Ciò che pubblichiamo di seguito è tratto da “Civiltà Cattolica”, n. 3680, del 18 ottobre 2005. Il servizio espone il punto di vista dei gesuiti e delle gerarchie vaticane sulla condi-zione dei cristiani nei Paesi islamici. Viene
posto in rilievo come «in tutta la sua storia l´Islam ha mostrato un volto guerriero e conquistatore» e che «per quasi mille anni l´Euro-pa è stata sotto la sua costante minaccia».
di Giuseppe De Rosa
Come vivono i cristiani nei Paesi a maggioranza islamica? (…) Si deve rilevare anzitutto un fatto in apparenza assai curioso: in tutti i paesi dell’Africa del Nord (Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco), prima dell’invasione musulmana e nonostante
l’invasione dei vandali, c’erano fiorenti comunità cristiane, che avevano dato alla Chiesa universale grandi personalità, come Tertulliano, San Cipriano, vescovo di Carta-gine, morto martire nel 258, Sant’Agostino (…). Ma dopo la conquista araba, il Cristia-nesimo fu assorbito a tal punto dall’Islam che oggi è presente con un significativo numero di fedeli soltanto in Egitto con i copti ortodossi e con altre piccole minoranze cristiane, che rappresentano in tutto il 7-10 per cento della popolazione egiziana.Lo stesso si deve dire del Medio Oriente (Libano, Siria, Palestina, Giordania, Mesopotamia) (…).
Per quanto riguarda l’attuale Turchia, essa era stata nei primi secoli cristiani la terra in cui il Cristianesimo aveva dato i suoi frutti migliori nel campo sia della liturgia e della teologia, sia della vita monastica. L’inva-sione dei turchi selgiuchidi e la conquista di Costantinopoli da parte di Mehmet II (1453) condussero alla costituzione del-l’impero ottomano e alla pratica distruzio-ne del cristianesimo nella penisola anato-lica. Così oggi in Turchia i cristiani si aggirano intorno ai 100.000, tra i quali un piccolo numero di ortodossi, che vivono attorno al Phanar, sede del patriarca ecumenico di Costantinopoli, il quale ha il primato di onore sul mondo ortodosso e col quale sono in comunione ecclesiastica otto patriarcati e molte Chiese autocefale in Oriente e in Occidente, con circa 180 milioni di fedeli.
In conclusione, possiamo storicamente constatare che in tutti i luoghi in cui si è imposto l’Islam con la sua azione militare, che per la sua rapidità e la sua estensione ha pochi esempi nella storia, il Cristianesi-mo, che vi era straordinariamente fiorente e radicato da secoli, è praticamente scom-parso oppure si è ridotto a piccole isole in uno sterminato mare islamico. (…)
IL V O LT O GUERRIERO DELL’ISLAM: IL“JIHAD”
Secondo il diritto musulmano, il mondo è diviso in tre parti: dar al-harb (casa della guerra), dar al-islam (casa dell’Islam) e dar al-’ahd (casa del patto), cioè i paesi con i quali è stato stipulato un patto. (…) Quanto ai Paesi appartenenti alla “casa
della guerra”, la legge canonica islamica non riconosce altre relazioni con essi se non quelle proprie della “guerra santa” (jihad), che significa “sforzo” nella via di Allah e che ha due significati (…). Nel primo significato, il jihad indica lo “sforzo” che il musulmano deve compiere per essere fedele ai precetti del Coranoe in tal modo migliorare la propria “sottomissione” (Islam) ad Allah; nel secondo, indica lo “sforzo” che il musulmano deve compiere per “combattere sulla via di Allah”,
cioè per lottare contro gli infedeli e diffondere l´Islam in tutto il mondo. Il jihad è un precetto della massima importanza, tanto che talvolta viene annove-rato tra i precetti fondamentali – come sesto “pilastro” – dell’Islam.
L’obbedienza al precetto della “guerra santa” spiega il fatto che quella dell’Islam sia una storia di guerre senza fine per la conquista dei territori degli infedeli. (…) In particolare, tutta la storia islamica fu dominata dall’idea della conquista delle terre cristiane dell’Europa occidentale e dell’impero romano d’Oriente, la cui capitale era Costantinopoli. Così, durante lunghi secoli, l’I-slam e la cristianità si affrontarono in terribili battaglie, che da un lato condussero alla conquista di Costantinopoli (1453), della Bulgaria, della Grecia e, dall’altro, alla sconfitta dell’impero ottomano nella batta-glia navale di Lepanto (1571).
Ma lo spirito di conquista dell’Islam dopo Lepanto non cessò. L’avanzata islamica in Europa fu definitivamente fermata soltanto nel 1683, quando Vienna fu liberata dall’assedio ottomano dalle armate cri-stiane al comando di Giovanni III Sobieski, re di Polonia. (…) In realtà, per quasi mille anni l’Europa è stata sotto la costante minaccia dell’Islam (…).
Così, in tutta la sua storia, l’Islam ha mostrato un volto guerriero e uno spirito conquistatore a gloria di Allah, (…) contro gli “idolatri” che devono essere posti nell´alternativa: convertirsi all´Islam o es-sere uccisi. (…) Quanto alla “gente del
Libro” (cristiani, ebrei e sabei), i musulma-ni devono “combatterla finché i suoi membri non paghino il tributo, a uno a uno, umiliati” (s. 9, 29). (…)Secondo il diritto musulmano, i cristiani, gli ebrei e i seguaci di altre religioni
assimilate al Cristianesimo e all’Ebrai-smo (i “sabei”) che abitano in uno Stato musulmano appartengono a un ordine sociale inferiore (…). La legge islamica non conosce i concetti di nazione e di cittadinanza, ma solamente l´umma,
l´unica comunità islamica, per cui il musulmano, in quanto fa parte dell´umma, può vivere in qualsiasi paese islamico come nella sua patria: egli è soggetto alle stesse leggi, trova le stesse usanze e gode della stessa considerazione.
Invece gli appartenenti alla “gente del Libro” sono soggetti alla dhimma, che è una specie di patto bilaterale (…). La “gente del Libro” (Ahl al-Kitab) diviene “gente protetta” (Ahl al-dhimma) (…) e si impe-gna a pagare allo stato islamico un’imposta (jizya), che grava soltanto sugli uomini abili, (…) e a pagare un tributo, detto haram, sulle terre possedute. Per quanto riguarda la libertà di culto, ai dhimmi sono proibite soltanto le mani-festazioni esterne di culto, come il suono delle campane, le processioni con croci, i funerali solenni, la vendita pubblica di oggetti di culto o di altri articoli proibiti per i musulmani. (…) I dhimmi possono conservare o riparare le chiese o sinago-ghe che già posseggono; ma, se non c´è stato un patto che permetta ad essi il possesso di terre proprie, non possono costruire nuovi luoghi di culto, perché per fare questo dovrebbero occupare una terra musulmana, che non può essere ceduta a nessuno, essendo divenuta, con la conquista musulmana, terra “sa-cra” ad Allah.
Nella sura 9, 29 il Coranoafferma che la “gente del Libro”, oltre ad essere costret-ta a pagare le due tasse di cui si è detto sopra, va sottoposta ad alcune restrizioni, come il vestire in modo speciale, la proibizione di portare armi e di montare a cavallo. Inoltre i dhimmi non possono far parte dell’esercito, essere funzionari dello Stato, essere testimoni in giudizi tra i musulmani, prendere in moglie le figlie di questi (…).
Lo scioglimento della dhimma sopravviene, anzitutto, con la conversione della “gente del Libro” all’Islam. (…)
CONSEGUENZA:L´EROSIONE DEL CRISTIANESIMO
È evidente che la condizione di dhimmi, prolungandosi nei secoli, ha portato lenta-mente, ma inesorabilmente, alla quasi sparizione del Cristianesimo nelle terre musulmane. (…) Tanto più che un cristia-no non poteva sposare una donna musul-mana se non si convertiva all’Islam, anche perché i suoi figli dovevano essere educati nell’islamismo. (…) La conseguenza del regime della dhimma è stata l’erosione delle comunità cristiane (…). Negli ultimi secoli, il sistema della dhimma ha subìto alcune attenuazioni, anche perché pure nei Paesi musulmani hanno preso piede la nozione di cittadinanza e quella di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte allo stato. In pratica, tuttavia, la concezione tradizionale resta presente. (…)
Il cristiano, che lo voglia o no, è ricondotto suo malgrado al concetto di dhimmi (…). Nel secolo XIX, nell’impero ottomano, in cui vigeva il sistema del millet, furono introdotte le tanzimat, “regolamentazioni” di impronta liberale. (…) Dalla seconda metà dell’Ottocento fino alla fine della prima guerra mondiale ci fu nel mondo arabo un movimento di “Risveglio” (Nahda) (…). Molti intellettuali furono conquistati dalle idee liberali.
D’altra parte, i cristiani strinsero forti legami con le potenze occidentali – in particolare con la Francia e la Gran Bretagna – che, dopo la dissoluzione dell’impero ottoma-no, ottennero il protettorato sui paesi che facevano parte di esso. (…) Inoltre, nella prima metà del secolo XX, nacquero varipartiti politici d’intonazione nazionalista e socialista, e dunque laici, come il Ba’th, Partito socialista della risurrezione araba, fondato alla fine degli anni trenta a Damasco dall’insegnante siriano Michel ’Aflaz, di religione greco-ortodossa, che nel 1953 si fuse col Partito popolare siriano, fonda-to nel 1932 dal libanese greco-ortodosso Antun Sa’ada. Infine, in vari paesi islamici sorsero regimi politici ispirati ai princìpi liberali e laici dell’Occidente europeo.
NA S C I TA DELL´ISLAMISMO RADICALE
Questi fatti suscitarono nel mondo islami-co una forte reazione, (…) alimentata da un forte risentimento contro le potenze occi-dentali, che avevano osato imporre il loro dominio politico all’Islam, “la migliore
nazione mai suscitata da Allah tra gli uomini” (Corano, s. 3, 110), e i loro costumi “depravati” alla “nazione (umma) che invita al bene, promuove la giustizia e impedisce l’iniquità” (ivi, s. 3, 104). (…).
CONDIZIONE AT T U A L E DEI CRISTIANI NEL MONDO ISLAMICO
L’islamismo radicale, il quale propone che in ogni stato islamico sia instaurata la shari’a, sta prendendo piede in molti paesi islamici, in cui sono presenti gruppi di cristiani. È evidente che l’instaurazione della shari’a renderebbe assai dif-ficile la vita ai cristiani e la loro stessa esistenza sarebbe in continuo pericolo. Di qui l’emigrazione massiccia dei cri-stiani dai paesi islamici verso i paesi occidentali: Europa, Stati Uniti, Canada e Australia. (…) Le stime degli arabi cristiani che sono emigrati negli ultimi decenni da Egitto, Iraq, Giordania, Siria, Libano, Palestina e Israele si aggirano intorno ai tre milioni, cioè fra il 34,1 e 26,5 per cento del numero stimato di cristiani attualmente presenti nel Medio Oriente.
Inoltre non bisogna sottovalutare fatti gravi avvenuti di recente (…). In Algeria, il vescovo di Orano, P. Claverie (1996), sette trappisti di Tibehirini (1999), quat-tro Padri Bianchi (1994) e sei suore di diverse congregazioni religiose sono sta-ti barbaramente uccisi dai fondamentalisti islamici, anche se l’assassinio è stato condannato da numerosi responsabili musulmani. Nel Pakistan, che conta 3.800.000 cristiani su una popolazione per il 96 per cento islamica di 156.000.000 di abitanti, il 28 ottobre 2001 alcuni islamici entrarono nella chiesa san Domeni-co a Bahawalpur e uccisero a fucilate 18 cristiani. Il 6 maggio 1998, il vescovo cattolico John Joseph si era tolto la vita per protestare contro la legge sulla be-stemmia, che punisce con la morte chi è accusato di offendere Maometto anche solo “pronunciando parole, o con gesti e mediante allusioni, direttamente o indirettamente”. Dicendo, per esempio, che Gesù Cristo è il Figlio di Dio, si offende
Maometto, il quale afferma che Gesù non è Figlio di Dio, ma suo “servo”. (…)
In Nigeria (…) parecchie migliaia di cristiani sono state vittime di incidenti. Stanno avvenendo fatti gravi nel Sud delle Filippine e nell’Indonesia, che con i suoi 212 milioni di abitanti è il paese musulmano più popoloso del mondo, a danno dei cristiani di Giava, di Timor Est e delle Molucche. Ma la situazione più tragica – e purtroppo dimenticata dal mondo occidentale! – è quella del Sudan, dove il Nord è arabo e musulma-no, e il Sud è nero e cristiano e, in parte, animista. Dai tempi del
presidente G. M. Nimeiry c’è uno stato di guerra civile tra il Nord, che ha proclamato la shari’a e intende imporla con feroce violenza a tutto il paese, e il Sud che intende conservare e difendere la propria identità cristiana.
(…) Secondo il rapporto 2001 di Amnesty International, “alla fi-ne del 2000, la guerra civile, ripresa nel 1983, era costata la vita a quasi due milioni di persone ed era stata la causa dello sfollamento forzato di altri 4.500.000. (…) nell’Arabia
Saudita, dove vige il wahhabismo, non solo non è possibile costruire una chiesa o anche un piccolissimo luogo di culto cristiano, ma è severamente proibito con pene durissime ogni atto di culto cristiano e anche ogni segno di fede cristiana.
Così circa un milione di cristiani e cristiane, che lavorano in Arabia Saudita, sono privati, con la violenza, di ogni pratica e di ogni segno cristiano. Essi possono partecipare alla messa o ad altre pratiche cristiane – e anche allora con grave pericolo di perdere il lavoro – soltanto nei locali delle imprese petrolifere estere. Eppure, l’Arabia Saudita spende miliardi di petrodollari, non a beneficio dei suoi cittadini poveri o dei musulma-ni poveri di altri paesi musulmani, ma per costruire in Europa moschee e madrasse e finanziare gli imam delle mo-schee in tutti i paesi occidentali. Si può ricordare che la moschea romana di Monte Antenne, costruita su un suolo donato gratuitamente dal governo italiano, è stata finanziata principalmente dall’Arabia Saudita ed è stata costruita per essere la moschea più grande d’Eu-ropa nel cuore stesso della cristianità.