Ricorda Giacomo Biffi e le sue raccomandazioni lontane e criticate che fecero scalpore. Accogliere i cristiani. Fu una voce che ruppe il silenzio ecclesiale. Ora a distanza di decenni arriva una bordata che rompe il monolitismo della Cei sull’accoglienza a prescindere e sempre comunque.
Non una accoglienza emergenziale di persone appena arrivate (per le quali sono attivi i centri Cara, per i richiedenti asilo, e Cas, straordinaria) ma accoglienza di singoli o nuclei familiari già identificati e conosciuti per i quali si potrà predisporre un percorso specifico caso per caso. Sono le indicazioni espresse infatti in una nota dal Cardinale Arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra, facendo seguito all’appello di Papa Francesco per l’accoglienza ai migranti.
Certo, accogliamo, ma vogliamo sapere a chi si aprono le proprie porte di casa. L’Archidiocesi, scrive Caffarra, agirà attraverso la Caritas Diocesana che si interfaccerà da un lato con la Prefettura e i centri indicati, e dall’altro con le Caritas presenti sul territorio (parrocchiali, interparrocchiali, o di zona o di vicariato). L’obiettivo, spiega ancora il Cardinale di Bologna, è offrire ai profughi veri percorsi di accoglienza e integrazione, e al tempo stesso, garantire chi accoglie di non essere lasciato a se’ stesso a gestire situazioni che sono delicate e faticose.
Oggi realtà che accoglie, spiega ancora Caffarra, “è necessario che sia quotidianamente visitata monitorata e sostenuta dalla comunità tutta e da altre figure esterne competenti e autorevoli. Potrebbe essere questo uno spazio affidato anche ad Associazioni, Movimenti e altre Aggregazioni ecclesiali, che possono offrire alla realta’ ospitante svariate forme di sostegno organizzato”. L’accoglienza sarà vissuta con “gioia e onore”; esclusa ogni forma di rimborso economico per vitto e alloggio. Tutto ciò che invece comporterà costi e impegni ulteriori( ad es. Assistenza sanitaria, corsi di lingua e di formazione, adempimenti burocratico o altro) rientra’ nell’impegno delle realtà caritative e delle istituzioni preposte. La parrocchia, spiega ancora Caffarra, non si identifica con il parroco, la canonica, le strutture parrocchiali.
“Proprio perché l’accoglienza sia espressione di tutta la comunità cristiana si chiede che i sacerdoti responsabili di parrocchia e zone pastorali non si facciano carico da soli dell’accoglienza. Se non si riuscisse a garantire una effettiva corresponsabilità con almeno alcuni parrocchiani – – conclude il Cardinale di Bologna – neppur il parroco da solo potrebbe far fronte al bisogno; in tal caso si prenderà atto con dolore della impossibilità di accogliere”.