di CASSANDRA – Due annetti fa, avevo scritto sull’eroe risorgimentale Carlo Bellerio, primatista dell’unità d’Italia. Ora, chiusi i bilanci e i tagli ai finanziamenti ai partiti, la sede del Carroccio è un fantasma. Piani deserti, dipendenti a casa tra articoli di giornale che danno per “morti” gli ultimi 24 sopravvissuti ai 71 già licenziati e smentite dell’ufficio stampa della Lega Nord. Ma la crisi c’è e i soldi finiscono…. E’ corsa alle candidature, adesso, per i fedelissimi che si salveranno grazie alla stretta collaborazione col segretario. Si fa avanti una nuova dirigenza politica, più illuminata e colta della precedente. Ma giusto per non dimenticare, cosa avevamo pubblicato nel 2015 quando il sisma della crisi faceva venir giù i primi tramezzi di via Bellerio? Buona lettura, e poi ditemi se non ‘è più nome azzeccato del mio!?
da lindipendenzanuova.com del 1 febbraio 2015
di CASSANDRA – Carlo Bellerio, per i suoi tempi, fu uno che visse a lungo. Nacque a Milano il 28 gennaio del 1800 e con precisione morì a Locarno lo stesso giorno del 1886.
Di mestiere fece lo studente universitario a Pavia ma poi lasciò gli studi per unirsi alla causa più che della Mitteleuropa, a quella piemontese e in seguito mazziniana. Fu uno, insomma, avvolto nel tricolore. Ma le premesse non mancarono, il babbo, il barone Andrea Bellerio, fu magistrato del Regno Italico.
Scappò in Germania per non farsi arrestare dagli Asburgo, passando anche per Francia e Inghilterra, per arrivare infine in Svizzera, dove insegnò lettere. Un personaggio carico di coraggio, come si vede. Deve solo la fortuna di essere diventato famose grazie a chi, quel tricolore, fino a poco tempo fa, lo bruciava, lo dileggiava. Bellerio non fu uno da barricate, alla Carlo Cattaneo, non si chiese cosa fosse meglio per la Lombardia, se trattare, se fidarsi delle promesse dei piemontesi, se ragionare in termini di stati federali del Nord Europa. No, ebbe un cabotaggio da aristocratico lombardo. Abboccò alle promesse unitarie ma poi se la diede a gambe. Vuoi mettere passare dei mesi in galera per le proprie idee?
Via Bellerio, idem con patate
Un nome, dunque, e una storia. Scritta un po’ nel destino. Una storia che va in esilio, per ragioni italiche. Non ci sono più i soldi per combattere… dicono. Oggi la categoria dei “belleriani” passa alla storia per essere stata quella, da una parte, dei vertici massimi del Carroccio e, dall’altra, specialmente oggi, quella della manovalanza che faceva da apparato, da cinghia di trasmissione tra il territorio, gli eletti e la linea politica da applicare agli atti politici in parlamento o nelle amministrazioni. Oltre che organizzare gli eventi, le manifestazioni. Oggi questo cemento, che teneva bene o male su il tetto del partito, è superfluo perché i soldi sono finiti e perché la macchina web si ritiene più efficace e meno costosa.
Lo smantellamento progressivo
Lo abbiamo già scritto e non ci vogliamo ripetere (al massimo, i ritardatari possono leggere qui: http://www.lindipendenzanuova.com/se-la-lega-licenzia-e-colpa-di-renzi-ecco-i-bilanci-2012-e-2013-in-attesa-del-2014/; http://www.lindipendenzanuova.com/la-lettera-dei-71-dipendenti-lega-agli-onorevoli-padani-col-futuro-garantito/), dopo aver cambiato gli slogan, chiuso il quotidiano, azzerato a breve l’apparato, già presentato il simbolo per il Sud, che cosa resta della Lega? Per qualcuno non cambia nulla, visti i sondaggi. Per altri, invece, è chiaro che non è rimasto più niente. Noi stiamo alla finestra e aspettiamo.
Per due giorni quasi di fila, il Corriere della Sera, giovedì 22 e sabato 24 gennaio, ha iniziato a sferrare critiche che prima non si osavano azzardare. Una volta sulla spaccatura interna Salvini-Maroni, sì o no con Berlusconi, che appoggia Renzi e si sostituisce alla diaspora Pd, creando così un nuovo grande centro che esclude la Lega e quindi Salvini come premier (con Tosi invece saldo nell’alleanza di centro); un’altra volta sulla solitudine del segretario leghista, che si accorge di non avere dietro più un partito, dopo che il partito è stato chiuso e trasferito sull’ipad. Manifestazioni, gazebate, proteste fiscali, iniziative che, secondo via Solferino, perdono colpi per il cambio di gestione. C’era bisogno di capirlo dai gazebo e dalle proteste fiscali mancate che un partito è stato progressivamente svuotato e rilanciato al grido di “L’ipad è grande!”? La sbornia comunicativa ha sempre i suoi effetti, specialmente quando tocca i temi che fanno presa. Ma la politica è anche un’altra cosa.
Nel pieno del furore salviniano e dei successi incalzanti nei sondaggi, una abile mano diffuse in agenzia i profili dei nuovi protagonisti della fortuna salviniana, praticamente delle quasi intere biografie celebrative della classe dirigente mediatica attorno al segretario senza partito ma con uno stuolo di professionisti dell’immagine. Dalla segreteria allo staff esteri, per andare in Russia senza parlare russo. Basta avere i contatti con gli ambienti giusti. Vero?
Nello staff ci sono anche coloro che inventarono la scopa della sera delle scope di Bergamo. C’è tutto il nuovo che avanza, gli amici che conoscono Casa Pound e Forza Nuova e tutto il mondo nero attorno. Rosso non lo si può definire. Alle sezioni è stato preferito il web.
Speranze zero punto zero per i dipendenti
Allora, cari dipendenti della Lega: non siete dei web manager, non avete gli amici giusti che vi avvicinino allo staff di Putin anche se non sapete il russo, non avete inventato la scopa, non vi muovete bene tra Casa Pound e derivati della destra, non sapete salire e scendere dal carro… ieri con Maroni poi su con Salvini, che futuro potete avere nel nuovo partito che non ha bisogno più di niente per affermarsi?
In attesa del vertice con la società di revisione del bilancio, il 28 gennaio prossimo, e del 4 febbraio per l’ultimo tavolo ministeriale, dal partito liquido alla liquidazione delle speranze manca ormai poco. Coraggio.