di ROBERTO PISANI – Italia: un paese di democristiani. Sembra passato un secolo dalla caduta della Prima Repubblica, vista la velocità con cui cambia la politica. Prima di tangentopoli l’Italia era governata da un pentapartito composto da DC, PSI, PSDI, PRI E PLI. Sigle pressochè sconosciute ai giovani rampolli politici, ma conosciutissime a chi ha qualche anno di battaglie in più sulle spalle e qualche capello in meno. Eppure questi partiti hanno fatto il bello e il cattivo tempo, politicamente ed amministrativamente parlando, con l’intento di fermare l’avanzata di quello che era, allora, il partito del popolo, dei lavoratori, ossia il PCI, che rappresentava il rischio di interferenze sovietiche nello stato che ospita il Vaticano. Non si poteva fare.
Poi scoppia lo scandalo tangentopoli dove rimangono invischiati praticamente tutti i partiti, Lega compresa.
E allora bisogna correre ai ripari, salvaguardare gli interessi, rifarsi una verginità, cercare degli agnelli da sacrificare. Si deve dare una parvenza di cambiamento. Si cambia qualche faccia, qualche nome.
E ci si inventa il bipolarismo. Ma come? In una nazione dai mille partitini? E i democristiani che costituivano, stando ai voti, la maggioranza degli elettori? Che fine sono destinati a fare, in uno stato dove, nei paesi, i parroci contano più dei sindaci?
Il bipolarismo? Destra contro sinistra? Suona come una bestemmia in chiesa in uno stato centrista e cattolico come l’Italia. E allora si fa una variante tutta italiana: il centrodestra contro il centrosinistra. E allora i democristiani? Semplice: un po’ di qua e un po’ di la, così chiunque vinca loro ci sono sempre. Ed è molto più facile il salto della quaglia tra uno schieramento e l’altro.
E cosa comporta questa nuova condizione politica? Che i piccoli partiti o si schierano da una o dall’altra oppure sono destinati a sparire, aiutati in questo da una legge elettorale maggioritaria o falsa proporzionale con l’aggiunta della spada di Damocle della soglia di sbarramento. Tutto questo per dare governabilità, ci dicono. Peccato che la storia ha dimostrato l’esatto contrario: i governi della cosiddetta seconda repubblica sono durati meno di quelli della prima.
E sotto questa mannaia rimangono partiti storici che hanno fatto battaglie sociali importantissime quali i Verdi e i Radicali, per esempio, esclusi dal Parlamento o cannibalizzati dal loro schieramento. E la Lega? Sceglie il centrodestra, venendo meno al proprio credo che era: né di destra né di sinistra, ma sindacato del Nord. Ci prova in qualche modo Bossi a rimanere neutrale ma in un paese di democristiani non è poi così facile.
A conclusione di questa mia analisi, che è fatta da un osservatore della politica e non certo da un sociologo, si può dire che tutto questo ha portato non solo a centralizzare ancor di più il potere come è sempre stato nel credo democristiano, ma ha bloccato il percorso indipendentista del nord che cominciava a muovere i primi passi partendo proprio, guarda caso, da quel nord-est culla democristiana, i cui abitanti si sono per primi sentiti traditi dal loro partito e, per contrappeso, si sono ribellati a quel centralismo che il nuovo corso politico post tangentopoli ha accentuato in modo esponenziale.
In questa mia conclusione ho volutamente commesso un errore: ho scritto “ha bloccato”.
Beh non l’ha bloccato ma solo rallentato.