di ENZO TRENTIN – L’unico che ci riuscì fu Benito Mussolini. Aveva una sua idea di Stato, anche se fu costretto a “plasmarla” vai via nel tempo. Conquistò dapprima alcuni seggi parlamentari, poi anche con l’uso della forza trasformò le istituzioni. La chiamò: rivoluzione fascista. La Repubblica che nasce con il referendum del 2 giugno 1946, e che si dota di una nuova costituzione nel 1948, è un’imposizione degli Alleati che vinsero la II GM. Con questa repubblica nata dalla Resistenza per essere “occupata” della partitocrazia, non è possibile.
All’incirca negli ultimi tre decenni alcuni soggetti hanno provato a cambiare il volto della politica italiana, ma senza riuscirvi. Qui per brevità prenderemo in esame solo tre soggetti. Il primo di questi era un perfetto sconosciuto, per di più rozzo: Umberto Bossi. Dapprima nessuno lo prese in considerazione; tuttavia il suo triviale linguaggio arrivò ad una parte dell’elettorato. In principio fu premiato con alcune decine di Consiglieri comunali sparsi qua e là, poi arrivò in Parlamento con una rappresentanza esigua, e via via più consistente.
In seguito, sulla scia della visibilità acquistata come giudice del pool “Mani Pulite”, anche Antonio di Pietro ottenne una rappresentanza locale e poi nazionale. Mentre l’ultimo in ordine di tempo è Beppe Grillo; “megafono” e assieme volto noto grazie alla sua professione e al taglio di alcuni suoi spettacoli, del suo più “defilato” mentore: il fu Gianroberto Casaleggio. Anche qui in principio fu premiato con alcune decine di Consiglieri comunali sparsi qua e là, poi arrivò in Parlamento con una consistente rappresentanza.
Tutti: Lega Nord, Italia dei Valori, Movimento cinque Stelle, hanno ottenuto il consenso dell’elettorato grazie alle loro promesse di rivoluzionare le istituzioni italiane. Abbiamo visto com’è andata a finire. La LN da partito “nordista” è diventata nazionalista. Collabora con la francese Marine Le Pen, Presidente del Fronte Nazionale. Il M5* sta probabilmente iniziando la sua fase declinante anche grazie alla gaffe materializzata nell’UE dove gli è stato rifiutato il cambio di gruppo parlamentare, per non parlare della storia infinita del Sindaco di Roma: Virginia Raggi. Il sistema politico italiano è così una sommatoria. Un impasto di cooptazione, corruzione e conflitti d’interessi volutamente ignorati e mai risolti.
Quegli indipendentisti veneti che credono alla via istituzionale per mezzo di leggi regionali sulle minoranze etniche, e su referendum consultivi, e quant’altro affine, sembrano ignorare del tutto la storia. Danno l’impressione d’essere inconsapevoli di giocare con gli strumenti (truccati) di un soggetto che nella sua storia ha sempre cambiato le carte in tavola. In realtà sono “accecati” da alcuni pseudo leader sedicenti indipendentisti, ma lautamente compensati dallo Stato italiano, e che pertanto non dovrebbero raccogliere gran credito, soprattutto perché se si ottenesse ora l’indipendenza, sarebbero loro a occupare i ruoli più importanti del nuovo soggetto istituzionale, perché i soli che oggi possono vantare un’esperienza istituzionale.
Gli indipendentisti veneti ignorano anche la capacità di subornazione. E quando si parla di subornazione, è importante tenere a mente che si parla di una corruzione studiata: il subornato viene montato, con la prospettazione più o meno esplicita di un vantaggio, a compiere atti contrari a quello che sarebbe il proprio dovere. Basta costatare come iniziano ad apparire interventi giornalistici a favore del referendum consultivo per l’autonomia, segno evidente che il potere politico-economico che detiene i mezzi d’informazione ha scelto la “lunga via” dell’autonomia al rischio dello strappo derivante dall’indipendenza. E per costatare quanto lunga sia questa via, basta guardare proprio alla storia di quell’autonomia dell’Alto Adige che è sbandierata ad ogni occasione dagli Zio Tom dell’indipendentismo veneto.
Invece, il dovere di un sincero indipendentista dovrebbe essere quello di prefigurare le nuove istituzioni in cui vorrebbe vivere, non nel modificare quelle altrui. Scriveva Antoine De Saint-Exupéry: «Se vuoi costruire una barca, non radunare uomini per tagliare legna, dividere i compiti e impartire ordini, ma insegna loro la nostalgia per il mare vasto e infinito.» Gli indipendentisti veneti non dovrebbero raccogliere uomini e talenti per cambiare uno Stato italiano mal costruito sin dall’inizio ed irriformabile; ma prospettare la bellezza del mare infinito in cui vogliono far navigare in libertà e prosperità il popolo veneto.