di STEFANIA PIAZZO – Ad Amatrice, segno della rinascita, è stato allestito un tendone per improvvisare la vita che insiste nel voler riprendere se stessa, per proiettare film. In pratica, un cinema. Mi ricorda tanto uno spazio in un luogo che fu la cittadella austriaca sulla linea del fronte nel 15-18, sull’Altopiano di Asiago. La città che raccoglieva ad alta quota con un sistema di teleferiche e impianto idrico che garantiva la sopravvivenza nel deserto carsico dell’altopiano, si chiamava e si chiama Campogallina. Lì, per sopravvivere, appunto, avevano ricreato una città ideale. Mentre dall’altra parte della Eugen Kaiser Strasse, sul fronte italiano, a pochi tornanti di distanza, le suole di cartone dei nostri fanti marcivano, lì, a Campogallina, c’era il cinematografo. Amatrice come Campogallina, perché l’arte, l’immaginazione, la fantasia, aiutano a superare la morte e il fronte di guerra contro le assurdità. Oggi, a maggior ragione, sono col cuore ad Amatrice. Oggi sono con la rabbia ad Amatrice. Oggi sono con la rassegnazione ad Amatrice. La speranza arriva dalla gente, non dalle istituzioni, ad Amatrice. Oggi sono accanto con bene intenso alla mia cara amica e collega Maria Paola Gianni, che due anni fa entrò nell’elenco dei sopravvissuti solo perché la soletta della casa di famiglia, nella stanza dove dormiva con la sorella, resse l’urto tragico delle scosse. Si salvò con la sorella e il cane, uscendo da un passaggio di fortuna tra le scale crollate e le pareti sbriciolate. Come dei minatori miracolati.
Sono passati due anni e l’altro giorno, sentendoci come spesso accade, Paola mi scrive: “Io sono ad Amatrice. Stanno rimuovendo le macerie da casa mia e ho lavorato tutto il giorno (cercando di togliere erbacce e di aiutare la ditta a smistare il ferro dal legno). Domani finiscono. E ora sono al cinema, sta per arrivare Verdone. Mediaset mi ha intervistata, andrà domani a ora pranzo”. E aggiunge: “Se vado in onda sarò stravolta, sono venuta direttamente dalla mia casa rimossa”. E le chiedo: “Una volta demolita la casa, cosa farai su quello spazio? Hai avuto un risarcimento?”. Risposta, da leggere a voce alta, scandendo bene le parole: “L’iter è molto lungo. Va presentato un progetto e si ottiene un contributo dello stato che andrà direttamente alla ditta di costruzioni. Ma ci vorranno anni”.
Ecco. Noi siamo distratti dalle navi che arrivano nei porti, le tv indugiano nei cimiteri dei crolli, sulle concessioni e le acciaierie. Ma ad Amatrice, le case le stanno demolendo adesso. E Maria Paola era lì a spostare massi e piante per fare prima. Scava che ti passa. Poi, per rallegrare il senso di comunità, tutti al cinema, mentre fuori c’è la trincea e le linee del fronte: da una parte i cittadini, dall’altra lo Stato che spara. Sotto il fuoco nemico paghi le tasse, obbedisci ai generali che ti mandano avanti per primo. Per fortuna c’è il cinema. Campogallina-Amatrice, 1918-2018.
Nel frame dal filmato Ansa, Maria Paola Gianni a destra mentre registra col telefonino la serata tra i cittadini della sua Amatrice.