Il Financial Times / La città delle spie: così la battaglia per la Catalogna spacca Barcellona

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Il Sole 24 Ore del 3 luglio ha realizzato un servizio con occhiello: Omaggio alla Catalogna, traduzione di una articolata inchiesta tratta dal Financial Times di cui riproponiamo ampi stralci, rimandando al link in calce per una lettura integrale

All’esterno di un edificio di pietra bianca, ai margini del Quartiere Gotico medievale di Barcellona, cinque giovani turisti francesi si godono l’assolato pomeriggio primaverile, sorseggiando vino e cercando di decidere se faccia abbastanza caldo per andare in spiaggia. Uno di loro vorrebbe visitare la basilica della Sagrada Família e mangiare tapas.

Un altro preferirebbe trovare un “coffe shop” e fumare un po’ d’erba, per poi andare a prendere la tintarella. Chiacchierano delle varie possibilità in modo languido in una delle grandi capitali del turismo nel mondo. All’interno di quell’edificio, qualche piano più in alto, l’agente di polizia dell’intelligence catalana Jordi Cruz è alle prese con ben altri problemi. Cruz (nome di fantasia) si trova in quella medesima città, ma vive in un altro mondo. La sua è una Barcellona completamente diversa, terra di spie, territorio di fazioni politiche in guerra tra loro, di intercettazioni telefoniche e registrazioni segrete. Nel sottosuolo di quella Barcellona si sta combattendo una vera e propria guerra per il futuro della Spagna.

Per Cruz, la città è diventata più simile ai campi di battaglia di Vienna dove si scontravano le intelligence durante la Guerra fredda che a una metropoli europea del XXI secolo. Sotto la felpa scura con cappuccio, Cruz indossa una pistola nera massiccia infilata alla cintola dei jeans. È in quel palazzo per fare luce su uno scandalo di spie che rischia di mandare decine di catalani in prigione, dagli agenti della polizia ai politici. Di conseguenza, Cruz è nervoso. “I miei colleghi della polizia catalana potrebbero uccidermi per aver parlato con un giornalista, sul serio!” dice. “Non sono ben sicuro di quello che potrebbero farmi”. I suoi timori per una rappresaglia violenta arrivano nel bel mezzo di una profonda crisi politica e sociale che ha trasformato definitivamente la Catalogna, facendola passare da una delle aree più ricche e più cosmopolite d’Europa a una delle più turbolente.

Negli ultimi anni, milioni di catalani hanno deciso che vogliono che la loro regione sia indipendente dalla Spagna. Questo movimento – pur rappresentando meno della metà della popolazione catalana che conta 7,5 milioni di persone – ha preso il controllo del governo regionale, e lo sta usando per portare avanti la sua agenda radicale filo-indipendentista. Il movimento ha il pieno controllo delle forze di polizia e del sistema della pubblica istruzione.(…)

È un po’ come se il governo regionale scozzese volesse cercare di dar vita a un servizio segreto rivale dell’M15 (il servizio segreto interno di intelligence del Regno Unito), e stesse prendendo di mira determinate persone per la loro ideologia politica. È assurdo. È semplicemente inammissibile che una cosa del genere possa accadere”. La polizia catalana non ha voluto esprimersi in proposito. Il ministro degli interni della Catalogna ha detto di “non essere a conoscenza” di quanto sembra accadere dietro le quinte, e di non potersi esprimere in proposito in quanto le accuse sono oggetto di un’indagine giudiziaria che potrebbe finire con un vero e proprio procedimento legale in tribunale. Ma quelle di cui riferiamo non sono le affermazioni strampalate di un unico poliziotto: quattro agenti della polizia catalana intervistati dal Financial Times, insieme a personaggi in stretto contatto con i servizi d’intelligence spagnoli e con il governo spagnolo, affermano di ritenere che siano in corso vari tentativi finalizzati a costituire un’agenzia d’intelligence catalana in grado di portare avanti la causa: l’indipendenza dalla Spagna.(…)

I presunti casi di spionaggio a Barcellona non sono limitati alle forze di polizia della Catalogna. Secondo una fonte a conoscenza dei fatti, i servizi d’intelligence spagnoli sono stati attivi nel perseguire i leader catalani che erano scappati all’estero. Quattro fonti diverse vicine alla polizia catalana hanno riferito che il servizio d’intelligence della polizia catalana è stato costituito in parte per contrastare quella che, sempre secondo fonti catalane, sarebbe una forza segreta interna alla polizia spagnola che da anni porta avanti un’agenda completamente contraria, finalizzata a mantenere la Catalogna parte integrante della Spagna. L’anno scorso un gruppo filo-indipendentista del parlamento catalano ha chiamato quella forza segreta “una divisione politica della polizia creata per danneggiare gli avversari politici”.(…)

È in questo clima che lo spionaggio è diventato uno strumento assai diffuso, secondo chi è a conoscenza dei fatti. Per quanto riguarda i separatisti catalani, è stato il governo spagnolo a dare il via alla guerra delle spie. Già nel 2012 il ministro degli interni spagnolo lanciò un’operazione denominata “Operazione Catalogna”, secondo quanto ha appurato un’indagine del parlamento catalano l’anno scorso. I legislatori filo-indipendentisti hanno detto che l’operazione consisteva nella creazione di una task force nazionale segreta di agenti di polizia utilizzati per combattere una “guerra sporca” contro il processo indipendentista, nel tentativo di delegittimare l’intero movimento.(…)

(…)Il governo spagnolo ha smentito a lungo che esistesse l’“Operazione Catalogna” e nei tribunali non è mai stato dimostrato che sia stato commesso qualcosa di illegale. Alcune fonti vicine all’ex ministro degli interni spiegano che all’epoca la polizia spagnola stava perseguendo alcuni politici catalani per corruzione, ma a buon motivo. È stato reso noto, per esempio, che nel 2014 Jordi Pujol, che ha guidato la regione dal 1989 al 2003, custodiva svariati milioni di euro nei paradisi fiscali di oltreoceano. Pujol ha ammesso di aver tenuto nascoste ingenti somme di denaro in conti segreti di alcune banche straniere per un periodo superiore ai trent’anni.(…)

L’attivista anti-indipendentista Josep Ramon Bosch crede di essere una delle vittime civili innocenti di questa lotta dietro le quinte. È un uomo massiccio oltre la quarantina, porta i capelli sale e pepe tagliati corti e la barba molto curata. È cresciuto a Santpedor, una cittadina nel cuore filo-indipendentista della Catalogna. I suoi ottomila abitanti circa parlano catalano più che spagnolo e per tutti loro credere che “un giorno la Catalogna sarà libera dal giogo dell’oppressione spagnola e avrà un futuro glorioso”, dice.(…)

Intorno al 2012, quando il governo catalano decise di dare nuovo impulso alla lotta per la sua indipendenza, Bosch fece campagna contro di esso. Nel 2013 ha dato vita a un gruppo della società civile favorevole all’unità della Spagna denominato Somatemps. Al primo raduno, racconta, la polizia catalana – nota con il nome di Mossos d’Esquadra – effettuò un sopralluogo del piccolo ristorante nel quale dovevano ritrovarsi, prima ancora che il meeting avesse inizio. “Il proprietario mi disse che i Mossos erano andati a fargli visita e gli avevano chiesto di noi. In seguito, alcuni miei amici nella polizia locale mi hanno fatto sapere che quel giorno gli agenti erano appostati ovunque, durante il nostro incontro, e che all’esterno del locale scattarono fotografie a tutti noi. Mi sembrò tutto molto strano”.

All’epoca, non ci fece caso più di tanto. “Me ne dimenticai. Pensai che si potesse trattare di un incidente isolato. Non ho mai pensato che fosse vero che la polizia mi pedinasse”. Col passare degli anni, però, Bosch è diventato un personaggio di spicco della Societat Civil Catalana (SCC), un gruppo anti-indipendentista ben più grande, e iniziò ad avere la sensazione concreta di essere pedinato. “Alcuni agenti della polizia nazionale mi avvisarono che il mio telefono era sotto controllo e le mie comunicazioni intercettate” dice. Poi, nel 2015, un giorno i legislatori catalani filo-indipendentisti lo accusarono di essere in contatto con elementi dell’estrema destra, usando informazioni che Bosch sospetta provenissero dai Mossos.

(…)

Anche altre persone che sembrano essere state tenute sotto vigilanza continua appaiono fortemente turbate, e dicono che questo ha fatto vacillare profondamente la loro fiducia nella politica nazionale. Sergio Santamaría, ex parlamentare del Partito Popolare favorevole all’unità della Spagna, dice che era abituato a considerarsi un outsider politico quando viveva nella zona filo-indipendentista della Catalogna. “Per strada la gente ha iniziato a lanciarmi occhiatacce, poi a insultarmi. E infine è arrivata addirittura a minacciarmi… Ebbene sì, le cose qui vanno così”. Ma Santamaría, che ha promosso una causa civile contro la polizia catalana, dice che non “era preparato” a sentire quello che ha provato quando ha letto alcuni estratti del rapporto di polizia dai quali si deduce che contro di lui sono stati usati alcuni dispositivi precisi. “Pensavo di essere al sicuro, che tutta la mia vita lo fosse. Vivevo bene. Ero un politico. Pensavo di potermi esprimere liberamente. Quando invece ho scoperto che cosa era accaduto, mi sono sentito malissimo. Io credo nella democrazia e nei diritti umani. E questa è una palese violazione dei miei diritti”.(…)

In base alla legge spagnola, la sorveglianza attuata dalle agenzie delle forze dell’ordine è consentita a patto che vi siano buoni motivi, per esempio un pericolo per la sicurezza pubblica. Le prove raccolte dalla polizia spagnola sono state inviate al Tribunal Superior de Justicia de Cataluña, che nei prossimi mesi dovrà decidere se sporgere querela. Ma contro alcuni personaggi di spicco della polizia catalana – che avrebbero tacitamente sostenuto il processo di indipendenza a settembre e ottobre, malgrado un ordine del tribunale avesse ingiunto loro di sventarlo – è già in corso un’azione civile separata.

Nel 1936 e nel 1937, i primi anni della guerra civile spagnola, Barcellona fu un centro nevralgico di spionaggio, quando gruppi di comunisti e anarchici combatterono per il futuro della sinistra. La città divenne anche il terreno di scontro di alcune operazioni d’intelligence degli Alleati e dei paesi filo-Asse durante la Seconda guerra mondiale, e diventò un punto di arrivo e di transito per i prigionieri di guerra in fuga. Da allora, però, la città è sempre stata relativamente tranquilla. “Negli ultimi anni di Franco, e dopo la dittatura, il vero conflitto interno in Spagna è stato quello con i paesi baschi, e l’intelligence era impegnata contro il gruppo terroristico dell’Eta” dice Jimmy Burns, autore di “Papa Spy”, un libro sullo spionaggio spagnolo. “Barcellona non era al centro dell’attenzione”. Ma non è più così. Mentre l’Eta si è ormai disgregata, l’intera Catalogna è precipitata in agitazioni sociali e politiche. Milioni di persone che vi vivono restano tuttora accanite separatiste e non ci sono segnali dai quali si possa evincere che il conflitto – o lo spionaggio – stia scemando.

A marzo il servizio d’intelligence spagnolo CNI ha predisposto una squadra formata da una dozzina di persone che hanno seguito le tracce dell’ex leader della Catalogna Carles Puigdemont, sfuggito alla giustizia spagnola, pedinandolo in tutta Europa e assicurandosi che fosse arrestato in Germania. Poco prima che ciò accadesse, alla stampa sono arrivate tramite soffiate alcune frasi di Lluís Salvadó, un illustre politico catalano filo-indipendentista, nelle quali commentava il seno di una collega. Quando ha presentato le sue scuse, Lluís Salvadó ha anche deplorato che quella fosse “l’ennesima conversazione con amici e familiari” a essere stata intercettata e passata ai media per danneggiarlo.(…).

Fuori dobbiamo strizzare gli occhi per adeguarci all’intensa luce del sole e all’atmosfera vibrante che si respira. Siamo circondati da bar e locali che servono ai felici residenti del posto e ai turisti spuntini con birra, patatas bravas e pimientos de Padrón. Cruz guarda a destra e a sinistra in modo furtivo e mi dice: “Devo stare molto attento”.
Traduzione di Anna Bissanti
© 2018, The Financial Times

 

servizio integrale su http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2018-06-16/la-citta-spie-cosi-battaglia-la-catalogna-spacca-barcellona-165051.shtml?uuid=AEBdoc7E&cmpid=nl_morning24

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