Il posto peggiore dove pagare le tasse è l’Italia centralista ammazzaimprese
E’ in arrivo l’ingorgo fiscale di novembre che per l’erario è da sempre il mese più “gratificante” dell’anno (vedi Tab. 1). Dalle scadenze del 16 e del 30 novembre prossimi, infatti, il fisco incasserà ben 69 miliardi di euro. Secondo una stima elaborata dall’Ufficio studi della CGIA, le imprese, in particolare, saranno chiamate a versare l’Iva (19 miliardi), l’Ires (16,2 miliardi), le ritenute dei dipendenti e dei collaboratori (12,5 miliardi). Le aziende, inoltre, saranno chiamate a onorare anche l’Irap (10,9 miliardi), l’acconto Irpef dei propri dipendenti (7,3 miliardi di euro) e dovranno versare anche le ritenute d’acconto sui compensi dei professionisti (1,2 miliardi) (vedi Tab. 2).
Vista la portata del gettito, tante aziende avranno non pochi problemi a superare indenni questa raffica di scadenze fiscali. Novembre, infatti, costituisce un vero e proprio stress test che permetterà agli imprenditori di misurare la tenuta finanziaria delle proprie attività.
Il mese in corso, dicevamo, è molto particolare anche per un altro aspetto. Quando un imprenditore in difficoltà da tempo non supera positivamente questo “esame”, spesso decide entro poche settimane se valga la pena o meno continuare l’attività.
Pertanto, per evitare che tanti piccoli imprenditori oggi in difficoltà per il caro energia, il boom dell’inflazione e per la contrazione dei consumi chiudano definitivamente l’attività è auspicabile che in tempi ragionevolmente brevi il nuovo Governo provveda a tagliare drasticamente le imposte, al fine di “ammorbidire” anche i versamenti relativi alle scadenze più critiche di ogni anno: ovvero, i mesi di giugno-luglio e di novembre-dicembre (vedi Graf. 1).
La nostra burocrazia fiscale è la peggiore d’Europa
Oltre ad avere un carico fiscale tra i più elevati d’Europa, l’Italia, assieme al Portogallo, è il Paese dove pagare le tasse è più difficile, in particolar modo per le aziende. Secondo le ultime statistiche disponibili
elaborate dalla Banca Mondiale (Doing Business 2020), i nostri imprenditori “perdono” 30 giorni all’anno (pari a 238 ore) per raccogliere tutte le informazioni necessarie per calcolare le imposte dovute; per completare tutte le dichiarazioni dei redditi e per presentarle all’Amministrazione finanziaria; per effettuare il pagamento on line o presso le autorità preposte. In Francia per espletare le incombenze burocratiche derivanti dal pagamento delle tasse sono necessari solo 17 giorni (139 ore), in Spagna 18 (143 ore) e in Germania 27 (218 ore), mentre la media dell’Area dell’Euro è di 18 giorni (147 ore). I dati si riferiscono a una media impresa (società a responsabilità limitata), al secondo anno di vita e con circa 60 addetti.
Anche dicembre sarà un mese molto impegnativo
Anche il prossimo mese di dicembre sarà particolarmente impegnativo sul fronte fiscale. Entro il 16 dicembre, infatti, le aziende dovranno versare i contributi previdenziali, assistenziali e le ritenute
Irpef dei propri dipendenti e collaboratori. Dovranno, inoltre, pagare l’acconto dell’imposta sostitutiva sui redditi da rivalutazione del Tfr, il saldo dell’Imu su capannoni, uffici, negozi e l’Iva del mese di novembre,
sempreché si tratti di contribuenti mensili. Infine, entro Natale dovranno liquidare anche le tredicesime ai propri dipendenti. Insomma, non è da escludere che molti piccoli imprenditori a corto di denaro si
troveranno in seria difficoltà a rispettare tutte queste scadenze così ravvicinate.
Chi non paga, cosa gli succede ?
Se qualcuno non rispetta le scadenze fiscali previste nelle prossime settimane, cosa va incontro? L’ordinamento tributario, ricorda l’Ufficio studi della CGIA, impone al contribuente una sanzione dell’1
per cento dell’importo da versare al fisco per ogni giorno di ritardo entro il 15° dalla scadenza. La percentuale sale al 15 per cento se il pagamento viene effettuato entro il novantesimo giorno dalla scadenza.
Per omesso pagamento o per versamento effettuato dopo 90 giorni dal termine previsto per legge, la sanzione sale al 30 per cento dell’importo da versare all’erario. Indipendentemente dal ritardo, sono altresì dovuti gli interessi pari al 4 per cento (annuo) dell’importo da pagare. Va ricordato, infine, che le sanzioni possono essere fortemente ridimensionate usufruendo dell’istituto del “ravvedimento operoso”, a condizione che si versi sia l’importo omesso che la sanzione (opportunamente ridotta) e gli interessi. Le riduzioni, ovviamente, diminuiscono con il passare del tempo di pagamento.
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