista civica, è di 60 sottoscrittori, e che 1 Sindaco e i 9 Consiglieri comunali deliberano per cinque interi anni su infiniti argomenti, si propone al fine di favorire la partecipazione popolare che il numero di firme autenticate per le proposte di deliberazione su un solo argomento possa essere ridimensionato a 200, ovverosia circa il 10% del corpo elettorale.
Art. 37 – Referendum consultivo
MODIFICA:
1. In materia di esclusiva competenza comunale sono ammessi i referendum «d’iniziativa» e «di revisione».
Motivazioni:
Il referendum consultivo nasce con la legge 142/90, e tenuto conto che si tratta di un ossimoro giustamente viene cassato con la Legge n. 265/99; e dal successivo Decreto Legislativo n. 267/2000, è quindi da considerarsi illegittimo in quanto trattasi di furto di democrazia. Infatti il referendum è un Istituto giuridico per il quale è consentita o richiesta al corpo elettorale una decisione su singole questioni. Esso rappresenta una tecnica decisionale di democrazia diretta, nella quale tutti i cittadini prendono parte alla decisione politica. Il referendum consultivo, invece è un raggiro in quanto si tratta di un semplice sondaggio che non delibera nulla. Pertanto un furto è sempre un furto, un crimine è sempre un crimine. Che l’uno o l’altro siano perpetrati da un uomo solo o da un gruppo di uomini riuniti in partito o da un soggetto istituzionale non ne modifica affatto la natura delittuosa. E se non bastasse valga la testimonianza di Costantino Mortati, uno dei padri dell’attuale Costituzione italiana, che nel 1981 ebbe a scrivere: «La posizione di organo supremo rivestita dal popolo in regime democratico non può in nessun modo conciliarsi con l’esercizio di una funzione subordinata, come quella che si sostanzia nell’emissione di pareri.»
Pertanto si propone che i referendum siano due: «d’iniziativa» e «di revisione» tra la popolazione comunale in materia di esclusiva competenza locale.
Per «iniziativa», s’intendono azioni tese ad imporre a Sindaco, Giunta e Consiglio comunale, deliberazioni su argomenti che interessano l’intera comunità. Per «revisione», s’intendono quelle deliberazioni che, già assunte dalla Amministrazione comunale, si vogliono, eventualmente, prese con differenti norme. In ambedue i casi: «d’iniziativa» e «di revisione» i referendum siano validi con qualsiasi numero di partecipanti al voto. Il quorum, infatti, è una pratica che non esiste nei cosiddetti Paesi occidentali, ed è presente oltre che in Italia, solo in alcuni Paesi ex satelliti dell’URSS.
(omissis)
- Il quesito referendario è deliberato dal Consiglio comunale o richiesto dal trenta per cento (30%) di cittadini elettori residenti nel Comune.
MODIFICA:
«4. L’iniziativa dei referendum viene presa su proposta di 200 (duecento) elettori del Comune. Le sottoscrizioni di tale proposta dovranno essere autenticate nelle forme di legge.»
Valgono le stesse argomentazioni esposte per le proposte di delibera popolare.
(omissis)
- Per l’ammissibilità di quesiti referendari e quindi sulla conseguente indicazione del referendum consultivo è istituita un’apposita commissione consiliare, integrata da esperti e dal segretario comunale, che avrà il compito di verificare la regolarità e la chiarezza delle richieste referendarie e delle firme raccolte e decidere sull’ammissibilità del referendum consultivo entro trenta giorni dalla presentazione delle richieste stesse.
MODIFICA:
- Le modalità operative per la consultazione referendaria formano oggetto di apposita normativa che, approvata dal Consiglio Comunale, viene successivamente depositata presso la Segreteria a disposizione dei cittadini affinché con un successivo referendum le approvino.
Il referendum è valido con qualsiasi partecipazione degli aventi diritto. I referendum non hanno luogo in coincidenza con altre operazioni di voto.
(omissis)
Art. 38 -Difensore civico
MODIFICA:
- il difensore civico svolge il ruolo di garante dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione comunale, segnalando gli abusi, le disfunzioni, le carenze e i ritardi dell’amministrazione nei confronti dei cittadini; è eletto direttamente dai cittadini, in forma contemporanea all’elezione di Sindaco e Consiglieri comunali.
[Motivazioni: Si noti che mai come in questo caso è calzante la locuzione latina tratta dalla VI Satira di Giovenale: «Quis custodiet ipsos custodes?», che letteralmente significa: «Chi sorveglierà i sorveglianti stessi?».
Pertanto se il difensore civico è il “garante” (ovverosia l’«avvocato» difensore) dei cittadini nei confronti di eventuali disfunzioni, carenze e dei ritardi dell’amministrazione; esso deve essere eletto direttamente dai cittadini, in forma contemporanea all’elezione di Sindaco e Consiglieri comunali. È una riforma che non costa nulla.]
(omissis)
5. In caso di inerzia della Giunta o del Consiglio comunale nell’adempimento della approvazione del bilancio previsionale del conto consuntivo, è compito del difensore civico comunale, nominare il Commissario “ad acta” per l’approvazione in via surrogatoria.
6. Sono requisiti per la carica: essere cittadino elettore del Comune. Ciascun cittadino che abbia i requisiti di cui al presente articolo può far pervenire la propria candidatura all’amministrazione comunale che ne predispone apposito elenco previo controllo dei requisiti. La lista dei candidati a difensore civico deve avvenire tra persone che per preparazione ed esperienza diano ampia garanzia di indipendenza, probità e competenza giuridico-amministrativa.
- 7. Il difensore civico può essere revocato dal suo incarico per gravi motivi con deliberazione assunta a maggioranza dei votanti un apposito referendum revocativo.
7 bis. In ipotesi di surroga, per revoca, decadenza o dimissioni, prima che termini la scadenza naturale dell’incarico, sarà indetta una nuova elezione.
7 tris. Il difensore civico è un incarico onorifico e non oneroso.
- Un apposito regolamento disciplina gli altri aspetti del funzionamento e attività del difensore civico.
Giustificazioni alla modifica:
Se il difensore civico (il Controllore), è il difensore dei cittadini nei confronti di eventuali abusi, disfunzioni etc. dell’amministrazione, non può essere quest’ultima (il Controllato) a nominare il Controllore. Si confronti: “Il Resto del Carlino” (cronaca di Bologna) del 22 gennaio 2000. Occhiello: «La proposta del procuratore: Ennio Fortuna». Titolo: «Il difensore civico? Lo eleggano i cittadini». Lo dichiara Ennio Fortuna, che afferma: «…da questo punto di vista siamo gli ultimi in Europa… la figura del “mediateur” europeo è al servizio di tutti i cittadini, inoltre perché questa lacuna può configurare da parte dell’Italia la violazione di precise norme costituzionali, in particolare degli articoli 2 e 3 sui diritti fondamentali dei cittadini.» Il Procuratore capo bolognese prosegue: «… il difensore civico eleggiamolo direttamente… credo che (tale figura, N.d.r.) debba essere sganciata il più possibile dal potere politico… non credo ad una persona nominata dall’ente del quale deve poi controllare l’attività e dalla quale dipende ed è pagato… tanto meno quando lo si nomina a vita… bisogna renderlo indipendente dal potere politico…».
Infine è da abolire l’ipotesi di un Difensore civico il cui ufficio è svolto da più Comuni. In primo luogo perché è una pratica che lo renderebbe presto inefficiente, basta sovraccaricarlo di questioni da esaminare, secondariamente perché rappresenterebbe comunque un costo a carico della collettività.
Postilla:
- tutte le parti dello Statuto e relativi Regolamenti che dovessero confliggere con tali deliberazioni saranno oggetto di adeguamento entro 60 giorni dalla presente proposta di delibera.
- Come estensione interpretativa dell’Art. 15, Comma «3. I componenti delle commissioni hanno facoltà di farsi assistere da esperti…» il sottoscritto chiede di poter eventualmente invitare alla discussione del presente documento un proprio esperto.
Monteviale li, 7 ottobre 2016
F.to Alessandro Trentin
(Consigliere comunale)