di RICCARDO POZZI – Che cosa c’entra la solidarietà con la giustizia fiscale? Sono forse complementari o antitetiche, sono magari dimensionalmente adatte a misurare la nostra democrazia?
In questi giorni tutti i rappresentanti eletti nelle circoscrizioni del centro-sud, a qualunque colorazione o schieramento appartengano, si sono scagliati tutti contro l’autonomia differenziata chiesta da Lombardia, Veneto ed Emilia.
E tutte le argomentazioni portano sempre allo stesso scenario politico: la secessione di fatto delle tre regioni.
Eppure la clamorosa frattura tra nord e sud Italia, che esiste già e che tutta Europa ha imparato a conoscere, si è prodotta con questo centralismo solidaristico.
E’ stata questa solidarietà a produrre regioni con il triplo di invalidi, che ha decuplicato i forestali, che fa pagare il materiale sanitario quattro volte la media nazionale, che distribuisce 110 e lode e maturità col massimo dei voti e poi esibisce pessime figure sull’INVALSI (naturalmente iniquo e contro il sud), che ha generato acquedotti che perdono più acqua di quella che portano e discariche di indifferenziato visibili dal satellite.
E’ questo solidarismo finto, ipocrita e cialtrone a chiamare i residui fiscali “sovragettito” come il capo dei cinquestelle, è questa solidarietà interregionale a rendere i vergognosi costi storici della sanità del sud come intoccabili, mentre la gente è costretta a spostarsi al nord per curarsi un cancro o operarsi al cuore.
E così mentre nelle tre regioni che trainano l’intera penisola si sbriciolano i ponti e le infrastrutture mostrano tutta la loro obsolescenza, il sistema perequativo interregionale, impropriamente aggettivato come solidaristico, continua a reclamare il suo bottino sul “sacco del nord”, per poter continuare a finanziare l’ormai storico votoscambismo che, localmente, se ne frega delle sigle e del loghi di partito e sa esattamente dove deve andare, alla faccia di ipocrisie contabili come “spreco” e “inefficienza”.
“Rischiamo di spaccare la nazione”, tuonano con esemplare viltà politica esponenti che fino a ieri indicavano nella spesa regionale fuori controllo il vero male del paese.
Se i produttori dei consistenti residui fiscali annualmente rapinati dallo stato fossero Campania, Sicilia, Puglia e Calabria vedremmo una linea di carri armati subito dopo il Grande Raccordo Anulare diramazione sud, e guai a chi osasse avvicinarsi alle preziose risorse prodotte dal sud e che al sud appartengono.
Ma siccome i 100 miliardi l’anno, che servono a pagare posti di lavoro, inutili economicamente ma fondamentali elettoralmente, vengono prodotti in queste regioni che hanno le spalle di un lottatore e le palle di un canarino, ecco che Roma tuona a chi osa appropriarsene. Quei soldi servono a loro.
Ma ciò che lascia di stucco è che, nelle polentoniche regioni rapinate, i rappresentanti eletti delle circoscrizioni di ogni variegato colore politico non sono mai d’accordo tra loro e, anzi, convengono spesso sulla necessità di non mettere a repentaglio l’unità nazionale con avventatezze amministrative che potrebbero essere pericolose.
Questa, e niente altro, è la vera differenza tra nord e sud d’Italia.
Il resto è sapiente intrattenimento.