di RICCARDO POZZI – Venticinque anni fa si presentò come l’imprenditore che si sacrificava in politica per il proprio paese, sopperendo alla pavidità dei partiti squagliati da “mani pulite”.
Sapevamo che la politica la conosceva, l’aveva già usata e non era proprio vergine ma sembrò una novità nella melma del pentapartito deflagrato, l’uomo del fare, antiburocratese, per molti un possibile vento nuovo. E poi l’isteria innescata nella sinistra, che da allora ha iniziato a distinguersi per buonanullaggine e rancoroso livore, faceva ben sperare.
Invece Silvio Berlusconi non ha realizzato un solo fioretto elettorale, non una parola ripetuta per anni in tutte le trasmissioni televisive, giornali, manifesti e dibattiti si è trasformata in fatti.
Tasse mai diminuite, fabbisogno dello stato sempre in crescita, nessun controllo della spesa, continua espansione delle mafie nelle restanti regioni.
Ma il capolavoro dell’ex Cavaliere è stato nei confronti nella Lega Nord e della questione settentrionale.
In un quarto di secolo, la creatura politica del nostro, è riuscita ad impastare e immobilizzare ogni velleità autonomista, peraltro già non irresistibile, culminando con la cancellazione definitiva del già pallido federalismo fiscale, varato giusto un attimo prima che il becchino Monti ne inumasse i decreti attuativi, comunque celebri per la loro sostanziale innocuità.
Mai si è sentito Silvio Berlusconi parlare di residui fiscali, di responsabilità territoriali di spesa, di meridionalizzazione dello Stato (anche Sabino Cassese lo ha fatto), di come tenere unita una nazione con i piedi in nordafrica e la testa in Germania.
Nessuno saprà mai se la Lega Nord sia stata disinnescata e resa inoffensiva con la forza persuasiva di Publitalia o se il movimento abbia cambiato il suo oggetto sociale, diventando un altro partito di destra, solo per ragioni di sopravvivenza.
Certo è che milioni di persone, nelle regioni più produttive e vessate del paese, hanno creduto che fosse possibile negoziare un rapporto fiscale meno vergognoso con lo stato centrale e ora si trovano una alleanza di centrodestra, nazionalista ed animalista, che di federalista non ha nemmeno le intenzioni, che tutto si propone fuorché di imporre un po’ di responsabilità territoriale.
Gli italiani del nord non hanno mai inteso sentirsi “superiori”, ma la prospettiva è quella che siano costretti a sentirsi italiani e continuino a pagare in silenzio per questo invidiabile privilegio.
Comunque vadano queste penose consultazioni, niente cambierà per chi paga troppo e niente cambierà per chi fruisce del lavoro di qualcun altro.
Nei fatti e non nelle opinioni, Berlusconi ha fatto perdere 25 anni al movimento autonomista, e pare non aver ancora finito.