L’altro giorno il segretario confederale della Cisl Ignazio Ganga, dopo gli esiti del Bilancio di Inps e Upb’, ha affermato che “Il meccanismo delle quote rigide, come Quota 100, non ha prodotto i risultati auspicati”.
E già qui ci viene da dire che come dazio elettorale ha dato i suoi frutti. Ma sappiamo e sapevamo che quota 100 non era la soluzione. La Cisl aggiunge ancora: “Occorre un sistema piu’ flessibile ed equo per andare in pensione a partire da 62 anni o con 41 anni di contributi senza vincoli di età”.
Serve “una nuova riforma del sistema previdenziale e al piu’ presto trovare soluzioni utili per una diversa flessibilita’, a partire dalle esigenze di giovani e donne. I risparmi attestati che si aggirano intorno ai 10 miliardi e quelli ottenuti per effetto della legge Monti- Fornero dal 2012 confermano che sia giunto il momento di iniziare a restituire a pensionati e lavoratori maggiori diritti in tema di previdenza. Per questo la Cisl chiede al governo risposte immediate”, aggiunge.
Cosa sono 10 miliardi rispetto ai 110-120 miliardi di residuo fiscale del Nord? Meno di un decimo. Ci chiediamo: ma quando il sindacato vorrà affrontare con giustizia sociale il tema della previdenza del Nord? Quando ammetterà che i saldi in attivo potrebbero da decenni garantire la copertura contributiva? Perché non avere il coraggio di dire che si deve lavorare di più per poter pagare i contributi di chi ha lavorato di meno?
E quando il sindacato si imporrà per abrogare la doppia tassazione sulle pensioni, con contributi tassati durante il periodo di attività e ritassati al momento di incassare l’assegno? Zitti?
Certo, serve la perequazione e la solidarietà. Ma col residuo fiscale ce ne sarebbe per intere generazioni. Avanti così, invece, madama la marchesa.