Il “leader che tutto il mondo ci invidia” che competenze ha?

Salvini-fascismo

di RICCARDO POZZI – Di che cosa si intende il politico? Votiamo da anni, oppure ci asteniamo, ma non sappiamo niente delle competenze di chi deleghiamo a rappresentarci.
Qualche volta l’assessore, il ministro, il sottosegretario, il presidente della municipalizzata, sono persone con competenza specifica, magari sono ingegneri, tecnici che sanno di cosa si stanno occupando e possono mettere in campo la loro competenza per essere credibili politicamente.
Ma nella grande maggioranza dei casi l’uomo politico non ha alcuna competenza del dicastero, dell’assessorato, dell’azienda pubblica, che è chiamato a dirigere.
Ma allora che deve saper fare il leader, il capo di cui tutti parlano con epiteti un po’ epici e eroici?
Giorni fa ho letto:”Il capitano che tutti ci invidiano”, davvero esistono persone disposte a credere questo?
Fare politica, esserne leader, il capo, o comunque un esponente di livello, ha raramente a che fare con la competenza diretta e con i problemi, ma è direttamente ed in certi casi esclusivamente collegato con il carattere.
E’ questa la vera dote del leader. Il carattere. Non la competenza. Infatti il vero leader si sente spesso auto compiacersi di ascoltare la gente, di capire la gente, di conoscere i problemi della gente e le sue preoccupazioni. Egli si sente interprete della volontà popolare, o almeno di quella popolazione che lo ha votato, senza chiedersi di averne fatto un’analisi con adatti strumenti e competenti figure tecniche o scientifiche.
Il rovescio della medaglia è che, sempre più, spesso eleggiamo persone che nulla sanno di amministrazione, di lavoro, di economia, di politica estera, di organizzazione della pubblica amministrazione, di managerialità applicata ai problemi delle comunità complesse.
Ci fidiamo di persone la cui cifra personale è solo il carattere (o il brutto carattere), la capacità di reggere lo stress, il logorio che necessariamente accompagna la gestione degli equilibri fratricidi di partito, e il prendere decisioni sulla esclusiva base di un fiuto strategico che nessuno può insegnare.
Ma il futuro della leadership implica una sempre più consistente conoscenza dei metodi per studiare i problemi della gente, e non semplicemente la presunta capacità di ascoltare la folla. I leader del futuro dovranno sempre più poter manovrare i sistemi di analisi della realtà in modo oggettivo, senza affidarsi alle voci del mercato o alla ressa delle manifestazioni.
Invece i nostri leader brillano per il piglio popolaristico, come si sentissero investiti da una qualche divinità a essere la voce del popolo. Non è così. Il popolo, anche quello che non riesce a fare a meno di saltare in soccorso del leader vincente, non ha in mano la verità e spesso non ha nemmeno gli strumenti per analizzarla, visto la complessità raggiunta dalle società moderne.
Il “leader che tutto il mondo ci invidia” appartiene a un passato elementare e arcaico, e sempre di più i leader politici che eleggiamo devono darci prova di ciò che sanno e non di ciò che sanno dire.
Perché del carattere senza competenza,”il popolo”, sa sempre meno che farsene, e sempre meglio come va a finire. Male per noi.

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