di SERGIO BIANCHINI – L’incarico alla nuova ministra e la penosa vicenda della simil laurea mostrano chiaramente che l’organizzazione concreta della scuola di stato viene lasciata in mano al sindacato. Sindacato che da decenni ormai svolge il ruolo il tribuno della plebe con potere di veto su tutto l’apparato formativo dal ministero ai presidi.
Contemporaneamente, nelle sfere ineffabili della “cultura”, superficialità e impressionismo sono ormai l’atteggiamento con cui i gli “intellettuali” analizzano i problemi della nostra scuola.
Non fa eccezione l’aricolo di Gian Antonio Stella sul Corriere del 22 dicembre. In un paginone carico di titolini e titoloni miglioristi analizza tutto e indica obiettivi su tutto. Ma obiettivi vaghi che a fatica, anzi, che assolutamente non si compongono in idee-gestione del nostro sistema.
Partiamo dalle bocciature. Si dice che “ormai” nel mondo si sa che i sistemi non selettivi portano solo vantaggi. Ma si dimentica di dire che la bocciatura in Italia è quasi scomparsa sia nella scuola primaria che nella secondaria con la sola eccezione dei primi due anni di scuola superiore.
Più volte ho dimostrato come la bocciatura vada sostituita da una promozione politica e non dal 6 politico usato cioè falsamente per promuovere comunque.
La promozione e la bocciatura sono scelte complessive, in questo senso veramente politiche, che richiedono una valutazione ampia del presente e del futuro dell’alunno.
Il 6 politico è invece una forzatura ed una falsificazione della realtà cognitiva.
Pertanto sarebbe logico proporre una regola per cui la bocciatura possa avvenire al massimo una volta sola nella scuola di base ( elementare e media) ed una volta sola anche nelle superiori. Naturalmente in pagella dovrebbe risultare IL VOTO VERO relativamente alla competenza.
E qui, sul voto vero si muove ormai da anni con grande fatica ma anche con merito INVALSI. Separando la promozione annuale dalla competenza aumenterebbe la libertà e la responsabilità dei docenti eassieme alla responsabilità dei genitori e degli alunni, cose oggi in forte difficoltà.
A me questa opzione sembra facile, ma tradurre l’impressionismo in norme concrete è un’operazione troppo difficile e rischiosa per l’esercito degli ineffabili commentatori di cui l’Italia è piena.
L’articolista passa poi all’esame dei cattivi risultati scolastici al sud, certificati dall’OCSE oltre che da INVALSI. E la diagnosi quale è? La solita tiritera sulla mancanza al sud del TEMPO PIENO che ancora una volta sostiene alla rovescia una grave anomalia per ora attiva sopratutto al nord.
Infatti due periodi dopo lo stesso Stella esalta la grande novità della scuola di Newcastle dove l’inizio delle lezioni è stato spostato dalle 8 alle 10 del mattino, ottenendo un aumento del 30% dei risultati scolastici. Schizofrenia? Un poco si. Da noi il tempopienismo impazza ancora nella mente dei commentatori, anche quelli impressionistici, che però sanno bene come questo sia un tabù sindacale tipicamente italico, un tabù temibilissimo da non stuzzicare.
“Schizzantemente” Stella cita anche la Finlandia come modello educativo senza dire che lì le ore annue di lezione sono 700 per dodici anni, contro le nostre 1000 per 13, e che i compiti a casa obbligatori sono stati aboliti.
Conosco di persona nostre scuole medie che fanno lezione per 5 giorni dalle 8 alle 13,45. E, colmo dei colmi, il recupero mirato sugli alunni carenti inizia alle ore 14!
Il canto impressionistico termina con una melodia che sentiamo da 50 anni e cioè che “lo studente deve stare al centro” e non maestri, professori, presidi o bidelli.
E questo canto sovrasta con la sua incontestabile bellezza e verità i silenzi ed i lamenti ormai sfiniti che provengono dalle aule e dai corridoi della nostra scuola.