Il nazionalismo è la guerra. Parola di Mitterand

protezionismoeuropeodi SERGIO BIANCHINI – Le domande di Sergio Romano e Alberto Alesina sul   Corriere della sera. Il 24 gennaio 2017 in un editoriale del Corriere, dopo aver sostenuto che la gioia dei populisti europei per l’elezione di Trump sia perfettamente comprensibile e logica, Romano ribadisce il teorema mondialista secondo cui “Il bilancio finale di un mondo protezionista è sempre complessivamente negativo. Grazie alle tariffe doganali, i governi nazionalisti e protezionisti colgono qualche effimero beneficio elettorale, ma si lasciano alle spalle un sistema autarchico e provinciale, una società introversa e mediocre.”

Dall’alto del suo dogmatismo e presunta superiorità culturale -” Esistono tuttavia problemi, di cui nessuno, in questi ambienti, sembra essere consapevole” –  pone comunque ai populisti tre domande, certo che nessuno potrà rispondergli :

1 )In primo luogo, quale forma di collaborazione politica ed economica potrebbe esistere, se i populisti andassero al potere in Europa, fra Paesi che sarebbero tutti, anche se con sfumature diverse, nazionalisti e protezionisti?

2)In secondo luogo, credono davvero i populisti al potere che il presidente Trump li tratterebbe come amici e lontani congiunti?

3) in terzo luogo, infine, i populisti europei dovrebbero ricordare che all’origine del libero commercio vi è anche la convinzione che la guerra dei dazi esaspera le divisioni e possa diventare, prima o dopo, semplicemente guerra. Nel suo ultimo discorso, pronunciato al Parlamento di Strasburgo il 17 gennaio 1995, François Mitterrand disse di essere nato durante la Prima guerra mondiale, di avere fatto la Seconda e di essere giunto alla conclusione, durante la sua vita, che «il nazionalismo è la guerra».
Il giorno seguente un altro editoriale, di Alberto Alesina che è un famoso economista mondialista, cerca di precisare il concetto di globalizzazione. La prima definizione che lui dà sembra ovvia ed accettabile da tutti:” Libero commercio di beni e servizi tra paesi.” E’ la definizione innocua che sembra accettabile da tutti ma poi la vedremo meglio.

Continua poi con altre caratteristiche della globalizzazione e cioè liberi flussi migratori, mercati finanziari non controllati,  per arrivare alla difesa d’ufficio dell’unione europea e della moneta europea.

Ammette la fondatezza di alcune critiche ma, come Sergio Romano conclude con una domanda agli avversari della globalizzazione:”cosa volete esattamente?, spiegatelo”. La cosa curiosa e chiarificatrice per noi è che per entrambi i dotti mondialisti il dilemma è sempre tra nazionalismo e mondialismo. Nazionalismo cattivo, mondialismo comunque buono. Dimenticano clamorosamente la validità e l’utilità di relazioni bilaterali da sempre esistenti tra le nazioni o di coordinamenti, alleanze, progetti comuni di area o continentali da sempre in corso a livello mondiale.

Ad esempio il libero commercio di beni e servizi tra i paesi europei sicuramente non è criticato da nessuno. In Europa, anzi forse la maggioranza degli europei lo vorrebbe esteso anche alla Russia che oggi non ne fa parte. Invece un libero commercio mondiale sarebbe insostenibile se non al prezzo di enormi tensioni garantite solo da un’immensa forza militare di un, per fortuna, impossibile stato o continente egemone.

Però la domanda su cosa vogliamo noi è pertinente e ci obbliga a chiarirci le idee. Nel mio schema la sovranità nazionale non è in contrasto con lo sviluppo della cooperazione internazionale, anzi ne è il valido complemento. Un generale sviluppo della cooperazione bilaterale e multilaterale libera tra gli stati esistenti consentirebbe anche una più semplice nascita di nuove nazioni che all’interno degli stati tradizionali premono per liberarsi.

E proprio la focalizzazione sull’Europa ci consente di evidenziare il vuoto di pensiero concreto e reale dei mondialisti nella gestione delle alleanze territoriali. Ad esempio perchè in Europa non si costruisce una infrastruttura telematica come avviene in Cina e Russia e si dipende sempre da Google cioè dagli USA? Eppure è noto a tutti che perfino i cellulari dei capi di governo europei sono sorvegliati e spiati dai servizi americani, dai gioiosi, altruisti  e democratici mondialisti alla Clinton e all’Obama.

Di più, perchè i media non lavorano alla ovvia costruzione di una opinione pubblica europea? Dopo 15 anni di vigenza dell’Eurozona la nostra conoscenza della realtà organizzativa europea, delle regole dei diversi stati, dei livelli di vita, delle situazioni organizzative e relazionali è clamorosamente quasi nulla. Un esempio ecclatante è la scuola, dove i nostri media nascondono accuratamente che il curricolo medio europeo è del 30% più basso di quello italiano e che gli anni per ottenere il diploma sono 12 contro i nostri tredici. Anche l’informazione sulle grandi infrastrutture europee come autostrade, ferrovie, canali,  è minima o nulla. Sulla loro estensione, sulle prospettive. Così per le forze armate, le carceri, la criminalità.

Un vero quadro descrittivo, che dovrebbe essere la base quotidiana dell’europeismo, sulle condizioni dell’Europa non viene fatto. L’unica cosa di impatto quotidiano sono …….i migranti. E questo mostra chiaramente che i nostri europeisti sono in realtà dei mondialisti travestiti.

Noi però dobbiamo chiarirci le idee sull’Europa che vogliamo. Io per anni ho cercato invano di convincere i giovani padani a fare un convegno sulla scuola in europa. Sembrerebbe una idea quasi ovvia. Invece niente! E così idee alternative vere al nostro squallore scolastico .. .. NIENTE!

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