di ROBERTO BERNARDELLI E STEFANIA PIAZZO – Barconi, Inps, pensioni sociali ai migranti. Da mesi è il solito refrain e non si parla d’altro. L’incasso elettorale è certo se la Lega di Salvini è al 30% facendo sparire Forza Italia, ammutolendo i 5Stelle utili comparse e spadroneggiando sui social in ogni istante. La sbornia mediatica fa dimenticare tutto il resto e per tutto c’è l’abisso che separa il Paese dall’Europa. Quale Europa? Quella che mette da parte i populismi e che conta su una buona amministrazione. L’altro giorno un editoriale di Francesco Grillo pone finalmente i riflettori sulla questione di fondo volutamente annacquata, dimenticata e messa di lato, anzi, sotto sotto.
La questione meridionale irrisolta, peso e macigno che trascina giù il resto del Paese. Titola il Corriere: Sud, l’Europa si allontana. Le tre svolte necessarie.
Grillo ci ricorda che l’Italia è al 28° posto su 28 paesi, cioè l’ultima, per capacità di spesa dei 450 miliardi di euro che l’Europa mette a disposizione delle regioni europee. Scrive il Corriere: “Siamo dietro la Croazia che nell’Unione è appena entrata, in una classifica dominata dalla Grecia e dal Portogallo che hanno avuto l’umiltà di accorgersi di non poter sprecare neppure un euro di fondi strutturali”.
La cifra è impressionante: il 40% dei fondi strutturali, dal 2014 al 2020: il loro impiego potrebbe, ma visti i tempi, meglio usare l’imperfetto, poteva far crescere il Sud di due punti di Pil “senza pesare sul debito dello Stato”. (…) Il fallimento del’Italia mette a rischio la credibilità di una intera politica”.
Bisogna avere le idee chiare sulla visione di politica e di Stato che si vuole preservare. Quello che subiamo e viviamo, nazionale centralista e privo di responsabilità di spesa di uno Stato federale e delle autonomie, fa sì, che i dati siano questi. Copiamo dal Corriere così per non passare per ideologici: “Bisogna arrivare ad una regione turca al confine con Siria e Iraq per trovare quella che condivide Calabria, Sicilia e Campania gli ultimi quattro posti della classifica che Eurostat realizza ordinando le 500 regioni dell’Europa allargata anche ai Balcani e alla Turchia”.
Persino la Cina, si legge, da anni hanno sviluppato meccanismi semplici di misurazione delle prestazioni che pesano sulla distribuzione dei finanziamenti e sulla conferma dei dirigenti.
Ma non ci pare vi sia nell’agenda di questo governo che il premier Conte ribadisce essere populista, una riforma dello Stato, la responsabilità degli amministratori, la responsabilità di spesa che nessuno osa mettere tra le priorità per governare.
Governare lo sfacelo, nulla di più. Dietro la Siria, l’Iraq e quel deserto lì. Ma tanto, ci sono gli stop ai barconi a sfamare la fame di giustizia.